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Usa: 6 gennaio, un anno dopo tutti i guai giudiziari di Donald Trump

Scritto per il blog de Il fatto Quotidiano e pubblicato il 10/01/2022 https://www.ilfattoquotidiano.it/2022/01/09/trump-e-i-guai-giudiziari-da-capitol-hill-allazienda-di-famiglia-tutti-i-suoi-casi-al-vaglio/6446378/

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Ecco una mappa delle inchieste in corso su quanto avvenne il 6 gennaio 2021 e sui comportamenti di Trump presidente e imprenditore. Il magnate s’è finora sottratto a qualsiasi richiesta, politica o giudiziaria, di essere interrogato, adducendo i cosiddetti ‘privilegi dell’Esecutivo’. Corti federali hanno a diverse riprese sancito il diritto del Congresso di acquisire documenti che lo riguardino, come anche le sue dichiarazioni dei redditi tenute sempre segrete. Ma, di appello in appello, l’ex presidente porterà i casi alla Corte Suprema.

La Commissione d’inchiesta della Camera – La Commissione ha acquisito materiale e ascoltato testimonianze e ha già denunciato per oltraggio alla Corte, per non essersi presentati a deporre, Steve Bannon, l’ex guru di Trump, che è pure stato arrestato e poi rimesso in libertà su cauzione, e l’ex capo dello staff della Casa Bianca Mark Meadows, che rischia di fare lo stesso percorso. Analoga la posizione dell’amico e consigliere di Trump, George Stone, che ha già stato in carcere per non tradire l’ex presidente, di Alex Jones, un conduttore radio, e dei deputati della Pennsylvania Scott Perry e dell’Ohio Jim Jordan, oltre che di altri personaggi coinvolti nel tentativo d’insurrezione, come il colonnello in congedo Phil Wardon.

Al vaglio anche l’operato di quanti stavano al centro di comando della sommossa all’Hotel Willard, fra cui John Eastman, che elaborò un piano per impedire a Biden di assumere la presidenza, e Bernard Kerik, un ex capo della polizia di New York, che indagò sui brogli senza trovarne. Sotto esame pure l’attività potenzialmente insurrezionale dell’avvocatessa Sidney Powell, una delle figure di spicco della raccolta di fondi per rovesciare l’esito delle elezioni: i rapporti di Powell con Trump sono stati altalenanti, ora buoni, ora conflittuali.

Dal materiale fornito alla Commissione da Meadows, che in un primo tempo s’era detto disponibile a collaborare, risulta che, il 6 gennaio, il capo dello staff della Casa Bianca ricevette chat ed sms da diversi esponenti della destra più vicina a Trump: tutti sollecitavano il presidente e i suoi consiglieri a fermare l’attacco al Congresso. A Meadows scrisse pure Donald jr, figlio maggiore del presidente, mentre Ivanka, la ‘prima figlia’, la più influente della famiglia, invitò di persona il padre, col marito Jared Kushner, a fare qualcosa.

Tutti si rendevano conto della gravità di quanto stava accadendo. Tutti tranne Trump, che ne pareva compiaciuto, e Meadows, che fece quello che sa fare meglio: niente. Come – dice – non aveva fatto nulla quando, giorni prima, aveva ricevuto dal colonnello Wardon un piano per un colpo di stato: proclamare lo stato d’emergenza nazionale, esautorare il Congresso, congelare il risultato del voto e garantire la permanenza al potere di Trump.

Quel piano, Meadows lo ha dato alla Commissione congressuale: sostiene di non averne informato Trump e di non avere neppure allertato i servizi di sicurezza. Wardon, un texano, è una delle voci più attive della campagna ‘Stop the Steal’, ‘Stop al furto’: aveva mandato il suo piano ad alcuni senatori ‘trumpiani’ e ne aveva probabilmente informato Rudolph Giuliani, l’avvocato di Trump, che ha più volte citato le fantasiose tesi del colonnello cercando, senza alcun successo, d’ottenere l’avallo dei tribunali dell’Unione alle accuse di brogli. Wardon sostiene che Paesi come Cina e Venezuela avevano acquisito il controllo delle infrastrutture elettorali in gran parte degli Stati Usa.

Chat ed sms dimostrano che molti dei ‘trumpiani’ avevano quindi capito la delicatezza della partita che si giocava quel giorno. Trump solo tardivamente fece una dichiarazione che non suonò, però, una presa di distanza dall’assalto al Campidoglio, ma piuttosto un “Grazie!, ragazzi. Avete fatto la vostra parte. Ora, tornate a casa”.

La magistratura ordinaria – Gli inquirenti hanno indagato e i giudici hanno già processato decine di gruppi e di individui protagonisti dell’attacco al Campidoglio: decine le condanne pronunciate. Uno dei membri dei Proud Boys, una gang di estrema destra, Matthew Greene, s’è riconosciuto colpevole di cospirazione. Robert Palmer, che fra l’altro lanciò un estintore contro la polizia, è stato condannato a oltre cinque anni di prigione, la pena più severa finora comminata. Jacob Chansley, lo sciamano di QAnon, la figura più fotografata quel giorno, è stato condannato a 41 mesi: s’è detto colpevole di ostruzione all’attività del Congresso, ha collaborato con gli inquirenti e ha addotto problemi mentali per spiegare il suo comportamento.

L’inchiesta di New York sulla Trump Organization – Il procuratore di New York, Letitia James, che da oltre due anni spulcia i conti dei Trump, cercando le prove di frodi ed evasioni fiscali, vuole acquisire ulteriori documenti e interrogare il magnate ex presidente e i due suoi figli maggiori, Donald jr e Ivanka, per verificare se la Trump Organization, la holding di famiglia, abbia davvero alterato il valore dei suoi beni a fini fiscali.

Trump contesta il mandato di comparizione e ha denunciato la James per avere violato i suoi diritti costituzionali. Sarà più difficile per i figli sottrarsi al confronto.

 

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Giampiero Gramaglia, nato a Saluzzo (Cn) nel 1950, è un noto giornalista italiano. Svolge questa professione dal 1972, ha lavorato all'ANSA per ben trent'anni e attualmente continua a scrivere articoli per diverse testate giornalistiche. Puoi rimanere connesso con Giampiero Gramaglia su Twitter

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