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Ucraina: punto, prima la battaglia del Donbass, poi i negoziati

Scritto per Las Voce e il Tempo uscito il 14/04/2022 in data 17/04/2022 e, in altra versione, per il Corriere di Saluzzo del 14/04/2022 e per il blog di Media Duemila del 14/04/20922 https://www.media2000.it/ucraina-ancora-la-guerra-prima-dei-negoziati-e-noi-applaudiamo/

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La pace in Ucraina arriverà dopo un sussulto di guerra: sanguinoso, letale, brutale. I protagonisti del conflitto s’apprestano alla battaglia del Donbass: i russi per conquistarlo, gli ucraini per difenderlo, entrambi per riprendere a negoziare da posizioni di forza. L’Occidente, gli Usa, la Nato, l’Ue, noi comprimari del conflitto – e pure la Cina e altri – non facciamo nulla per cambiare il corso delle cose; anzi, lo incoraggiamo e quasi lo applaudiamo.

La diplomazia s’è praticamente fermata a Istanbul il 29 marzo, quando pareva sul punto di produrre una tregua; s’è resa succube della ‘real politik’ di quanti considerano, cinicamente e – a mio avviso -criminalmente, l’invasione un’occasione per fiaccare il presidente russo Vladimir Putin e forse innescare un ‘cambio di regime’ a Mosca. La battuta a Varsavia del presidente Usa Joe Biden, “Putin non può restare al potere”, era un errore, perché non era previsto che la dicesse, ma aveva un fondo di verità.

Le ultime mosse della Casa Bianca lo confermano: Biden alza di un grado la retorica anti-Putin e definisce la guerra in Ucraina “un genocidio”, come gli chiede di fare da Kiev il presidente ucraino Volodymyr Zelensky; e il Pentagono fa sapere di volere “teatralmente allargare” la gamma di armi fornita all’Ucraina, elicotteri equipaggiati in modo da poter attaccare veicoli russi, blindati Humvee e molti altri sistemi ed equipaggiamenti.

Mentre si apre l’ottava settimana di guerra aperta, l’offensiva russa si sviluppa lungo due fronti: sul terreno, c’è l’occupazione della regione di Donetsk, che passa attraverso la presa di Mariupol e poi di Popasna e l’avanzata in direzione di Kurakhove; al tavolo dei negoziati, c’è, invece, una sorta d’arroccamento.

Tutta colpa di Kiev e dell’Occidente, dice Mosca: l’Ucraina non ha rispettato i patti di fine marzo; e l’Occidente la usa come strumento per raggiungere i propri obiettivi, “a prescindere dagli interessi del popolo ucraino”. Per il Cremlino, “gli ucraini hanno spinto le trattative in un vicolo cieco … e ora le operazioni militari andrà avanti finché non ci saranno condizioni di negoziato accettabili”.

La guerra divide anche i cristiani; Papa Francesco implora la pace, una tregua; il patriarca Kirill predica il conflitto. Nella settimana santa, l’elemosiniere di Francesco, cardinale Konrad Krajewski, arriva a Kiev con un’ambulanza in dono. Ma la decisione vaticana di fare portare la croce insieme da una famiglia russa e da una ucraina nella via crucis del Venerdì Santo al Colosseo, irrita l’Ucraina e appare “inopportuna” alla Chiesa greco-cattolica ucraina.

Le mosse sul terreno e le previsioni dell’intelligence
Lo stato maggiore delle forze armate di Kiev pubblica su Facebook i piani di guerra russi, ammesso che siano veri. E l’intelligence britannica prevede che l’attacco russo nel Sud-est toccherà l’apice fra due/tre settimane, mentre la Cnn segnala colonne di blindati avanzare nel Donbass. Mariupol è l’epicentro degli scontri ed è ancora contesa, a giudizio del Pentagono, nonostante i russi affermino d’averne preso il porto.

