Nella crisi dell’Ucraina, i cui tempi si allungano e le cui tensioni si stemperano un po’, Cina e Turchia si propongono come mediatori: teoricamente, hanno il vizio d’origine di essere di parte, con Pechino più vicina a Mosca che all’Occidente e Ankara dentro la Nato; ma pragmatismo cinese e disinvoltura turca consentono di superare l’ostacolo.
I presidenti cinese Xi Jinping e turco Recep Tayyip Erdogan vedono un tornaconto nell’offrirsi come arbitri. Xi, che si muove con maggiore discrezione, può saggiare la fermezza degli Stati Uniti e dei loro alleati e l’effettivo decisionismo di Joe Biden, in funzione della questione Taiwan, oltre che dei futuri negoziati commerciali. Erdogan, con la consueta spregiudicatezza, fa senza imbarazzi il doppio gioco: sta nella Nato e vende droni a Kiev, irritando Mosca e traendo profitto dal rispetto delle direttive atlantiche, ma compra sistemi antiaerei russi, ignorando le riserve di Washington; ed ha già esperienza di balletti con Putin – ora contro, ora a braccetto – in Siria e in Libia.
Del resto, nella crisi ucraina, e nell’amplificazione della minaccia da parte occidentale, che crea problemi persino a Kiev, ci sono anche da parte Usa, elementi di politica interna: Biden vi vede un’occasione per recuperare frazioni della credibilità perduta con la rotta afghana e pure un modo per mostrarsi fermo con Putin – e in proiezione con Xi – e per potersi poi fregiare della salvaguardia della pace.
L’invio di una risposta scritta di Usa e Nato alla richiesta della Russia di garanzie di sicurezza è, indipendentemente dai contenuti, che ancora non sono noti, un atto negoziale e un gesto che fa proseguire la trattativa. Antony Blinken e Serguiei Lavrov progettano un nuovo contatto, anche se Mosca mette le mani avanti, dicendo che non c’è a priori “margine di ottimismo” verso un’intesa: Usa e Nato non intendono impegnarsi a tenere l’Ucraina fuori dall’Alleanza.
Per alcuni, la tregua negoziale è solo funzionale agli interessi contingenti russi e cinesi. Il generale Ben Hodges, comandante delle Forze Usa in Europa dal 2014 al 2018, oggi analista del Center for European Policy Analysis, ipotizza che Putin si faccia scrupolo di non compromettere le Olimpiadi di Xi – i giochi invernali in programma a Pechino dal 4 al 20 febbraio – e rimandi l’azione a fine febbraio.
Probabilmente, è una leggenda metropolitana. Ma è un fatto che la Cina spalleggia la Russia, di cui definisce “ragionevoli” le preoccupazioni di sicurezza – il ministro degli Esteri cinese Wang Yi ne ha parlato con Blinken -. Dalla sua cattedra di relazioni internazionali, Pechino invita “tutte le parti” a spogliarsi della mentalità da Guerra Fredda e a negoziare un meccanismo di sicurezza europeo “equilibrato, efficace e sostenibile”; e ritiene che “per risolvere” la crisi ucraina sia necessario “tornare ancora agli accordi di Minsk” del 2015, approvati dal Consiglio di Sicurezza dell’Onu.
A Blinken, Wang dice che la sicurezza d’un Paese “non può andare a scapito di quella di altri” e che “non si può garantire la sicurezza regionale rafforzando o addirittura espandendo blocchi militari”. Pechino chiede a Biden e a Putin “di mantenere la calma e di astenersi dallo stimolare la tensione”.
Fronte turco, Putin ha ieri accettato l’invito di Erdogan a recarsi ad Ankara, anche se la visita – nota il Cremlino – avverrà “quando glielo permetteranno gli impegni e la situazione della pandemia” e comunque dopo l’inaugurazione delle Olimpiadi di Pechino – Putin ci sarà -. Erdogan ha in agenda di recarsi in Ucraina all’inizio di febbraio e di incontrarvi il presidente Volodymyr Zelensky.
Il capo di Stato turco intende espressamente mediare tra Mosca e Kiev. In un’intervista televisiva, dice che “la Turchia vuole che le tensioni tra Russia e Ucraina si risolvano prima che di trasformarsi in una crisi”. Erdogan cura i rapporti sia con Zelensky che con Putin sebbene la Russia non gradisca la vendita all’Ucraina di droni turchi utilizzati nella regione del Donbass; e nel contempo resta pienamente “atlantico”, assicurando “il rispetto degli impegni come alleato Nato”.
“Il nostro desiderio – dice – è trovare una soluzione allo stallo ucraino attraverso dialogo e diplomazia: continuiamo a credere che sia possibile”. A tale scopo, “è essenziale che la Nato mantenga una posizione comune”. Per il leader turco, alcune delle pretese di Mosca rispetto a Kiev sono “inaccettabili”, altre sono magari comprensibili. Condizione per parlarne è che la Russia non conduca alcun “attacco militare” o “occupazione” dell’Ucraina: “Non sarebbe saggio”.