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Ucraina: Mosca e Kiev fanno prove di pace, Biden è scettico

Scritto per Il Fatto Quotidiano del 30/03/2022

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Un passo verso la pace ieri a Istanbul, dove le delegazioni russa e ucraina hanno ripreso a negoziare sotto i buoni auspici del presidente turco Recep Tayyip Erdogan. Mosca dice d’aver avuto da Kiev proposte scritte che garantiscono la neutralità e la denuclearizzazione dell’Ucraina e non esclude l’ipotesi di un trattato di pace, anche se annacqua nella prudenza l’ottimismo delle prime notizie.

Gli ucraini ammettono che non entreranno nella Nato, ma vogliono garanzie di sicurezza modellate sull’articolo 5 del Trattato atlantico. E dicono che entreranno nell’Ue: i russi non obiettano, ma pretendono l’impegno a non ospitare basi straniere. Il ministro degli Esteri turco Mevlut Cavusoglu parla “dei più significativi progressi finora fatti” nelle trattative, che proseguono con un calendario ancora imprecisato.

Secondo il capo negoziatore ucraino Mikhailo Podolyak, lo statuto della Crimea e del Donbass sarà oggetto di trattative ad hoc, per la cui conclusione ci sarà tempo 15 anni. I Paesi garanti dell’intesa russo-ucraina, fra cui l’Italia, dovranno provvedere, nella visione di Kiev, “armi e cieli chiusi”, cioè la famosa ‘no-fly zone’.

Tutto ciò è condizionato, nell’immediato a un cessate il fuoco effettivo; e, una volta perfezionato e sigillato, sarà sottoposto a referendum popolare e avallato dal voto dei Parlamenti dei Paesi garanti.

Sul fronte militare, l’andamento delle operazioni sembra essere parallelo a quello dei negoziati: Mosca annuncia che intende ridurre “drasticamente” gli attacchi su Kiev e su altre località ucraine, “per rafforzare la reciproca fiducia e creare le condizioni necessarie a ulteriori trattative”.

Accolti quasi con entusiasmo dalle Borse, gli sviluppi a Istanbul innescano una cascata di reazioni: c’è una telefonata di quasi un’ora tra il presidente Usa Joe Biden, che pensa di aumentare gli aiuti all’Ucraina, e i leader europei, che considerano ora prioritaria l’apertura di corridoi umanitari, specie a Mariupol; e, poi, una telefonata di un’ora fra i presidenti francese Emmanuel Macron e russo Vladimir Putin, che insiste perché “i nazionalisti depongano le armi a Mariupol” – rendendo di fatto impossibili i corridoi -.

Dichiarazioni russe smorzano, ma non cancellano, l’ottimismo delle prime notizie: si parte – dicono al Ministero degli Esteri di Mosca – “dal riconoscimento delle attuali realtà territoriali”, facendo implicito riferimento alla Crimea e al Donbass e al loro essere di fatto russi in questo momento. Inoltre, la ‘de-escalation’ delle operazioni militari russe sui fronti di Kiev e Chernihiv “non significa un cessate il fuoco”, avverte il capo negoziatore russo Vladimir Medinsky, che, citato dalla Tass, prospetta “un lungo cammino” per arrivare a un accordo di pace accettabile per entrambe le parti: “Noi abbiamo fatto passi da gigante verso la pace, ci aspettiamo progressi reciproci da parte loro”.

Prudenti al limite della diffidenza, almeno a caldo, gli Usa. Il segretario di Stato Antony Blinken afferma di non vedere segnali di “reale serietà” da parte russa: “Un conto è quel che Mosca dice e un conto quel che fa. Siamo concentrati su quest’ultimo”. Lo stesso dice Biden: “Aspettiamo i fatti”. La Gran Bretagna è scettica. L’Ue tratta le informazioni da Istanbul “con una certa cautela”, anche perché la prospettiva d’un ingresso dell’Ucraina nell’Unione rischia di affossare le prospettive di approfondimento dell’integrazione: “La priorità – dice una fonte Ue che chiede di non essere citata – è arrivare a un cessate il fuoco duraturo sul campo, rispettato dalla Russia. Poi si vedrà se tutte le richieste hanno senso dal punto di vista politico”.

Le tensioni dell’Occidente con la Russia restano elevate: Olanda ha ieri espulso 17 cittadini russi con l’accusa di spionaggio.

Il Consiglio atlantico è stato convocato a Bruxelles il 6 e 7 aprile, a livello di ministri degli Esteri, per discutere gli sviluppi della guerra in Ucraina, presenti i 30 Paesi alleati, più Svezia e Finlandia e numerosi altri Paesi occidentali in senso lato – l’invito è stato esteso anche all’Ucraina -. L’incontro sarà presieduto dal segretario generale della Nato Jens Stoltenberg, il cui mandato è stato rinnovato fino al 30 settembre 2023, congelando le consultazioni sulla ricerca d’un successore.

Gli analisti militari statunitensi danno più perso, invece, al ritiro di forze russe da Kiev e dintorni, che segnerebbe un cambio di strategia. Mentre Washington studia come “paralizzare” la macchina da guerra russa, il ministro della Difesa Serguiei Shoigu offre una spiegazione diversa: “Abbiamo nel complesso raggiunto i principali obiettivi della prima fase della nostra operazione. Il potenziale di combattimento delle forze armate ucraine è stato notevolmente ridotto e possiamo così concentrare l’attenzione e gli sforzi sul raggiungimento dell’obiettivo primario, cioè la liberazione del Donbass”.

La Casa Bianca deve intanto gestire l’ennesimo strascico polemico della missione europea di Biden, che avrebbe lasciato intendere che gli Usa addestrano truppe ucraine in Polonia, circostanza finora sempre smentita. Sollecitata da Politico, una fonte ufficiale ha fornito questa spiegazione: “Ci sono soldati ucraini in Polonia che interagiscono su base regolare con militari Usa. Il presidente faceva riferimento a ciò”. Il 22 marzo, il consigliere per la Sicurezza nazionale Jake Sullivan aveva negato che gli americani stessero “attualmente” addestrando gli ucraini.

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Giampiero Gramaglia, nato a Saluzzo (Cn) nel 1950, è un noto giornalista italiano. Svolge questa professione dal 1972, ha lavorato all'ANSA per ben trent'anni e attualmente continua a scrivere articoli per diverse testate giornalistiche. Puoi rimanere connesso con Giampiero Gramaglia su Twitter

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