L’ordine regna ad Almaty, ma il bilancio della repressione delle proteste inscenate, in settimana, nella città più popolosa del Kazakistan e nella capitale Nur-Sultan, la ex Astana, è drammatico: media locali, che citano fonti ufficiali, parlano di 164 vittime, 103 solo nei disordini ad Almaty; ed il Ministero dell’Interno comunica che 5.135 persone sono state arrestate e sono tuttora detenute.
Cifre che non possono essere verificate in modo indipendente, ma che sono molto superiori a quelle finora diffuse: le autorità avevano ammesso il decesso di 26 manifestanti e di 16 membri delle forze di sicurezza.
Un’operazione anti-terrorismo è in corso “per ristabilire l’ordine nel Paese”, dice il ministro dell’Interno Erlan Tourgoumbaiev, nonostante la situazione sia ufficialmente “stabilizzata ovunque”. Giornalisti di media occidentali presenti ad Almaty riferiscono di colpi di arma da fuoco sparati in aria da agenti e militari che presidiano la piazza centrale e la mantengono deserta.
Il governo calcola che i danni economici causati da proteste e violenze ammontano a 175 milioni d’euro, con oltre 100 filiali di banche saccheggiate e 400 veicoli distrutti. Ieri, vari supermercati hanno riaperto, consentendo alla popolazione di fare la spesa dopo giorni di emergenza. Oggi, sull’aeroporto di Almaty dovrebbe riprendere il traffico civile. Domani, ci sarà una giornata di lutto per le vittime degli scontri.
In settimana, il presidente Kassym-Jomart Tokayev dovrebbe presentare un nuovo governo, dopo avere rimosso giorni fa quello guidato da Aksar Mamin. La composizione del nuovo esecutivo dovrebbe fare capire se l’eredità e l’influenza di Nursultan Nazarbayev, rimasto al potere per quasi trent’anni, fino al 2019, pesano ancora o se il regime ha imboccato una nuova strada.
Non è infatti chiaro che cosa sia veramente successo in questi giorni: manifestazioni inizialmente pacifiche contro il forte aumento dei prezzi dei prodotti energetici si siano improvvisamente trasformate in attacchi apparentemente ben organizzati contro i palazzi del potere ad Almaty. Non si esclude che, alle proteste di giovani e lavoratori stanchi di un sistema autocratico e corrotto, si siano intrecciate o sovrapposte frange mosse da motivazioni ben diverse, come l’estremismo islamico, o anche pezzi dello Stato intenzionati ad eliminare quel che resta del potere di Nazarbayev.
Accanto alla crisi ucraina, la situazione in Kazakistan potrebbe essere uno dei temi dell’incontro, oggi, a Ginevra, tra Usa e Russia, anche se Mosca nega la disponibilità a farlo.
Alla situazione in Kazakistan, ha ieri fatto cenno all’Angelus Papa Francesco, auspicando che “si ritrovi al più presto l’armonia sociale, ricercando il dialogo, la giustizia e il bene comune“: “Affido il popolo kazako alla protezione della Madonna Regina della Pace di Oziornoje”, santuario a Nord di Nur-Sultan.
L’Unione europea è rimasta finora discreta: c’è stata una telefonata del ‘ministro degli Esteri Ue Josep Borrell al ministro degli Esteri kazako, Mukhtar Tileuberdi: “Sosteniamo la riduzione dell’escalation e la stabilità, è importante garantire diritti e sicurezza della popolazione civile”.
La Farnesina sconsiglia “i viaggi non essenziali” in Kazakistan: “l’Italia – afferma una nota – continua a seguire con preoccupazione gli eventi” e “rinnova l’appello perché cessi l’uso della forza nel Paese”. L’Ambasciata d’Italia a Nur-Sultan è operativa ed “è in contatto con i cittadini italiani e le aziende presenti nel Paese per fornire loro ogni possibile assistenza”.