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Ucraina: le radici di un conflitto che s’inasprisce, fallita guerra lampo

Scritto per Toscana Oggi uscita lo 03/03/2022 in data 06/03/2022 e, in versione diversa, per il Corriere di Saluzzo dello 03/03/2022

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La ‘guerra lampo‘ dell’Armata Rossa è fallita, per la resistenza dell’Ucraina, E ora, il conflitto, scatenato una settimana fa da Vladimir Putin, entra in una nuova fase, ancora più imprevedibile e pericolosa, avverte sul Washington Post Adam Taylor: la Russia alza il livello della minaccia, evocando l’uso dell’arma nucleare, e l’Occidente alza il livello del coinvolgimento, inasprendo le sanzioni a Mosca e inviando a Kiev aiuti non solo umanitari, ma militari.

E’ una guerra in Europa, come nei Balcani per tutti gli Anni Novanta; è un’invasione ai confini dell’Unione, per la prima volta da quando s’è intrapresa la strada dell’integrazione. Putin riporta indietro gli orologi della cronaca e della storia, lanciando il più grande attacco militare in Europa dalla Seconda Guerra Mondiale: centinaia le vittime – per ora – e milioni i profughi – 500 mila avevano già superato martedì le frontiere con Polonia e Romania -; code ai Bancomat e alle pompe di benzina.

Il 23 febbraio, siamo andati a dormire con l’ansia in cuore nell’Europa del 2022. E ci siamo svegliati bruscamente nell’Europa del 1939, coi soldati della Wehrmacht che spostano le barriere al confine con la Polonia. O nella Mesopotamia del 2003, con le immagini dell’operazione ‘Shock and Awe‘, atterra e terrorizza, che segnò l’inizio dell’invasione dell’Iraq.

L’Occidente che da settimane gridava al lupo resta sorpreso quando il lupo arriva davvero. Partono le sanzioni in crescendo, dopo esitazioni iniziali: economiche, bancarie, finanziarie, beni russi congelati perché la Russia non possa utilizzare le riserve internazionali e per creare intorno a Putin l’ostilità degli oligarchi colpiti nei loro interessi. L’Ue – per la prima volta – compra armi da inviare in Ucraina, i Paesi dell’Ue mandano materiale bellico, anche i più renitenti a prendere posizione come la Svezia e la Finlandia; persino la Svizzera, Paese geloso della proprie neutralità, e crocevia di transazioni finanziarie, si allinea alle sanzioni europee e congela i capitali russi. La Fifa e l’Uefa sospendono tutte le squadre russe, nazionali o di club dalla partecipazione alle loro competizioni, dopo che Polonia e Svezia si rifiutano di andare in Russia a giocare le qualificazioni ai Mondiali.

Ci sono colloqui fra le due parti: Kiev chiede un immediato cessate-il-fuoco, Mosca pone condizioni all’Occidente: neutralizzazione e “denazificazione” dell’Ucraina, riconoscimento dell’annessione della Crimea nel 2014. Sul terreno, gli effetti della cyber-war russa, che gli esperti temevano devastanti, si rivelano meno efficaci del previsto: le tattiche di difesa territoriale tradizionali della popolazione ucraina rallentano, quando non fermano, l’avanzata dell’invasore.

L’attacco russo all’Ucraina appare inspiegabile, se letto alla luce dei ‘cui prodest’ della geopolitica: ci perdono tutti. Ma sotto c’è – ci deve essere – dell’altro, a cominciare dall’ossessione di Putin per l’Ucraina, che – si scopre ora – il presidente russo non aveva mai nascosto ai suoi omologhi Usa  – lui ne ha conosciuti quattro -.

Annettere alla Russia l’Ucraina russofona?, ‘demilitarizzare’ l’Ucraina – strano modo per riuscirsi, riempiendola di carri e di militari -?, ‘make Russia great again’?, scimmiottando lo slogan d’un ex presidente Usa che lo giudica “un genio”, Donald Trump? Dai discorsi di Putin, si capisce che lui non ha in mente l’Urss di Stalin o di Breznev, ma la Russia zarista di Pietro il Grande e Caterina II.

Di albe tragiche, ne abbiamo viste altre nella storia recente, negli ultimi cinquant’anni, tralasciando quindi le repressioni sovietiche delle insurrezioni nell’Ungheria 1956 e nella Cecoslovacchia 1968. In Europa, o ai suoi confini, ci sono state le guerre accese dal dissolvimento della ex Jugoslavia, e poi la guerra in Georgia scatenata sempre da Putin nel 2008 – e le cui cicatrici restano evidenti -. Fuori dall’Europa, i conflitti mediorientali, l’occupazione del Kuwait da parte dell’Iraq nel 1990, l’11 Settembre 2001, l’invasione dell’Iraq nel 2003, quest’ultima dettata da un’ossessione forse analoga da quella di Putin verso l’Ucraina: quella per Saddam Hussein di George W. Bush jr, che sentiva la missione di concludere quello che il padre aveva giustamente lasciato a mezzo nel 1991, cioè il cambio di regime a Baghdad.

E ora? Con qualche eccezione non secondaria – Cina e India su tutti -, la comunità internazionale, l’Onu, l’Ue, la Nato, hanno chiari gli obiettivi: bisogna ripristinare la sovranità dell’Ucraina, garantire la sicurezza dell’Europa, tutelare la legalità internazionale. Nella storia recente, le sanzioni da sole non sono mai state sufficienti. Questa volta, con la resistenza ucraina, i fermenti di protesta russi e il lavorio diplomatico, potrebbero intaccare la sicumera di Putin.

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gphttps://www.giampierogramaglia.eu
Giampiero Gramaglia, nato a Saluzzo (Cn) nel 1950, è un noto giornalista italiano. Svolge questa professione dal 1972, ha lavorato all'ANSA per ben trent'anni e attualmente continua a scrivere articoli per diverse testate giornalistiche. Puoi rimanere connesso con Giampiero Gramaglia su Twitter

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