Le strade di Varsavia si colorano di rosso, un ammasso di manichini senza vita, gettati per terra in pozze di sangue. Così nella giornata di martedì 30 novembre alcuni attivisti per i diritti delle donne hanno manifestato in diverse strade e piazze della Polonia contro la proposta di legge di rendere l’aborto un crimine al pari dell’omicidio. Il disegno legislativo, discusso poi il giorno dopo in Parlamento, prevedeva dai 5 ai 25 anni di carcere per i colpevoli. Già dallo scorso anno in Polonia l’aborto è vietato salvo casi di stupro, incesto o se è a rischio la vita della donna.
Una proposta respinta persino dal partito di governo di destra Fis, guidato dal presidente del Consiglio Mateusz Morawiecki, che nella giornata di mercoledì 1 dicembre si è mostrato contrario alla legge, segnandone di fatto la bocciatura alla Camera.
“Sanno che sono misure sempre più impopolari anche nel loro elettorato” spiega così l’improvvisa rinuncia a un ulteriore giro di vite contro le donne Milosz Hodun, politologo del think tank Projekt Polska. A Repubblica, Hodun ricorda che con la legge già in vigore da quasi due anni “si è moltiplicato il numero di donne che vanno all’estero per subire un intervento, anche grazie al sostegno finanziario di alcuni governi come quello belga, olandese o svedese”.
Si parla anche di stabilire un registro centrale delle gravidanze, con cui il governo potrebbe quindi tracciare eventuali aborti clandestini. Secondo il Guardian, la misura potrebbe essere operativa già da gennaio 2022. Per il governo sarebbe una semplice misura di digitalizzazione e razionalizzazione dei dati, per i gruppi attivisti invece si tratta di una misura volta al totale controllo delle nascite in Polonia.
“L’idea è quella di verificare se la gravidanza iniziata si è conclusa con il parto” riferisce Natalia Broniarczyk, attivista del Aborcyjny Dream Team, al settimanale Gazeta Wyborcza, mentre il ministro della salute polacco Łukasz Szumowski smentisce: “Nessun registro delle gravidanze, il Governo sta solo effettuando un passaggio dai file cartacei a quelli digitali”.
Come riportato da Euronews, Marta Lempart, leader del movimento Women’s Strike, ha dichiarato “Questa è una guerra in piena regola contro le donne in Polonia”. Ed è proprio il suo movimento a guidare le proteste che hanno avuto luogo negli ultimi giorni a Varsavia e altrove di fronte agli edifici del governo.
Il clima in Polonia sull’aborto è tornato molto teso da inizio novembre, quando la storia di Izabela è diventata nota ai media nazionali. A settembre questa donna di 30 anni incinta di 22 settimane, di cui sappiamo solo il nome, è morta nell’ospedale di Pszczyna per uno shock settico dopo che i medici si erano rifiutati di rimuovere il feto, nonostante secondo l’avvocato della famiglia non ci fosse abbastanza liquido amniotico per garantirne la sopravvivenza.
Il Parlamento polacco ha quindi cassato la proposta di criminalizzazione dell’aborto, avanzata da una fondazione pro vita. Nel frattempo, però, dalla Camera Bassa è arrivato un primo via libera all’istituzione del ‘Superprocuratore’ che avrà il compito di scoraggiare aborti, divorzi e di disgregare le famiglie arcobaleno.
“E’ un super procuratore che attaccherà le donne, le coppie che vogliono divorziare, le famiglie lgbtq”, dichiara Hodun a Repubblica. “Comunque, l’Europa potrà contestarla sul piano della discriminazione e dei diritti umani, perché sarà una figura persecutoria. È un’altra invenzione spaventosa di questo governo liberticida“.
Residui News, Matteo Maiorano, Mario Monopoli, Alessandro Piccione, Linda Portoghese, Alessia Saracino, Daniele Valentino