Le speranze di uno sblocco diplomatico della guerra fra Russia e Ucraina affondano nel mare d’Antalya, in Turchia, di fronte a Cipro: i ministri degli esteri russo Serguiei Lavrov e ucraino Dmytro Kuleba non riescono a raggiungere un accordo su un ‘cessate-il-fuoco’. L’esito negativo dell’incontro, mediato dalla Turchia, non fa desistere il presidente turco Racep Tayyip Erdogan dall’intento di provare a fare dialogare i due presidenti Vladimir Putin e Volodymyr Zelensky.
Kuleba dice: “Non abbiamo fatto progressi” verso un ‘cessate-il-fuoco’, perché “sembra che ci siano altre persone che decidono in Russia”; ma “abbiamo convenuto di continuare a cercare di dare una soluzione ai drammi umanitari sul terreno”. L’Ucraina, assicura Kuleba, “non si è arresa, non s’arrende e non s’arrenderà”.
Lavrov non lascia intravvedere ammorbidimenti negli obiettivi cui Mosca mira con l’invasione: indipendenza e in prospettiva annessione delle autoproclamate repubbliche filorusse del Donbass, Donetsk e Lugansk; e neutralizzazione dell’Ucraina, senza più prospettive di adesione alla Nato e all’Ue. Lavrov afferma che la Russia “saprà cavarsela”, nonostante l’intensificarsi delle sanzioni con cui l’Occidente vuole accelerare la fine del conflitto.
Percorsi di mediazione alternativi a quello turco restano aperti, come prova la presenza a Mosca, pare all’insaputa del governo di Berlino, dell’ex cancelliere tedesco Gerhard Schroeder, molto vicino alla cerchia degli oligarchi e in contatto con Putin – a sollecitarlo a intervenire sarebbe stata l’Ucraina -. In Germania, Schroeder è da settimana sotto pressione: il partito gli chiede di prendere le distanze dall’invasione e di lasciare gli incarichi in Russia – presiede il consiglio di sorveglianza del colosso petrolifero Rosneft ed è candidato a entrare in quello di Gazprom -.
Zelensky rinnova gli appelli all’Occidente perché intervenga, ma Stati Uniti e loro alleati europei continuano a escluderlo per il rischio di un conflitto con la Russia. E l’Ue non offre neppure prospettive d’adesione rapide.
Sul terreno, il bilancio dell’attacco aereo russo alla maternità di Mariupol è di tre morti, fra cui un bimbo, e una ventina di feriti. Secondo Lavrov, la Russia aveva notificato fin dal 7 marzo all’Onu che l’ospedale ieri colpito era divenuto sede del battaglione Azov e che dalla struttura erano state evacuate pazienti e personale sanitario. Il battaglione Azov, già formato da volontari di destra e neonazisti, provenienti da diversi Paesi europei, per combattere i separatisti del Donbass, è ora inquadrato nella Guardia nazionale.
La scorsa notte, un bombardamento effettuato da unità russe ha colpito un edificio residenziale, nel villaggio di Slobozhanske, vicino alla città di Kharkiv, nel sud-est del Paese, fecendo quattro morti, fra cui due bambini. Ci sono pure stati raid russi nella regione di Sumy: tre i morti. Secondo l’Onu, i civili uccisi sono finora 516, ma il numero è in continuo aumento.
Oleksiy Arestovych, un collaboratore di Zelensky, afferma: “Coloro che hanno bambini o donne, specie nelle regioni di Kharkiv, Donetsk, Luhansk, è meglio che se ne vadano. Queste città sono teatro di aspre battaglie e i civili non vi hanno niente da fare”. L’Onu stima che le persone fuggite siano oltre 2,3 milioni, 112 mila non ucraine.
Le forze avanzano lentamente, ma costantemente, nelle città chiave ucraine, compresa la capitale Kiev e al sud Odessa. Fonti militari Usa non escludono il ricorso ad armi chimiche, anche se l’ipotesi non è al momento suffragata da fatti.
I leader dei Paesi dell’Ue sono riuniti da ieri a Versailles, vicino a Parigi, per dare un giro di vite alle sanzioni contro Mosca e per impostare scelte energetiche che consentano di ridurre d’un terzo, entro l’anno, la dipendenza di gas e petrolio dell’Unione dalla Russia e, in prospettiva, di azzerarla, accelerando la diversificazione delle fonti.
Secondo diverse voci europee raccolte a Versailles, la proposta della Francia, condivisa dall’Italia, di adottare un piano di rilancio da 800 miliardi sul modello del Recovery Plan non fa l’unanimità. Germania e Paesi del Nord accolgono freddamente l’idea di un prestito comunitario che ammortizzi l’impatto della guerra in Ucraina. Ci sono invece convergenze su alcuni aspetti della difesa europea.
Nel Congresso Usa, intanto, avanza un provvedimento che stanzia ulteriori 14 miliardi di dollari d’aiuti per l’Ucraina, umanitari, economici, militari. Americani ed europei lavorano sui prezzi dell’energia per contrastare l’effetto dei rincari sull’inflazione. Biden è preoccupato: “Le famiglie iniziano a sentire l’effetto degli aumenti provocati da Putin’.
Fonti economiche danno per imminente, a causa delle sanzioni, un default della Russia, che avrebbe conseguenze “devastanti” sulla società russa, ma provocherebbe anche un’onda d’urto in Occidente. Moody’s declassa i rating di 39 istituti finanziari russi, dopo quello dello Stato. Roman Abramovich, ex patron del Chelsea, è tra i sette oligarchi russi sanzionati dal Regno Unito – c’è pure il ‘re dell’alluminio’ Oleg Deripaska -. Goldman Sachs chiude le attività in Russia.
Putin torna a minacciare: la colpa della crisi è dell’Occidente – dice – e bisogna in modo deciso verso le compagnie straniere che sospendono le operazioni in Russia, “Russia e Bielorussia sono grandi fornitori di fertilizzanti minerali … Se continuano a creare problemi …, allora i prezzi, già esorbitanti, cresceranno ancora”.