Nel Regno Unito essere disabili in tv significa esserlo due volte. Il 19% della popolazione britannica in età lavorativa ha una disabilità. Ma su 14 milioni di persone disabili, solo 1,2 milioni appaiono in televisione, appena il 7%.
Una nuova ricerca del Sir Lenny Henry Centre for Media Diversity (LHC), riportata da Sky News, ha rilevato che l’80% delle persone con disabilità che lavorano nella televisione britannica ritiene che la loro condizione abbia influenzato negativamente la propria carriera. E il 77% pensa che le possibilità di promozione siano limitate dai pregiudizi dei loro superiori.
Quando i riflettori si spengono, infatti, le differenze si accentuano: lo raccontano alcuni professionisti con disabilità al Guardian.
“La TV ha la responsabilità di educare il grande pubblico. Ma come può farlo quando le persone al vertice hanno poca o nessuna esperienza vissuta dell’essere disabili?”, dichiara un conduttore tv anonimo. L’uomo racconta delle domande invasive e delle difficoltà che ha affrontato da quando ha fatto il suo ingresso nel mondo dell’infotaiment: ha evitato di mangiare e bere durante le ore lavorative per paura di doversi recare in bagno in set in cui non esistono strutture accessibili; un regista una volta gli chiese se avesse mai fatto sesso con la sua tutor; e la sua voglia di competere si è trasformata in frustrazione quando un produttore esecutivo gli disse “Non preoccuparti, avremo sempre bisogno di ‘sedie a rotelle’ in Tv”.
Questa testimonianza è confermata dal rapporto Career Routes and Barriers for Disabled People in the UK Tv Industry, dell’LHC, fatto da Kate Ansell, giornalista e produttrice esecutiva con disabilità che da oltre 20 anni lavora per le principali emittenti, tra cui Bbc e Channel 4.
Nella relazione si legge che più della metà degli intervistati dichiara che “gli atteggiamenti dei colleghi nei confronti dei lavoratori disabili e la mancanza di comprensione da parte del datore di lavoro sui loro diritti legali erano le barriere più comuni per i professionisti con disabilità del settore televisivo”.
Così il presentatore, a causa di questi disagi, finisce per diventare egli stesso una forma di spettacolo per i colleghi. La Bbc, in un servizio del 23 agosto, ha raccolto la denuncia di Jack Thorne, scrittore e sceneggiatore pluripremiato ai Bafta TV Awards. Secondo Thorne “la Tv ha deluso le persone disabili. Assolutamente e totalmente”, definendo la disabilità “diversità dimenticata, che tutti lasciano fuori dai discorsi pubblici”. Thorne chiede più attenzione nel casting per i ruoli che rappresentano la disabilità e fa riferimento al film Usa del 2020 Come As You Are, dove il casting avrebbe potuto essere più realistico: “Nessuno dei tre personaggi è stato interpretato da attori disabili. Qualcosa di così delicato e non sono riusciti a trovare attori disabili per interpretare i ruoli?”.
A tal proposito, il rapporto suggerisce l’introduzione di alcune modifiche atte a tutelare i lavoratori disabili in Tv. Tra questi cambiamenti ci sono: la creazione di un sistema nell’industria televisiva che soddisfi i bisogni delle persone con disabilità, una revisione della legge sulle pari opportunità nell’ambito lavorativo e incentivi alle assunzioni di lavoratori disabili. Sempre al Guardian, un attore, ricorda in forma anonima il dietro le quinte dei suoi 20 anni di carriera: racconta di quando un dirigente televisivo si rifiutò di mandare in onda uno spot in cui aveva recitato, perché non doveva esserci “Nessuna sedia a rotelle a Natale”. Questa discriminazione sistematica, secondo l’attore, ha fatto sì che colleghi meno meritevoli abbiano fatto più strada. A dimostrazione di come con la sedia a rotelle non si fa fatica solo sul marciapiede, ma anche sulla via del successo.
CorisLeaks, Luigi Calligari, Benedetta D’Aurelio, Alfredo Sprovieri, Salvo Stuto, Lorenzo Urbani