Lì, un tank russo ha distrutto la sede locale della Caritas (diversi i morti); e lì e pure a Zaporizhzhia i russi avrebbero usato “munizioni al fosforo” e diffuso con droni sostanze chimiche, causando malesseri fra i militari ucraini. Sono informazioni frammentarie e non confermate: le armi chimiche sono una linea rossa da non varcare, specialisti Usa e britannici fanno accertamenti, il Pentagono esprime preoccupazione;

Kiev denuncia il ritrovamento, nelle aree liberate, di fosse comuni e continua a registrare e indagare i crimini di guerra attribuiti ai russi. Parlando al Parlamento lituano, Zelensky elenca gli orrori: “Migliaia di vittime, centinaia di casi di stupori e di brutali torture, cadaveri in tombini e scantinati, corpi legati e mutilati, centinaia di orfani”. Dopo il registro dei crimini di guerra, un archivio online dove foto e testimonianze di civili documentano già circa 5.000 episodi, è stato pure creato un albo dei traditori: i nomi sono un centinaio; ed è stato arrestato un oligarca russo-ucraino ritenuto vicino a Putin, Viktor Medvedchuk, buono per uno scambio di prigionieri.

E, in collegamento con il Parlamento sud-coreano, Zelensky dice che decine di migliaia di persone sono morte a Mariupol, da cui 33 mila abitanti sarebbero stati deportati in Russia o in territori sotto il controllo dei russi: “Ci sono retate di civili brutali, con l’aiuto di collaborazionisti”, denunciano le autorità di Kiev.

Solo a Bucha sono stati finora trovati 403 corpi di civili uccisi durante l’occupazione, ma il numero crescerà – sostiene il sindaco Anatoliy Fedoruk -: è troppo presto perché i residenti fuggiti tornino nelle loro case. Borodyanka, la città più distrutta dopo Mariupol, potrebbe scomparire. Ci vorranno dieci anni – si stima – per ricostruire il porto sul Mar d’Azov, che i russi ritengono un ‘mare loro’.

Emergono ogni giorno nuovi racconti di altri orrori. Abitanti di Yagdyne, un villaggio quasi del tutto distrutto, vicino a Lukashivka e a Chernihiv, a nord di Kiev, riferiscono di essere rimasti in 380 per oltre un mese nel rifugio di una scuola: 11 persone sono morte di infarto o stremate, otto sono state uccise. “I soldati russi, tenendoci il fucile puntato, ci hanno permesso di seppellirle. Erano loro a darci il cibo dalle loro scatolette, mentre nelle nostre case facevano razzia”.

L’Onu calcola che sono almeno 1.842 le vittime civili dall’inizio dell’invasione russa dell’Ucraina, tra cui 148 bambini; i feriti sono almeno 2.493, di cui 233 minori. Le cifre, sottolineano le fonti, sono sottostimate, viste le difficoltà negli accertamenti sul terreno.

Gli ucraini contrastano lo spiegamento dei russi nel Donbass, fanno l’elenco dei successi. Ma i russi non “abbandonano i piani per impadronirsi completamente delle regioni di Donetsk e Lugansk” e “continuano a utilizzare la tattica di collocare attrezzature e personale direttamente nelle abitazioni, nelle imprese agricole, nelle infrastrutture energetiche e sociali…”.

Sono state rafforzate le misure di sicurezza ai confini tra Ucraina e Bielorussia e tra Ucraina e Moldavia, nell’area della Transnistria “per prevenire un’escalation in quelle zone”: si temono, cioè, infiltrazioni di forze alleate degli invasori russi.

Le autorità di frontiera ucraina confermano che è in atto un contro-esodo: c’è più gente che torna che gente che parte. Su circa cinque milioni di profughi, mercoledì mattina 13 aprile oltre 870 mila erano già tornati alle loro case, uno su cinque, profittando del ritiro dei russi dal nord.

Russia e Ue ai ferri corti, Lavrov e Borrell allao scontro
E’ in atto un affondo russo contro l’Unione europea. Il ministro degli Esteri russo Serguiei Lavrov afferma che le dichiarazioni del suo omologo europeo Josep Borrell “cambiano significativamente le regole del gioco”, senza elaborare su che cosa ciò significhi. Sabato scorso, Borrell, di ritorno dalla visita a Bucha e a Kiev, si era augurato che l’Ucraina vinca il conflitto sul campo e aveva pure annunciato nuovi invii di armi europee a Kiev. Parole per Lavrov “aggressive e senza precedenti”.

Il capo della diplomazia russa accusa l’Unione d’usare l’Ucraina come “testa di ponte per sopprimere la Russia”. Ma, nel contempo, non esclude una ripresa delle trattative: “Non vedo perché non continuare i negoziati con l’Ucraina, siamo persone pazienti e insistenti”, ma un cessate-il-fuoco non è ipotizzabile senza un accordo.

