C’è una bozza di piano di pace per l’Ucraina in 15 punti: prevede la rinuncia all’ingresso nella Nato e l’impegno a non ospitare basi o sistemi d’arma stranieri sul proprio territorio, godendo della tutela di Stati Uniti, Gran Bretagna e Nato. Il tavolo di trattativa virtuale fra Mosca e Kiev resta aperto e pare produrre risultati, anche se i margini di successo dei negoziati sono stretti.
Anticipato dal Financial Times, il piano soddisfa certe richieste russe, ma segna la rinuncia ad altre. Il ministro degli Esteri di Mosca Serguiei Lavrov aveva già ipotizzato un compromesso centrato sulla neutralizzazione dell’Ucraina, stile Austria o Svezia, senza più citarne la ‘de-nazificazione’, cioè un cambio di regime.
Dopo Israele con Gerusalemme, la Turchia candida Ankara ad ospitare un Vertice fra i presidenti russo Vladimir Putin e ucraino Volodymyr Zelensky: lo dice, a Mosca, il ministro degli Esteri turco Mevlut Cavusoglu, che oggi sarà a Kiev. Le borse europee danno credito al Financial Times: non è chiaro se sappiano qualcosa in merito o semplicemente ci sperino. Dal colloquio fra Papa Francesco e il patriarca Kirill, due figure religiose non proprio allineate in questa crisi, scaturisce la “speranza del raggiungimento al più presto di una pace giusta”. Kirill poi chiama l’arcivescovo di Canterbury.
Il presidente Zelensky rafforza la legittimazione di un suo ruolo nell’Ucraina ‘post-invasione’ parlando al Congresso Usa in sessione plenaria, dopo essersi già rivolto ai Comuni di Londra. Pare ormai caduta la pregiudiziale russa di non avere come interlocutore l’attore divenuto presidente ed ora simbolo della resistenza ucraina.
Con l’immagine proiettata su un maxi-schermo allestito nell’auditorium sotto il Congresso, Zelensky sollecita aiuti mostrando immagini sconvolgenti di civili uccisi ed evoca Pearl Harbor e l’11 Settembre – “Viviamo da 21 giorni un 11 Settembre tutti i giorni” -; si rivolge a Joe Biden – “Essere il leader del mondo vuol dire essere il leader della pace”; chiede una ‘no-fly zone’ sopra l’Ucraina e maggiori sanzioni alla Russia – “I russi hanno trasformato i cieli ucraini in una fabbrica di morte” -.
L’appello alla ‘no-fly zone’ non viene raccolto dall’Amministrazione Usa, che l’ha già respinto più volte, come la Nato. Il governo tedesco ha ieri escluso il coinvolgimento degli eserciti occidentali: “Nessun militare e nessun elemento del personale della Nato dovrà entrare in Ucraina. Su questo, abbiamo una chiara linea rossa”.
Poco dopo il discorso di Zelensky, il presidente Joe Biden annuncia nuovi aiuti militari all’Ucraina tra gli 800 milioni e il miliardo di dollari; martedì’ aveva già firmato un bilancio che includeva 13,6 miliardi di dollari per l’Ucraina. I nuovi aiuti militari includono sistemi aerei a lungo raggio e droni: Biden promette “Ce ne saranno altri”, ma avverte che la battaglia sarà “lunga e difficile” e definisce Putin “un criminale di guerra”.
S’innesca un botta e risposta nel triangolo Kiev-Washington-Mosca. Dal Cremlino, Putin fa sapere che le operazioni militari “procedono con successo”, ripete che “l’obiettivo non è occupare l’Ucraina”, dice che contro i russi l’Occidente pratica dei “pogrom”, intima agli Usa di “bloccare la fornitura di armi” all’Ucraina e qualifica di “inaccettabili” le parole di Biden.
S’inserisce nel ping-pong il segretario generale della Nato Jens Stoltenberg: “Continuare a fornire un supporto significativo” all’Ucraina, “inclusi rifornimenti militari e aiuti finanziari e umanitari”. E gli Usa mettono di nuovo in guardia Mosca dal ricorso alle armi chimiche: c’è il timore che i militari russi, frustrati perché l’invasione non avanza così rapidamente come previsto, ricorrano ad armi di distruzione di massa.
La giornata che chiude la terza settimana dall’inizio dell’invasione russa dell’Ucraina è dominata dalla diplomazia, mentre dal terreno giungono consuete notizie di bombardamenti e combattimenti, militari caduti e civili uccisi. Le forze russe non avanzano in modo significativo, ma martellano Kiev, dove termina oggi un coprifuoco di 36 ore, e Kharkiv; dieci persone in coda per il pane vengono uccise a Chernihiv, al confine con la Bielorussia. Navi russe bombardano dal Mar Nero coste vicino a Odessa. Mariupol viene attaccata anche dal Mar d’Azov: nel centro, i russi centrano un teatro convertito in rifugio, doveva cercavano riparo centinaia di civili; 500 persone sarebbero tenute in ostaggio in un ospedale e le torri della radio e delle tlc sono state colpite – Mosca smentisce queste notizie di fonte ucraina -.
Le forze ucraine rivendicano l’uccisione di un quarto generale russo nei pressi di Mariupol e denunciato il rapimento, da parte degli occupanti, del sindaco del porto di Skadovsk e del suo vice, poi rilasciati.
Ieri, la Corte di Giustizia internazionale dell’Aja ha ordinato alla Russia di sospendere l’invasione dell’Ucraina, con una sentenza destinata a rimanere largamente simbolica. Kiev ha portato Mosca davanti alla Corte, contestando la tesi russa che le operazioni militari mirano a fermare il genocidio delle popolazioni separatiste filo-russe del Donbass.
Il provvedimento d’urgenza non pregiudica il verdetto finale, che potrebbe arrivare fra anni e che, comunque, non avrà impatto, perché la Russia ha potere di veto nel Consiglio di Sicurezza dell’Onu. Incontrando il procuratore della Corte Karim Khan, Zelensky gli ha chiesto di riconoscere la Russia come “Stato terrorista”.