Vista con gli occhi di un europeo, la sequenza dell’uccisione di Amir Locke, un nero di 22 anni, è tutta paradossale: ripresa dalla body-cam di servizio d’un agente, mostra la polizia che apre senza fare rumore, con una chiave falsa, la porta ed entra nell’alloggio del giovane senza preavviso; Locke dorme avvolto nelle coperte sul divano davanti al televisore acceso; quando i poliziotti gridando si palesano e gli intimano di alzare le mani, spunta da sotto le coperte con una pistola – la si vede in un fotogramma isolato: nella sequenza normale non la si nota -; basta perché un agente spari tre colpi e lo ammazzi.
E’ successo a Minneapolis, di nuovo a Minneapolis, la città da cui partì l’ultima grande stagione della protesta nera negli Stati Uniti dopo l’uccisione, nel maggio del 2020, di George Floyd, tenuto per oltre nove minuti a terra con un ginocchio premuto sul collo dal poliziotto Derek Chauvin, poi condannato. Gli altri agenti della pattuglia omicida sono attualmente sotto processo.
Stavolta, la fine di Locke indigna pure la lobby delle armi, che protesta perché la polizia ha sparato a un cittadino che esercitava il suo diritto costituzionale al possesso e al porto di un’arma – legittimamente detenuta -. In un comunicato, il Minnesota Gun Owners Caucus afferma che “Amir ha fatto quello che molti di noi avrebbero fatto nelle stesse circostanze: cercare un mezzo legale d’autodifesa, tentando di capire cosa stesse accadendo”.
La perquisizione dell’appartamento del giovane era stata decisa in un’indagine per omicidio con cui – s’è poi appurato – Locke non aveva nulla a che vedere: gli agenti cercavano un’altra persona, Amir non figurava nemmeno sul mandato.
Non è la prima volta che una perquisizione tipo ‘no-knock warrant‘, cioè senza preavviso, provoca una tragedia: nel 2020, a Louisville, nel Kentucky, Breonna Taylor, un’infermiera, fu ammazzata durante un’irruzione della polizia nella sua abitazione – l’inchiesta era per spaccio di droga e lei non era l’indagata -.
Al blitz nell’alloggio di Locke a Minneapolis hanno partecipato almeno quattro agenti: le immagini, rese di pubblico dominio dalla Cnn e da tutti i media Usa, mostrano gli agenti infilare una chiave passe-partout nella porta e fare irruzione urlando, una volta entrati, “Polizia! Perquisizione!”.
“Su le mani”, grida a ripetizione uno, mentre altri intimano “Stenditi su questo fottuto pavimento”. Un poliziotto dà un calcio al divano e il giovane afroamericano spunta da sotto le coperte, tenendo in mano una pistola. Si sentono gli spari: tre colpi, tutti esplosi da un poliziotto identificato come Mark Hanneman, subito sospeso – come vuole la prassi -, in attesa dell’esito degli accertamenti.
Il dramma rilancia le polemiche sui ‘no-knock warrants’, rianima la campagna ‘Defund the Police’, rinfocola le perplessità su un dipartimento di polizia già sotto tiro per l’uccisione di Floyd nel 2020 e per quella di Daunte Wright, un ventenne ammazzato lo scorso anno a Brooklyn Center, alle porte della metropoli, da una poliziotta che – disse – aveva scambiato la pistola per il taser. E ripartono le proteste di Black Lives Matter.
La procura garantisce un’inchiesta “giusta e completa”. Il governatore democratico Tim Walz dice che bisogna fare di più per evitare abusi e incidenti da parte della polizia. Tempo fa, i ‘no-knock warrants’ erano stati modificati: gli agenti devono annunciare il motivo della perquisizione, prima d’entrare; ma, con Locke non l’hanno fatto.
L’avvocato della famiglia di Amir Locke, Ben Crump, che rappresentava anche i Floyd, ha precisato che il giovane “non aveva alcun precedente”. La madre, Karen Wales, chiede giustizia. I parenti lo descrivono come un giovane rispettoso della legge: sognava di entrare nel mondo della musica.