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Ucraina: la carta della finlandizzazione per evitare il conflitto

Scritto per Il Fatto Quotidiano dell'11/0'2/2022

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Rivitalizzazione degli accordi di Minsk, definiti nel 2015 e mai rispettati né da Mosca né da Kiev; accresciuta autonomia dell’Ucraina russofona – in pratica, il Donbass -, nell’ambito d’uno Stato federale o confederale; ‘finlandizzazione’ dell’Ucraina: l’arsenale delle soluzioni diplomatiche, e non militari, alla crisi ucraina s’è arricchito d’una nuova formula, vecchia di circa un secolo ma tuttora attuale.

Da quando il presidente francese Emmanuel Macron l’ha evocata, dopo le sue missioni a Mosca e Kiev, la ‘finlandizzazione’ è sulla bocca di tutti: piace ai russi; non piace agli ucraini, che sono però il vaso di coccio della situazione; e può togliere le castagne dal fuoco all’Occidente e, in particolare, all’Europa, che non vuole giocarsi il gas russo per le paturnie ‘revanchiste’ di qualche ex membro del blocco comunista..

Finlandizzazione Ucraina: significato

Il New York Times titola: “La ‘finlandizzazione’ è parte del negoziato diplomatico”. E aggiunge: “Ma che cosa significa?”. Il termine ‘finlandizzazione’ indica l’influenza che un Paese potente può avere sulle politiche di un Paese più piccolo suo vicino, condizionandolo senza prevaricarlo.

Si chiama così perché si ispira all’influenza esercitata dall’Unione Sovietica sulla Finlandia già prima della Seconda Guerra Mondiale e poi al tempo della Guerra Fredda, ma può pure essere riferito a relazioni internazionali che si sviluppano in situazioni simili, come fu l’atteggiamento della Danimarca nei confronti della Germania tra il 1871 e il 1940.

La Finlandia, che ha sempre percepito l’uso del termine ‘finlandizzazione’ come una critica, preferisce parlare di una ‘Realpolitik della sopravvivenza’, con cui una piccola nazione sopravvive senza sacrificare la propria sovranità a un vicino che esprime una netta superiorità culturale e ideologica o, più crudamente, economica e militare.

Lo scenario non piace a Kiev perché significherebbe la rinuncia all’adesione alla Nato: a tutt’oggi, la Finlandia, per quanto sia ormai una democrazia lontana dalle condizioni della Guerra Fredda, resta fuori dell’Alleanza, come del resto fanno Svezia, Austria e Irlanda, Paesi occidentali, ma tradizionalmente neutrali; anche se Helsinki è nell’Ue, come Stoccolma, Vienna e Dublino – e questo potrebbe essere un premio di consolazione per l’Ucraina -.

Per contro, lo scenario piace a Mosca: sarebbe la soluzione diplomatica accettabile per il Cremlino,: garantirsi alle frontiere una presenza neutrale rispetto alle due Super-Potenze e ai loro blocchi, senza fare dell’Ucraina uno Stato satellite e senza pretenderne l’adesione a modelli politici o sociali (la Finlandia non è mai stata comunista).

Che i discorsi di Macron a Mosca e a Kiev possano rivelarsi interessanti, lo conferma l’attenzione del presidente Usa Joe Biden per i loro contenuti: ieri, al telefono, Biden e Macron “hanno discusso – a detta della Casa Bianca – dei recenti incontri in Russia e in Ucraina” e “degli sforzi diplomatici in corso, intrapresi in stretto coordinamento con gli alleati e i partner, in risposta al continuo rafforzamento militare della Russia al confine con l’Ucraina”.

Dal canto suo, il segretario generale dell’Alleanza atlantica Jens Stoltenberg, torna sui principi, parlando alla tv serva Vesti: non esiste nessun documento in cui si dica che la Nato non si debba allargare verso Est; ma non esiste neppure un documento ove si dica che lo vuole fare, anche se , “noi come Alleanza di trenta Paesi nei nostri documenti abbiamo sempre sottolineato che le porte restano aperte per i Paesi europei che soddisfano gli standard Nato” – l’Ucraina non lo fa, essendo teatro di un conflitto interno -.

Stoltenberg insiste sul carattere difensivo dell’Alleanza, contestando le affermazioni del ministro degli Esteri russo Serghiei Lavròv secondo cui la Nato non si può ritenere un’Alleanza difensiva considerando le operazioni militari condotte in Jugoslavia, Libia, Afghanistan.

Nell’intervista il segretario generale afferma che la Nato rispetta la decisione della Serbia di non aderire all’Alleanza, mentre è in lista d’attesa per entrare nell’Ue – un’altra potenziale similitudine con l’Ucraina -. Si tratta, ha osservato, di “una decisione sovrana e indipendente, che la Nato rispetta in pieno, come rispetta le decisioni di Svezia e Finlandia che sono partner a noi vicini ma che non sono entrati nella Nato”.

La Serbia è militarmente neutrale e collabora con la Nato nell’ambito della Partnership per la pace, il programma offerto dall’Alleanza ai Paesi dell’ex blocco socialista. Stoltenberg ha quindi sottolineato il forte appoggio della Nato al dialogo fra Belgrado e Pristina, facilitato dalla Ue, per la soluzione della crisi del Kosovo, dove la Kfor, la Forza Nato, è presente per garantire la sicurezza e la libertà di movimento di tutte le comunità residenti.

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Giampiero Gramaglia, nato a Saluzzo (Cn) nel 1950, è un noto giornalista italiano. Svolge questa professione dal 1972, ha lavorato all'ANSA per ben trent'anni e attualmente continua a scrivere articoli per diverse testate giornalistiche. Puoi rimanere connesso con Giampiero Gramaglia su Twitter

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