Il Settimanale 2022 1 – La situazione dei diritti LGBTQ+ è da sempre importante in molti contesti sociali e la guerra in Ucraina sembra avere avuto dei contraccolpi negativi. Abbiamo intervistato Eleonora Ferri, 33 anni, fotografa di matrimoni e presidente di Arcigay Stonewall Frosinone, per capire meglio la reazione delle comunità Lgbtq+ in Italia sulla questione delle donne trans bloccate al confine ucraino.
Donne in fuga dalla guerra, ma bloccate al confine dalla polizia di frontiera, perché ritenute uomini, nonostante l’esibizione di un certificato valido che attesta il cambiamento di sesso. In questa difficile situazione, i Paesi europei e le associazioni possono affermare con certezza che, grazie anche al loro supporto, è stato creato un meccanismo che consente alle persone trans di superare il confine. Si tratta di una precisa procedura perché la documentazione sia valida per l’espatrio. I risultati sono concreti concreti: vediamo come sono stati ottenuti.
D – In che modo la realtà LGBT+ italiana si sta mobilitando in soccorso di quella Ucraina
Arcigay, una delle associazioni LGBT+ più grandi in Europa, ha deciso di sostenere una raccolta fondi con All Out, movimento globale per l’amore e per l’uguaglianza, mobilitandosi in aiuto della comunità LGBT+ Ucraina. Questo è stato uno dei temi di discussione durante l’ultimo consiglio nazionale, tenutosi a Roma presso la sede del Gay Center il 26 e 27 marzo. Come ulteriore sostegno, sempre a Roma, troviamo il Refuge, casa famiglia presente attivamente sul territorio dal 2016, che ha già accolto ragazzi LGBT provenienti dall’Ucraina.
D – In questo scenario di guerra, che ruolo occupa la discriminazione verso la comunità LGBT+, in particolare verso le persone trans?
La guerra ha colpito tutti indistintamente, al di là dell’orientamento sessuale. Indubbiamente, vista l’omofobia della controparte russa, c’è un rischio effettivo di un accanimento verso la comunità LGBT. In particolar modo conosciamo la condizione che le persone transessuali stanno vivendo: a causa dell’incongruenza di genere e quindi dei loro documenti non rettificati, non riescono a superare il confine senza subire violenza; oltretutto queste persone vengono anche chiamate alle armi.
D – Può una comunicazione corretta informare adeguatamente rispetto alle cosiddette “guerre nella guerra”, come appunto la questione delle persone trans bloccate al confine?
L’informazione è fondamentale e deve essere trasversale, soprattutto in un contesto difficile come quello della guerra. Le cosiddette “guerre nella guerra” non possono restare invisibili. La condizione delle persone transessuali ne è un esempio. Senza dimenticare che anche in Russia, come in Ucraina, le soggettività trans vivono una condizione di rischio, sia per l’incongruenza di genere, con relative probabili violenze, sia per la chiamata alle armi. Non ci resta quindi che osservare e reagire con supporto, al fine di evitare un qualsiasi scontro interno che possa ledere ulteriormente queste società.
di Francesca Barone, Mariele D’Alessandris, Beatrice D’Uffizi, Claudia Raboni