In Messico le donne hanno paura. A Ciudad Juarez soprattutto. Nel Paese continua ad aumentare un fenomeno già molto conosciuto nell’America Latina: la violenza contro le donne. Infatti, come riporta Diario de Mexico quest’anno il paese è stato teatro di 840 femminicidi. Il problema, purtroppo, non si ferma al Messico ma riguarda l’intera America Latina. Infatti, secondo l’Osservatorio della Cepal (Commissione economica per l’America Latina e i Caraibi) sulla parità di genere l’America Latina conta 4000 femminicidi ogni anno.
Il caso messicano
Amnesty International (organizzazione non governativa impegnata nella difesa dei diritti umani) in un nuovo rapporto sui femminicidi (2020) in Messico ha denunciato la mancanza d’azione giudiziaria e la negligenza delle autorità. I filoni d’indagine non vengono eseguiti dalle autorità competenti e questo non aiuta a far emergere il problema né a contrastarlo.
Nel 2020 sono state assassinate 3723 donne negli Stati federati del Messico. Amnesty chiede alle autorità federali e statali messicane di dare massima priorità al contrasto della violenza contro le donne. Finché non ci saranno indagini adeguate alla questione risulterà difficile contrastare il problema
La vicenda di Ciudad Juarez
C’è una città che per antonomasia è vittima e carnefice: Ciudad Juarez, (Messico del Nord), un territorio rinominato dai locali “cimitero delle donne”. Si tratta della città dove giovani provenienti da famiglie in difficoltà vengono frequentemente rapite, torturate, violentate e uccise.
Queste donne di età compresa tra i 15 e 25 anni si trasferiscono a Ciudad Juarez principalmente per trovare lavoro nelle industrie di montaggio e di tessuti, ma, purtroppo, finiscono in giri di sfruttamento. Molte di loro spariscono per sempre sulla strada verso casa.
I loro corpi barbaramente mutilati vengono poi nascosti e sotterrati nel deserto di Campo Algodonero dove ci sono già centinaia di tombe con croci rosa, alcune senza nome, simbolo delle donne uccise per mano degli uomini.
Le istituzioni cercano di insabbiare i dati relativi a questi femminicidi, le donne messicane protestano al grido di “No más feminicidios!”.
Proprio a Ciudad Juarez, la città ‘che uccide le donne’ è stata assassinata l’attivista Isabel Cabanillas con uno sparo al petto in mezzo alla strada.
Isabel era un’attivista messicana per i diritti delle donne ed è morta il 17 gennaio 2020. La sua storia, ancora oggi molto attuale poiché è scomparsa insieme alla propria idea di giustizia e libertà. È stata uccisa in quanto attivista, in quanto donna che ha lottato con coraggio per difendere i propri diritti e quelli di tutte le donne.
Una questione che merita più attenzione
Già nell’aprile scorso, la Rete Nazionale di Rifugi in Messico ha segnalato un aumento del 60% delle denunce da parte di donne vittime di violenza. In Cile, il Ministero delle Donne e dell’Uguaglianza di Genere riporta un aumento del 70% delle denunce di violenza di genere nel Paese. L’Istituto nazionale delle Donne dell’Uruguay (Inmujeres) riporta un dato molto simile: 80% in più di chiamate per consultare e denunciare situazioni di violenza nei confronti delle donne.
Il movimento Planeta Ella e la Rete latinoamericana contro la violenza di genere hanno dichiarato nello stesso anno l’emergenza femmicidi in America Latina.
La notizia degli eccidi contro le donne a Ciudad Juárez iniziò a circolare già dal 2000 grazie all’inchiesta-denuncia di un giornalista coraggioso Sergio González Rodríguez, che indagò su questi orribili misfatti scrivendo un libro dal titolo Ossa nel deserto, dal quale si evince uno scenario davvero raccapricciante.
Nel tentativo di dare un’identità ai responsabili degli omicidi, si pone l’accento su una possibile “confraternita del crimine”, ben organizzata e dedita a compiere questa particolare forma di omicidio a sfondo sessuale con il placet di organi dello Stato e dei narcos.
Ciudad Juárez è una città di frontiera dove confluiscono diversi elementi che provocano un clima di grande instabilità sociale. Tra l’alto tasso di povertà, i flussi migratori verso gli Usa, la mancanza di un sistema sanitario efficiente, il flusso continuo e organizzato di delinquenti e turismo sessuale da entrambi i lati della frontiera, rende questa città il luogo perfetto per svalutare l’essere donna.
Sugli assassinii di Ciudad Juarez sono stati scritti molti libri ed è stato prodotto anche un film. Tuttavia, tutto questo non è bastato a far emergere i responsabili torturatori o a rendere più chiare le dinamiche all’origine dell’orrore. Fino adesso solo croci rosa per ricordare le vittime e insabbiare le colpe.
Helios Journal, Beatriz Bajo, Lubna Boulahia, Aurora Compagnone, Claudia Innocenti, Noemi Rapello