Cancellati 130 milioni di dollari di aiuti militari all’Egitto, causa mancato rispetto dei diritti umani da parte del regime repressivo del generale golpista Al-Sisi. Una decisione presa dall’Italia?, dopo l’uccisione di Giulio Regeni, rapito e torturato, i cui mandanti e i cui responsabili sono coperti dall’apparato egiziano, e dopo la lunga detenzione preventiva di Patrick Zhaki. No: è una decisione dell’Amministrazione Biden, secondo cui il regime di Al-Sisi non soddisfa le condizioni per avere gli aiuti, temporaneamente sospesi a settembre e definitivamente destinati ora ad altri programmi: l’Egitto non fa abbastanza per tutelare i diritti di dissidenti, attivisti, giornalisti, donne ed esponenti della società civile, per non parlare delle migliaia di persone arbitrariamente detenute o ‘fatte sparire’.
La decisione degli Usa arriva però pochi giorni dopo che l’Amministrazione Biden aveva approvato la vendita all’Egitto di armamenti – 12 cargo C-130 e sistemi radar per la difesa aerea – per oltre 2,5 miliardi di dollari – 2,2 per gli aerei e 355 milioni per i radar -, venti volte la somma pra bloccata. E’ vero che da una parte sono aiuti, denaro regalato dagli Usa all’Egitto, e dall’altra sono vendite, cioè soldi sborsati dall’Egitto ad aziende statunitensi. Ed è altrettanto vero che C-130 e radar non sono strumenti da repressione interna. Ma le notizie stridono, a giudizio dei media che se ne occupano, fra cui l’Ap, il New York Times – citato dall’ANSA – e al Jazeera.
Aiuti militari Usa al Cairo erano già stati congelati nel 2017 per analoghe ragioni dall’allora presidente Donald Trump, ma furono sbloccati l’anno dopo. I 130 milioni ora stornati, il massimo che si potesse destinare altrove, sono solo un decimo degli aiuti che gli Usa forniscono all’Egitto ogni anno in ambito sicurezza.
Nel dare l’annuncio del blocco, il Dipartimento di Stato non fa cenno alla vendita, ma ricorda che, in settembre, il segretario di Stato Usa Antony Blinken aveva approvato la concessione all’Egitto d’aiuti militari per 300 milioni, tenendone però sospesi 130, subordinati a che il regime del Cairo rispettasse, entro gennaio, “specifiche condizioni relative ai diritti umani” – al Sisi non l’ha fatto -. Una nota del Dipartimento di Stato recita: “Il governo egiziano ha fatto notevoli progressi, ma non ha rispettato i termini”.
Congressman democratici esprimono soddisfazione per la decisione. Il senatore del Connecticut Chris Murphy ritiene “finiti i giorni in cui dittatori ricevevano assegni in bianco dall’America”. Ma il Dipartimento di Stato, autorizzando la vendita di aerei cargo e sistemi radar per oltre 2,5 miliardi di dollari, aveva sostenuto che essa “contribuisce a rafforzare la sicurezza di un importante alleato non Nato che continua a essere un importante partner strategico nel Medio Oriente”.
Dopo il colpo di Stato che nel 2013 rovesciò il presidente eletto Mohamed Morsi, morto d’infarto nel 2019 durante un’udienza del processo a suo carico, il regime del generale Al Sisi ha condotto una vasta persecuzione dei dissidenti e, in particolare, di esponenti della Fratellanza musulmana, uccidendo, imprigionando, torturando migliaia di persone, fra cui molti integralisti islamici, ma anche attivisti protagonisti della Primavera araba del 2011, l’insurrezione popolare che rovesciò Hosni Mubarak.
Nell’aprile del 2017, dopo un sanguinoso attentato contro una chiesa copta e attacchi anti-copti che fecero oltre cento vittime e centinaia di feriti, l’Egitto proclamò lo stato di emergenza, autorizzando, per i sospetti dio terrorismo, arresti senza mandati, procedure giudiziarie abbreviate e la creazione di corti speciali. Da allora, lo stato d’emergenza è stato rinnovato a più riprese, finché, in ottobre, allo scadere dell’ultima estensione, il presidente Abdel Fattah al-Sisi annunciò che non sarebbe più stato prorogato.
Proprio la proclamazione dello stato d’emergenza fu una delle cause che indusse, nel 2017, l’Amministrazione Trump a bloccare aiuti all’Egitto per 96 milioni e a congelarne altri per 195, contestando al Cairo, oltre che il mancato rispetto dei diritti umani, anche un eccesso di vicinanza alla Corea del Nord – a quell’epoca, Trump non aveva ancora rivalutato il dittatore nordcoreano Kim Jong-un al rango d’interlocutore -.
La mossa di Trump suscitò sorpresa: pochi mesi prima, il magnate presidente aveva riservato un’accoglienza calorosa alla Casa Bianca al generale al-Sisi, senza neppure sollevare, nei colloqui, il tema dei diritti umani. Del resto, l’autoritario leader egiziano appartiene alla genia d’uomini forti che a Trump tendenzialmente piace.
L’atteggiamento degli Usa verso l’Egitto resta venato d’ambiguità: Washington desidera continuare a cooperare con il Cairo, che ritiene un alleato chiave e un cardine per la sicurezza della Regione.