Svolta in Kazakistan: la violenta insurrezione popolare innescata dall’aumento dei costi dell’energia pare sotto controllo, con l’ordine impartito dal presidente Tokayev di sparare contro i manifestanti e con l’arrivo di 2500/3000 soldati russi e dei Paesi dell’ex Urss alleati; ma emergono elementi che fanno pensare a uno scontro ai vertici del regime. Lo pensa anche Moscow Times, che titola così un punto della situazione: “Conflitti nell’élite”.
L’ex capo dell’intelligence del Kazakistan Karim Masimov, un ex primo ministro, da sempre vicino alleato all’ex leader kazako Nursultan Nazarbayev, è stato arrestato con l’accusa di alto tradimento. E’ il primo provvedimento coercitivo preso contro un alto funzionario dell’ex repubblica sovietica dell’Asia centrale, nella crisi in atto.
Tuttavia, il presidente Kassym-Jomart Tokayev lo aveva già rimosso dall’incarico, dopo l’inizio delle proteste, come aveva rimosso Nazarbayev da presidente del Consiglio di Sicurezza nazionale. Il presidente, pur designato alla successione dallo stesso Nazarbayev, sembra dunque cogliere l’occasione delle proteste per smarcarsi dal suo predecessore, una cui statua è stata abbattuta, all’avvio della rivolta, dai manifestanti ad Almaty.
L’arresto di Masimov è avvenuto giovedì scorso, ma se ne è avuta conferma solo ieri. Le proteste e l’intervento delle forze dell’ordine hanno finora fatto un numero di vittime imprecisato: decine quelle ufficialmente riconosciute, fra cui 18 agenti o militari. Un corrispondente dell’Afp da Almaty segnala che la città sabato era tranquilla, anche se l’atmosfera restava tesa, con colpi d’avvertimento sparati dalle forze di sicurezza quando qialcuno s’avvicinava alla piazza centrale.
E’, però, di segno opposto la notizia che l’ex presidente Nazarbayev, per 29 anni, fino al 2019, l’indiscusso uomo forte kazako, è tuttora nella capitale, appoggia la repressione del governo e chiede alla popolazione di sostenerla. Nei giorni scorsi, s’era detto che Nazarbayev e la sua famiglia avevano raggiunto una loro residenza nel Golfo.
Secondo il suo portavoce Aidos Ukibay, Nazarbayev, 81 anni, mai visto in pubblico nella settimana, è in “contatto diretto” con il presidente Tukayev. Forse, l’ex leader, considerata la mala parata – era lui il bersaglio della rabbia popolare -, s’è rassegnato ad allinearsi dietro il suo successore, nell’intento di contribuire “a superare la crisi e a preservare l’unità del Paese”.
In contatto diretto con Tokayev, c’è di sicuro il presidente russo Vladimir Putin, che ieri ha avuto un altro “lungo colloquio” con il suo omologo kazako: i due condividono l’obiettivo di “ristabilire l’ordine” nel Paese, dopo le violenze senza precedenti degli ultimi giorni, anche per evitare il rischio di contagi delle proteste in Russia. I presidenti – si legge in una nota del Cremlino – intendono rimanere in contatto “costante”: Tokayev e Putin paiono intendersela, ma il russo aveva sempre avuto buoni rapporti con Nazarbayev e Masimov.
Per gli analisti occidentali, la Russia di Putin sta cogliendo al balzo la vicenda kazaka per “mostrare i muscoli” come potenza in grado di proteggere i suoi alleati nella sua regione geo-politica: lo scrive Andrew Higgins sul New York Times. Mentre il Financial Times, in un articolo a più mani, ipotizza che Mosca stia consolidando la propria posizione, sui fronti ucraino e kazako, in vista del prossimo Vertice Usa – Russia a Ginevra a metà mese.
Si può leggere in tal senso la polemica del Ministero degli Esteri russo con il segretario di Stato Usa Antony Blinken, che avrebbe “tentato di fare lo spiritoso sui tragici fatti” kazaki e avrebbe schernito “la legittima risposta” militare data da alcuni Paesi ex Urss legati da un trattato di difesa collettiva. L’annuncio dell’invio di truppe, ufficialmente con funzioni di peacekeeping, cioè di stabilizzazione e mantenimento dell’ordine, era stato fatto da Nikol Pashinyan, premier dell’Armenia, presidente di turno dell’alleanza.
Blinken aveva detto che “una lezione della storia è che una volta che i russi sono a casa tua, è molto difficile convincerli ad andarsene”. Il Ministero degli Esteri russo gli ha così fatto il verso: “Quando gli americani sono a casa tua, è difficile rimanere vivi, non essere derubati o stuprati”, citando come esempi, tra gli altri, nativi americani, coreani, vietnamiti e siriani.