All’inizio della settimana, l’incontro a Mosca tra Putin e il cancelliere austriaco Karl Nehammer “non è stato amichevole”, secondo quanto riferiscono fonti di Vienna, che lo definiscono “molto duro e franco”. Nehammer, primo leader d’un Paese Ue a recarsi a Mosca dall’inizio dell’invasione, ha detto a Putin che “la guerra deve cessare, perché in guerra ci sono solo sconfitti da ambo le parti” e che “le sanzioni europee resteranno e saranno se del caso inasprite”. Il cancelliere ha pure parlato “con parole chiare” dei crimini di guerra commessi a Bucha e altrove, insistendo “sulla necessità d’un’inchiesta internazionale”; e ha avuto l’impressione, non sorprendente, che Putin non si fidi dell’Occidente.

In parallelo, Zelensky va di nuovo in pressing sull’Europa: senza uno stop al gas russo, non si potrà costringere alla pace Putin. “Occorre – dice – garantire che la risposta dell’Europa all’aggressione sia veramente forte e veramente solida … Devono essere fissate scadenze specifiche per ogni Stato Ue perché efficacemente o almeno limiti in modo significativo il consumo di gas e petrolio” russi. Ma gli esiti della riunione dei ministri degli Esteri dei 27 a Lussemburgo è, da questo punto di vista, deludente.

A confermare la fase particolarmente difficile dei rapporti nel triangolo Bruxelles – Kiev – Mosca, Zelensky blocca una visita in Ucraina del presidente tedesco Frank Walter Steinmeier, pare a causa degli stretti contatti, in passato, tra Steinmeier e Putin (ma, in realtà, Kiev non gradisce le riluttanze di Berlino a frenare l’import di energia dalla Russia).

La Nato prepara la lunga guerra
Intervistato dal Telegraph, il segretario generale dell’Alleanza atlantica Jens Stoltenberg rivela che la Nato sta elaborando piani per schierare una presenza militare permanente sui propri confini ed essere pronta a contrastare una futura aggressione russa. “Siamo di fronte a una nuova realtà – dice Stoltenberg -, una nuova normalità della sicurezza europea”, che può innescare “una lunga guerra” (non necessariamente guerreggiata, eventualmente ‘fredda’) . Affermazioni complementari a quanto Zelensky va da tempo ripetendo: “L’intera Europa è un obiettivo per la Russia”.

Kiev continua a ricevere armamenti o soldi per comprarne e sospende l’import di tutte le merci russe. Gli Stati Uniti formulano piani per rifornire l’esercito ucraino e Jake Sullivan, il consigliere per la Sicurezza nazionale, attribuisce a Putin la responsabilità dei crimini di guerra commessi, “l’ordine di brutalizzare i civili è suo”.

Il ‘ministro degli Esteri’ Ue Borrell, che da quando è stato a Bucha usa un linguaggio bellicoso, dice:  “Torno da Kiev con una lista di armi di cui gli ucraini hanno bisogno. E noi gliele forniremo … Mosca sta concentrando tutta la sua capacità militare sul Donbass, dove probabilmente vuole avere una vittoria per il 9 maggio, a fini di propaganda”.  Quanto alle armi, sarà il Comitato militare dell’Ue a valutare come ‘fare coincidere la domanda degli ucraini con la capacità di fornitura’.

In un’intervista alla Ap, Zelensky riconosce che “è importante mettere fine a questa guerra” e si dice aperto a una soluzione negoziale, anche se “nessuno vuole trattare con chi tortura la nostra gente”. E aggiunge: “Non vogliamo perdere le opportunità, se ci sono, di una soluzione diplomatica”, ma “non saremo soddisfatti di una pace qualunque e a qualunque condizione”.

Parole, quelle russe e ucraine, che contrastano con i fatti. Sergiy Gaidai, il governatore del Lugansk, la provincia più orientale, dice: “Ci sarà presto un’offensiva, una grande battaglia” perché “vediamo un accumulo di forze e mezzi, un’enorme quantità di attrezzature”. A Kherson i russi preparano l’ennesimo referendum per creare una Repubblica popolare, sul modello di quelle di Donetsk e Lugansk e dell’annessione della Crimea nel 2014.

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Giampiero Gramaglia, nato a Saluzzo (Cn) nel 1950, è un noto giornalista italiano. Svolge questa professione dal 1972, ha lavorato all'ANSA per ben trent'anni e attualmente continua a scrivere articoli per diverse testate giornalistiche. Puoi rimanere connesso con Giampiero Gramaglia su Twitter

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