Un viaggio verso un futuro migliore, ammassati nei cassoni di due camion che viaggiano attraverso lo Stato del Veracruz, in Messico. È la condizione di 600 migranti, che nella giornata di venerdì 19 novembre sono stati fermati dalle autorità messicane, secondo quanto riportato dall’Istituto nazionale per le migrazioni (Inm) del Messico. Così finisce il sogno americano di molti che sperano in una vita migliore di quella che si lasciano alle spalle.
I migranti sono stati trattenuti dalle autorità in un cortile recintato fino a quando gli agenti federali dell’immigrazione non sono stati in grado di intervenire e gestire la situazione.
“Erano più di 400” ha detto Tonatiuh Hernández Sarmiento, della Commissione per i diritti umani di Veracruz. “Alcuni erano molto sporchi, ricoperti di fango, immagino per le condizioni dei container. Un sovraffollamento”.
Spinti dallo stato di insicurezza e incertezza che sono costretti a vivere ogni giorno nei loro Paesi d’origine – quelli fermati a Veracruz erano di dodici nazionalità diverse, venivano da Guatemala, Honduras, Venezuela, Ecuador, ma anche India e Bangladesh – e dalla voglia di un futuro migliore altrove, i migranti sono disposti a pagare dei contrabbandieri per un viaggio di sola andata verso il confine americano. Tra loro ci sono anche bambini, donne incinte e malati, si legge sul Washington Post.
L’Inm ha affermato di aver avviato un processo, informando le agenzie di protezione dell’infanzia dei casi di minori non accompagnati, per poi decidere se rimandarli nei Paesi d’origine o dare loro l’opportunità di rimanere in Messico attraverso una procedura di regolarizzazione. Alcuni migranti che hanno ricevuto i documenti hanno riferito di essere stati fermati dalle autorità nel Nord del Messico e di essere stati riportati a Tapachula, a Sud, vicino al confine con il Guatemala.
“Ti danno un documento, ma solo per Tapachula“, ha detto Abel Louigens di Haiti. “Non puoi viaggiare per tutto il Messico, non puoi prendere un autobus per cercare lavoro. Ma nel Chiapas non c’è lavoro”. Molti continuano il viaggio clandestinamente, ma Abel si sarebbe stabilito ovunque avesse trovato lavoro in Messico e sarebbe entrato negli Stati Uniti solo legalmente. “Non posso rischiare che mi rimandino nel mio Paese“.
Giovedì 18 novembre a Washington i leader di Messico, Stati Uniti e Canada hanno discusso anche di immigrazione durante il summit del Nord America. Nonostante le promesse, i buoni propositi e le congratulazioni del presidente messicano Andrés Manuel López Obrador al piano del presidente americano Joe Biden di fornire la cittadinanza a 11 milioni di immigrati attualmente irregolari, i tre leader hanno evitato alcune questioni fondamentali.
Le politiche di rimpatrio e i programmi che obbligano i richiedenti asilo a rimanere in Messico finché la loro pratica non è stata espletata sono state volutamente evitate. Jen Psaki, addetta stampa della Casa Bianca, ha detto ai giornalisti che “gli attuali contenziosi impediscono di trattare di quegli specifici problemi”, ma che “il tema della migrazione rimarrà comunque centrale”.
La situazione alla frontiera richiederebbe una soluzione politica coordinata, che viene però continuamente. rimandata, mentre migliaia di persone mettono a rischio ogni giorno la propria vita.
Nel solo 2021, come riportato dalla Cnn, la Polizia di Confine statunitense ha registrato 557 morti, vittime del caldo o abbandonati dai contrabbandieri lungo le aree di confine tra il Texas e Messico, dove perdersi può significare morire di disidratazione. Il sogno di una libertà, che spesso si trasforma in un incubo dal quale è sempre più difficile svegliarsi.
Residui News, Matteo Maiorano, Mario Monopoli, Alessandro Piccione, Linda Portoghese, Alessia Saracino, Daniele Valentino.