L’Occidente ha forse trascurato, sia nel 2014 che nelle ultime settimane, le ragioni della rigidità della Russia sull’Ucraina. E’ quanto emerge da una rilettura, otto anni dopo, dell’analisi scritta, all’epoca dell’annessione della Crimea, da Henry Kissinger sul Washington Post e dall’esistenza d’un documento del 1991 scovato da uno storico statunitense e ora riproposto da Der Spiegel.
Ma ovviamente nulla avalla o giustifica l’invasione decisa da Putin la scorsa settimana, che costituisce una palese violazione del diritto internazionale. Del resto, Kissinger, nel 2014, dopo avere argomentato sui fondamenti storici della posizione di Putin, aveva concluso: “È incompatibile con le regole dell’ordine mondiale esistente che la Russia annette la Crimea. Ma dovrebbe essere possibile mettere le relazioni della Crimea con l’Ucraina su una base meno ostica … La Russia riconoscerebbe la sovranità dell’Ucraina sulla Crimea. L’Ucraina dovrebbe rafforzare l’autonomia della Crimea nelle elezioni che si terranno alla presenza di osservatori internazionali”.
Nulla di tutto ciò è accaduto. E, anzi, otto anni dopo Putin non s’accontenta di riconoscere e magari annettersi, previo referendum, le autoproclamate repubbliche separatiste russofile del Donbass, Donetsk e Lugansk, ma aggredisce tutta l’Ucraina, con l’obiettivo di un ‘cambio di regime’ a Kiev e la pretesa di “neutralizzare e de-nazificare” il Paese. Kissinger, che ha 98 anni, oggi non commenta, ma non sarebbe certo condiscendente nei confronti del leader russo, ferme restando considerazioni di allora valide ancora ora.
Nel 2014, nel pieno della crisi innescata dalla sommossa di piazza Maidan, che aveva rovesciato Viktor Yanucovich, presidente ucraino democraticamente eletto, filorusso, l’ex consigliere per la Sicurezza nazionale e segretario di Stato di Richard Nixon argomentava che l’Occidente doveva avere una più attenta valutazione delle esigenze di sicurezza manifestate da Mosca e soprattutto delle radici di quella “ossessione ucraina” espressa dal presidente Putin a tutti i suoi interlocutori Usa, da George W. Bush a Joe Biden, passando per Barack Obama e Donald Trump.
Kissinger è uomo da ‘real politik’: fu il regista del coinvolgimento Usa nel golpe in Cile del 1973 e l’ideologo del riavvicinamento tra Usa e Cina nel 1972 con lo sdoganamento di Mao Tze-tung; negoziò l’uscita degli Usa dal Vietnam con gli accordi di Parigi del 1973, che gli valsero il Nobel per la a lui in coppia con il suo omologo vietnamita Le Duc Tho, e fu il fautore della distensione Est-Ovest con gli Accordi di Helsinki del 1975.
Oggi è meno presente sulla scena politica degli Stati Uniti, ma resta una figura autorevole, seppur discussa. Nel 2014, scriveva: “L’Occidente deve capire che, per la Russia, l’Ucraina non può mai essere solo un paese straniero. La storia russa è iniziata in quella che è stata chiamata Kievan-Rus. La religione russa si diffuse da lì. L’Ucraina ha fatto parte della Russia per secoli e le loro storie si sono intrecciate prima di allora. Alcune delle battaglie più importanti per la libertà russa … furono combattute sul suolo ucraino … Dissidenti famosi come Aleksandr Solzhenitsyn e Joseph Brodsky hanno insistito sul fatto che l’Ucraina è parte integrante della storia russa e, in effetti, della Russia”.
E osservava: “Trattare l’Ucraina come parte di un confronto Est-Ovest affonderebbe per decenni qualsiasi prospettiva di portare la Russia e l’Occidente – in particolare la Russia e l’Europa – dentro un sistema internazionale cooperativo”.
Anche Der Spiegel spezza una lancia a favore delle richieste di Putin, ferma restando la condanna dell’invasione. Una delle tesi di Mosca, sempre respinta dall’Occidente, è che l’Alleanza atlantica si sia impegnata, alla caduta dell’Urss, a non espandersi a Est e che questo impegno sia stato disatteso.
Il settimanale tedesco scrive che una nota trovata nell’archivio nazionale britannico dallo studioso Usa Joshua Shifrinson avallerebbe il punto di vista russo. In un incontro tra funzionari dei ministeri degli Esteri di Stati Uniti, Regno Unito, Francia e Germania – non ancora unificata -, a Bonn il 6 marzo 1991 – tema: la sicurezza della Polonia e di altri Paesi dell’Est -, il rappresentante tedesco Jürgen Chroborg dichiarò: “Nelle trattative abbiamo chiarito che non estenderemo la Nato oltre l’Elba. Non possiamo quindi dare alla Polonia e agli altri l’ingresso nella Nato”. E il rappresentante Usa Raymond Seitz aggiunse: “Abbiamo chiarito all’Unione Sovietica che non trarremo vantaggio dal ritiro delle truppe sovietiche dall’Europa dell’Est”. Di lì a una dozzina d’anni, tutti i Paesi dell’ex Patto di Varsavia e anche tre ex repubbliche sovietiche, i Paesi baltici, erano nella Nato.