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Ucraina: se Zelenski è il nemico, Putin se n’è già liberato

Scritto per Il Fatto Quotidiano del 15/02/2022

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Nella crisi ucraina, che se sfugge di mano a Putin il provocatore o a Biden l’isterico può innescare una deflagrazione in Europa, c’è chi, comunque vada, ha già perso e chi ha forse già vinto. Sconfitto a priori è il presidente ucraino Volodymyr Zelenski, mentre il russo Vladimir Putin può avere un asso nella manica.

Il tasso di approvazione di Zelenski, in carica dal 2019, giunto a metà circa del suo mandato, è drammaticamente sceso: solo tre ucraini su dieci auspicano che si ricandidi nel 2024 e meno di uno su quattro, il 23%, rivoterebbe oggi per lui.

Se uno degli obiettivi della pressione esercitata dalla Russia sulle frontiere ucraine è di sbarazzarsi del presidente anti-russo, Putin potrebbe non fare altro che attendere le prossime elezioni, senza bisogno d’imbarcarsi in avventure militari.
Anche se è vero che, nei loro trent’anni d’indipendenza e di approssimativa democrazia, gli ucraini si sono dimostrati piuttosto volatili alle urne, avvicendando sette presidenti – uno solo confermato per un secondo mandato – e rendendosi protagonisti di due sommosse popolari (l’ultima, nel 2014, rovesciò il presidente filo-russo democraticamente eletto Viktor Janucovych). E succede pure che i presidenti, esaurito il mandato, finiscano sotto processo, come sta avvenendo al predecessore di Zelenski Petro Poroshenko.

In un reportage da Kiev, l’Ap ricorda che Zelenski, un attore che faceva la parte del presidente in una serie televisiva e che fu eletto da un’ondata populista, aveva promesso di dialogare coi ribelli russofoni, appoggiati dai russi, nell’Est del Paese, il Donbass, e di trovare una soluzione al conflitto; e, sul fronte interno, di sconfiggere la corruzione.

Nessuna delle sue promesse è stata mantenuta, magari anche perché Mosca non fa nulla perché Zelenskli abbia successo. Anzi, lUcraina si ritrova sull’orlo di una potenziale invasione che potrebbe non investire solo il Donbass russofono, ma tutto il Paese.

Nella crisi ucraina, spesso si cercano ragioni all’escalation nelle politiche interne della Russia, dove, però, Putin non pare avere bisogno di consolidare la sua popolarità con fiammate di nazionalismo, e degli Usa, dove, invece, Biden mira a riconquistare credibilità, dopo la rotta afghana l’estate scorsa, che s’è tradotta in un tracollo della sua popolarità.

L’Ap suggerisce una chiave di lettura di politica interna ucraina, con il Cremlino che punta su esponenti politici ucraini filo-russi, anche se, dopo l’annessione della Crimea nel 2014, non c’è più una potenziale maggioranza russofona ucraina.

A gennaio, i servizi segreti britannici avevano sostenuto che Putin intendeva rovesciare il governo di Zelenski e insediare al suo posto un leader filo-russo, contrario all’ingresso dell’Ucraina nell’Ue e nella Nato.

Nell’incertezza del momento, Zelenski e i suoi ministri provano a stemperare le tensioni, si dicono scettici sull’imminenza di un’invasione e critici delle decisioni di diversi Paesi occidentali di ridurre il personale diplomatico e di invitare i connazionali a lasciare l’Ucraina.

Ma la popolazione non ha fiducia nella capacità di Zelenski di gestire la situazione, nonostante l’andirivieni di leader a Kiev – negli ultimi giorni, ci sono stati il turco Erdogan, il francese Macron e il tedesco Scholz -. Zelenski ha pure invitato Biden a fargli visita.
Il nunzio apostolico in Ucraina dice che “la gente ha paura”, perché “si sente l’odore della guerra”.

Nella giornata di ieri, la diplomazia ha prodotto nuovi incontri: Scholz dice a Kiev che “l’ingresso dell’Ucraina nella Nato non è in agenda”. I leader dei 27 faranno una riunione straordinaria sulla crisi ucraina giovedì mattina, prima di un vertice Ue – Africa già programmato.

E’ l’ora dei dubbi dell’intelligence sull’attendibilità delle comunicazioni russe captate – in una, generali russi avrebbero indicato che l’invasione comincerà domani, mercoledì 16 febbraio -, mentre il Pentagono fa sapere che, nel fine settimana, i russi hanno rafforzato i dispositivi militari lungo i confini ucraini – secondo fonti ucraine, avrebbero ora 147 mila uomini – e hanno aumentato la presenza di mercenari russi entro i confini ucraini, a sostegno dei secessionisti del Donbass.

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Giampiero Gramaglia, nato a Saluzzo (Cn) nel 1950, è un noto giornalista italiano. Svolge questa professione dal 1972, ha lavorato all'ANSA per ben trent'anni e attualmente continua a scrivere articoli per diverse testate giornalistiche. Puoi rimanere connesso con Giampiero Gramaglia su Twitter

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