Muhammad aveva nove anni quando scomparve e la famiglia non ebbe più sue notizie. Era il 2004. Il ragazzo si era allontanato dal villaggio di Al-Kafr Al-Jadid nel governatorato di Dakahlia in Egitto, e non fece più ritorno.
Le ricerche effettuate non avevano portato ad alcun risultato. 18 anni dopo, un post su Facebook attira l’attenzione di una vicina di casa: un giovane cerca la sua famiglia, dice di chiamarsi Muhammad Ibrahim Abdel Nabi, e di avere un fratello di nome Yasser.
“Il mio cuore ha iniziato a tremare” dichiara il padre ai microfoni di Al-Masry Al-Youm, giornale egiziano: “Ho sentito la speranza tornare dopo 18 anni di disperazione”.
Il giovane Muhammad, che per cause sconosciute nel frattempo aveva perso la vista, era finito ospite di una casa di cura per non vedenti nel governatorato di Kafr El-Sheikh, a soli 80 km da Dakahlia.
Appresa la notizia, il padre si è precipitato presso la struttura. “Avevo paura che non fosse lui, ma quando l’ho visto, ho sentito che era mio figlio. Ho riconosciuto una vecchia ferita sul viso”.
La casa di cura ha eseguito il test del Dna per verificare il legame di parentela. Il risultato non ha lasciato dubbi: i due sono padre e figlio.
Il dottor Wael Abdel Aziz, sottosegretario al Ministero della Solidarietà, si è personalmente recato nella struttura per non vedenti nel governatorato di Kafr El-Sheikh per completare le procedure per il rientro a casa di Muhammad. Inoltre, la Direzione della Solidarietà ha sostenuto integralmente il costo del test del Dna.
I media locali della città di Dakhalia sono ricchi di notizie su casi di criminalità che coinvolgono soggetti di giovane età. La vicenda della famiglia Nabi spicca, al contrario, per il suo lieto fine, a cui Facebook ha contribuito in modo significativo. “Se non fosse stato per il post”, conclude il padre di Muhamad, “ non ci saremmo più incontrati”.
The Coris Post, Amarilda Dhrami, Giulia Ippolito, Luca Liaci, Dajana Mrruku, Giordana Oddi