La Corte d’Appello del Botswana ha riconosciuto i diritti degli omosessuali stabilendo che la criminalizzazione delle relazioni omosessuali è una violazione dei diritti costituzionali quali la dignità e la libertà personale, la privacy e l’uguaglianza. La sentenza definitiva, emessa il 29 novembre 2021, ribalta una legge emanata in epoca coloniale che puniva le relazioni omosessuali, con pene fino a sette anni di carcere per i trasgressori.
Entrando nel merito della sentenza, un collegio di cinque giudici ha rilevato che le disposizioni del Codice penale [articoli 164 (a) e 164 (c)] violavano il diritto alla privacy, il diritto alla sicurezza delle persone e l’uguale protezione nonché il diritto alla libertà dalla discriminazione, come riportato sul The Botswana Gazette.
Il giudice Ian Kirby ha inoltre dichiarato che si tratta di un passo necessario per la società poiché i cittadini omosessuali sono stati costretti a vivere a lungo nella “costante paura della scoperta o dell’arresto”, quando volevano semplicemente esprimere “amore per i loro partner”. Questa condizione di clandestinità ha portato a volte queste persone a “depressione, comportamento suicida, alcolismo o abuso di sostanze”, ha detto il giudice Kirby.
Questo passo in avanti arriva, in realtà, dopo una serie di battaglie portate avanti dalla comunità LGBTQIA+ negli ultimi anni. Nel 2016, infatti, la Corte d’Appello del Botswana aveva già dichiarato incostituzionale il mancato riconoscimento da parte del governo dell’associazione LeGaBiBo (Lesbiche e Gay del Botswana). L’anno successivo, inoltre, l’Alta Corte aveva riconosciuto a un’attivista transgender il diritto a cambiare legalmente il genere sui propri documenti.
L’amministratore delegato di LeGaBiBo, Thato Moruti, ha accolto con favore la decisione della Corte d’Appello dichiarando che “oggi è un giorno importante nella storia. Abbiamo ottenuto una vittoria per il riconoscimento della libertà, della privacy e della dignità delle persone LGBTQIA+ in Botswana”.
Questa decisione rappresenta un’opportunità per una maggiore educazione civica e sociale e per accrescere la consapevolezza sulle questioni LGBTQIA+ non solo nel Botswana, ma nell’intera Africa. In Ghana il Parlamento sta discutendo un disegno di legge anti LGBTQIA+ che, se approvato, introdurrebbe nuove discriminazioni contro le minoranze appartenenti alla comunità. Il provvedimento includerebbe la criminalizzazione della difesa LGBTQIA+, l’obbligo di denunciare i “sospetti” e imporrebbe pene detentive più lunghe.
La sentenza della Corte d’Appello del Botswana rappresenta, quindi, una vittoria importante non solo per gli attivisti LGBTQIA+ del Paese ma per tutta l’Africa. Il Paese africano, dopo questa decisione, è diventato il sesto stato africano ad aver depenalizzato l’omosessualità come riporta l’Independent Online. Degli oltre cinquanta stati del continente, infatti, solo Angola, Lesotho, Mozambico, Seychelles e Sudafrica (che dal 2006 ha legalizzato i matrimoni omosessuali) avevano preceduto il Botswana nel riconoscimento di pari diritti.
In un continente ancora poco inclusivo per i membri della comunità LGBTQIA+, la decisione del Botswana è un segnale di speranza.
The Sapienza Post, Federico Morra, Annachiara Mottola di Amato, Giulia Pallocci, Maria Cristina Strazzullo