Tra Russia e Ucraina, c’è aria di negoziati, a giudicare dai dispacci che giungono da Turchia e Israele, Paesi i cui leader si sono autocandidati alla mediazione fra Mosca e Kiev. Ma quel che accade sul terreno non corrobora i barlumi di ottimismo: raid, bombardamenti, vittime, profughi, devastazioni, sofferenze.
Il ministro degli Esteri turco Mevlut Cavusoglu, citato dalla Tass, dice che “le posizioni si sono avvicinate” e che “serie conversazioni” fra le due parti vanno avanti, in attesa che, forse già oggi, riprendano le trattative sui ‘cessate-il-fuoco’ locali finalizzate all’apertura di corridoi umanitari. E’ il Cremlino, in serata a confermare il quarto round di negoziati diretti, ancora una volta virtuali.
Cavusoglu parla dal forum di Antalya dove giovedì si erano incontrati, senza fare progressi, i capi delle diplomazie russa e ucraina Serguiei Lavrov e Dmytro Kuleba.
E il sindaco di Gerusalemme Moshé Lion twitta “Benvenuti! Siamo pronti”, chiosando la richiesta, che il presidente ucraino Volodymyr Zelensky avrebbe fatto al premier israeliano Naftali Bennett, di ospitare proprio a Gerusalemme il tavolo negoziale con il presidente russo Vladimir Putin. Turchia e Israele sono citati come possibili mediatori dal negoziatore ucraino Mykhailo Podolyak.
Si muovono anche le diplomazie di Usa e Cina: oggi, il consigliere per la Sicurezza Nazionale Usa Jake Sullivan incontrerà il capo della diplomazia del Partito comunista cinese Yang Jiechi a Roma. Per la Casa Bianca, che l’annuncia, il colloquio verterà sulla guerra tra Russia e Ucraina e sull’atteggiamento di Pechino, che non avalla l’invasione ma è sensibile ai timori di sicurezza russi. Sullivan, ieri, ha messo in guardia Pechino: ogni mossa per offrire un’àncora di salvezza alla Russia o aiutarla a evadere le sanzioni occidentali avrà conseguenze.
Se il fronte negoziale è in fermento, le cronache del conflitto sono sanguinose, ma non si ha notizia di movimenti di truppe significativi. All’alba di ieri, missili russi hanno colpito una base militare d’addestramento ucraina a Javoriv, a metà strada fra Leopoli e il confine con la Polonia, da cui dista 25 km, uccidendo almeno 35 persone e ferendone decine e – scrivono all’unisono Washington Post e New York Times – “portando la guerra più vicina alla soglia della Nato” e a quella frontiera polacca dove gli Stati Uniti hanno inviato migliaia di soldati a consolidare le linee di difesa dell’Alleanza. Fra le vittime volontari olandesi arruolatisi per combattere con gli ucraini.
Il confine ucraino – polacco è uno snodo cruciale di questa guerra, con un flusso di rifugiati continuo in uscita dall’Ucraina e, in ingresso, carichi di beni di prima necessità, ma anche di armi. Nato, Usa e Polonia tornano a mettere in guardia la Russia dall’eventuale uso di armi chimiche.
C’è la prima vittima fra i giornalisti impegnati in prima linea: Brent Renaud, 50 anni, videoreporter, è stato ucciso mentre documentava l’esodo dei civili da Irpin, un sobborgo di Kiev, dove ci sono stati bombardamenti particolarmente intensi. Le circostanze del decesso non sono state chiarite. Feriti altri due giornalisti.
Secondo Zelensky, le forze russe hanno avviato “una nuova fase di terrore”, bombardando aree densamente abitate e cercando di rompere la volontà di resistenza degli ucraini. A Mykolaiv, nel sud dell’Ucraina, un raid russo ha fatto almeno due morti e due feriti. Attacchi su città nell’Ovest dell’Ucraina acuiscono il senso d’insicurezza. Un altro sindaco, dopo quelli di Melitopol, sarebbe stato sequestrato. E alla periferia di Kiev sarebbero in atto scontri strada per strada. A Kherson, c’è fermento contro l’idea russa d’ un referendum popolare per avallare un’iniziativa secessionista.
Dall’inizio della guerra, l’Oms documenta 31 attacchi a strutture sanitarie, con 12 vittime e decine di feriti. Secondo l’UnHcr, sono almeno 596 i civili vittime del conflitto in Ucraina, 43 i bambini – e i feriti sarebbero rispettivamente 1.067 e 57 -. L’Aiea, l’Agenzia dell’Onu per l’energia atomica, segnala che la fornitura di elettricità alla centrale nucleare di Chernobyl è ripresa dopo che i sistemi di raffreddamento hanno ripreso a operare normalmente.
A fronte di proteste un po’ ovunque nel Mondo contro la guerra, oltre 800 persone sono arrestate ieri in 37 città in tutta la Russia mentre contestavano l’invasione dell’Ucraina. Lo riferisce il sito OVD-Info.