Pingu è il nome che i soccorritori hanno dato al pinguino avvistato sulla costa sud-est della Nuova Zelanda. L’animale appartiene alla specie di Adelia, la più diffusa in Antartide. Disidratato e sottopeso, pare si sia allontanato di almeno 3.000 chilometri dal suo habitat naturale.
La vicenda di Pingu ha generato curiosità e preoccupazione: sarebbe un chiaro effetto del riscaldamento globale, al centro del dibattito dell’ultima Conferenza delle Nazioni Uniti tenutasi a Glasgow negli scorsi giorni, la Cop26.
Sul New Zeland Herald, si legge che il Paese ha adottato una legge che obbliga tutte le società quotate e le grandi istituzioni finanziarie a riferire sui rischi legati al clima ad esse connessi.
Pingu, però, non è l’unico animale simbolo della crisi climatica in Oceania. Spostandosi in Australia, ad esempio, la ‘femminilizzazione’ delle tartarughe sembra essere un altro forte segnale di rischio.
Secondo quanto riportato sul Daily Telegraph australiano, il WWF-Au ha affermato che temperature più elevate, legate a un clima caldo, stanno riducendo la possibilità di riproduzione di tartarughe al largo dell’isola di Heron, nel Queensland. “Negli ultimi decenni le tartarughe che escono dalle uova sull’isola di Raine nella Grande Barriera Corallina settentrionale sono al 99% femmine“, affermano i ricercatori.
Il deputato liberale australiano Jason Falinski si mostra, però, fiducioso. Su Sky News Australia afferma: “È la cosa più semplice al mondo, per noi, migliorare i nostri obiettivi 2030, perché siamo già al di sopra di quelli che ci eravamo prefissati a Parigi“.
Il ‘Continente Nuovissimo’ sta facendo sentire la propria voce anche nel resto del mondo. Il Matanga Tonga, infatti, riporta le dichiarazioni dell’alta commissaria di Tonga per il Regno Unito, Fanetupouvava’u Tu’ivakano, secondo la quale “la sopravvivenza agli impatti del cambiamento climatico rappresentano un pericolo più urgente nelle Piccole Isole in via di sviluppo”.
Anche il primo ministro delle Figi Voreqe Bainimarama ha chiesto investimenti urgenti per la conservazione dei fondali marini. Al Fiji Sun ha dichiarato: “Per il bene delle nostre barriere coralline, dell’oceano e dell’abitabilità generale del pianeta, dobbiamo ridurre le emissioni di carbonio.”
Il Pacific Insurance and Climate Adaptation Program (Picap) del Fondo delle Nazioni Unite per lo sviluppo del capitale ha aiutato due giovani attivisti per il clima delle Figi, Adi Davila Talemaimaleya e Sophy Buinimasi, a partecipare alla COP26.
Al coro crescente di giovani che chiedono ai leader mondiali di fare di più per il clima, si unisce l’attivista samoana Brianna Fruean, secondo la quale, la lotta per fermare il catastrofico riscaldamento globale continuerà ben oltre la COP26.
L’impressione generale è che il prossimo passo nella lotta al riscaldamento globale consisterà in pressioni sui governi di tutto il Mondo e sulle istituzioni finanziarie.
Coris Express, Asia Bolognesi, Fabrizio Castellucci, Serafina Di Lascio, Maria Concetta Valente