“Piccoli sviluppi positivi per migliorare la logistica dei corridoi umanitari”: è il magro e scarno bilancio del terzo round di colloqui tra le delegazioni russa e ucraina, svoltosi ieri a Brest-Litovsk, in Bielorussia. Ci sarà a breve un nuovo incontro.
Ma la ripresa dei negoziati non ferma i combattimenti né l’intreccio di accuse sui corridoi umanitari per l’evacuazione dei cittadini ucraini. E l’attenzione va a tavoli di negoziato più robusti di quello, fragile e limitato, su ‘cessate-il-fuoco’ parziali e tregue locali, che non impediscono combattimenti e uccisioni di civili: difficile trattare a mattatoio aperto.
Giovedì, i ministri degli Esteri russo Serguiei Lavrov e ucraino Dmytro Kuleba saranno ad Antalya, in Turchia. Mallevadore dell’incontro, il ministro degli esteri turco Mevlut Cavusoglu, che sarà presente. E’ un segnale che il tentativo di mediazione avviato dal presidente turco Recep Tayyip Erdogan va avanti: sarà il contatto a più alto livello fra i due Paesi, dall’inizio dell’invasione.
L’annuncio del colloquio tra Lavrov e Kuleba non incide sul quadro bellico. Per Kiev, Mosca sabota i corridoi umanitari e. scrive in un tweet il Ministero degli Esteri – “continua a bombardare Kiev, Mariupol, Volnovakha, Sumy, Mykolaiv, Kharkiv e altre città, paesi e villaggi”. I russi attaccano gli aeroporti, mentre gli ucraini chiedono, senza ottenerli, aerei ai Paesi della Nato.
Le delegazioni russa e ucraina riunite a Brest-Litovsk sono praticamente quelle del secondo round. Manca, rispetto al primo round, Denis Kireyev, il negoziatore ucraino sulla cui sorte c’è una ridda d’indiscrezioni e smentite. Dato per morto – ucciso dai servizi di Kiev, secondo una versione fornita dai media ucraini -, sarebbe invece vivo, secondo indicazioni non confermate di fonte russa.
Dopo le incertezze di sabato e domenica, ieri Mosca ha aperto sei corridoi umanitari, ma tutti verso la Russia e la Bielorussia, sostenendo che le strade verso Ovest sono minate. I sei corridoi sono “uno da Kiev a Gomel (Bielorussia), due da Mariupol a Zaporizhzhya (sud-est dell’Ucraina) e Rostov sul Don (Russia), uno da Kharkiv a Belgorod (Russia) e due da Sumy a Belgorod e Poltava (Ucraina centrale)”. Kiev li giudica “inaccettabili” e vuole che i civili in fuga dai combattimenti possano raggiungere i Paesi dell’Ue.
Del resto, i ‘cessate-il-fuoco’ sono ridotti nel tempo e nello spazio. Carri russi sono già dentro Kiev, come indica un video della Cnn, e almeno 13 persone sono morte in un panificio attaccato a ovest della capitale. A Gostomel, il sindaco è stato ucciso Yuri Illich Prylypko è stato ucciso mentre distribuiva pane e medicinali ai suoi concittadini. A Mariupol, invece, il Reggimento Azov starebbe difendendo la città con successo: “Gli occupanti russi … subiscono enormi perdite – dicono le forze armate ucraine – … Distrutta un’intera compagnia di carri armati, oltre a sei veicoli corazzati e circa 40 invasori”.
Difficile individuare il confine tra propaganda e informazione. Per il Pentagono, la Russia ha finora lanciato oltre 625 missili in Ucraina. Usa e Nato forniscono a Kiev 2000 missili anti-aereo Stinger, oltre a 17 mila missili anti-tank; e il segretario di Stato Antony Blinken annuncia l’invio in Lituania di altri 400.
L’isolamento del presidente russo Vladimir Putin, con cui solo il francese Emmanuel Macron tiene regolari contatti, e l’esasperazione del presidente ucraino Volodymyr Zelensky, che vorrebbe americani ed europei in guerra al fianco dell’Ucraina e reclama 10 miliardi di dollari di danni, complicano una mediazione diplomatica già molto difficile. Ieri, c’è stata una videoconferenza tra il presidente Usa Joe Biden, un po’ in ombra, in questa fase, e i leader britannico, francese, tedesco; e il turco Erdogan e il premier israeliano Naftali Bennett tessono le loro tele (ma è scoppiata una violenta polemica ucraina anti-Israele).
Ma le speranze maggiori restano riposte in un intervento cinese. Dal ministro degli Esteri Wang Yi è venuta una prima apertura in tal senso: “Pronti a mediare per riportare la pace”, ferma restando “l’amicizia solida” della Cina con la Russia.
Il governo russo ha stilato una lista di “Paesi ostili”, che applicano sanzioni contro Mosca: c’è, ovviamente, anche l’Italia, insieme ai Paesi dell’Ue e a Stati Uniti, Canada, Gran Bretagna, Svizzera, Australia, Nuova Zelanda, Giappone, Corea del Sud. I debiti dei creditori della lista nera saranno pagati in rubli.
L’Ucraina, dal canto suo, ha sospeso le esportazioni di alcuni prodotti alimentari a causa del rischio di carenza di cibo: carne, segale, avena, grano saraceno, zucchero, miglio e sale non si possono più vendere all’estero; grano, mais, pollame, uova e olio solo previa autorizzazione governativa.
Ieri, la Russia non si è presentata all’udienza alla Corte di Giustizia Internazionale dell’Aja, dove l’Ucraina la accusa di genocidio mentre raccoglie le prove di crimini di guerra.
Decine di associazioni polacche lavorano per portare via dall’Ucraina i bambini orfani – si calcola che possano essere centomila -. L’Onu stima che oltre 1,7 milioni di persone sono fuggite dall’Ucraina, oltre un milione in Polonia.