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Afghanistan: il drone che uccise i bambini e i talebani che litigano – Baradar ferito –

Scritto per Il Fatto Quotidiano del 16/09/2021

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L’ultimo missile sparato dai militari americani in Afghanistan, il 29 agosto, uccise 10 civili, fra cui sette ragazzi e bambini, e nessun terrorista: sono le agghiaccianti conclusioni cui l’intelligence statunitense è giunta, aggiornando rapporti già anticipati da Washington Post e New York Times. Quella domenica, un drone MQ-9 Reaper seguì per ore un’auto a Kabul e, quindi, la colpì con un missile nell’ipotesi che fosse carica d’esplosivo. Ma la vettura non era di terroristi dell’Isis, bensì di un dipendente di un’organizzazione umanitaria californiana, la cui abitazione, condivisa da quattro fratelli con le loro famiglie, era vicina a in covo di integralisti, a una decina di chilometri dall’aeroporto; e le ‘bombe’ che vi erano state caricate erano taniche di acqua. Il tragico equivoco fu innescato da una soffiata: stava per esserci un attentato con un’autobomba, una Toyota Corolla – lo stesso modello dell’auto colpita -.

Per giorni, i militari americani sostennero che esplosioni successive allo scoppio del missile provavano che l’auto era carica di ordigni. Ma le immagini pubblicate dal New York Times mostrano che vi fu una sola esplosione, quella del missile lanciato dal drone. Fra le vittime, anche due bambine di tre anni: “I militari lanciarono l’attacco che uccise dieci persone senza sapere chi stavano colpendo”, è la conclusione senza appello del New York Times: “Quell’auto non costituiva una minaccia per nessuno”. A essere annientata, fu buona parte della famiglia di Zemari Ahmadi, 43 anni, elettricista, dal 2006 alle dipendenze di un ente, che quel giorno aveva fatto vari tragitti con la sua vettura per lavoro, non per terrorismo.

A Kabul, dove sono ripresi i voli commerciali e umanitari, è ora di regolamenti di conti fra talebani, in particolare tra il vice-premier, il mullah Abdul Ghani Baradar, e il ministro dell’Interno Khalil ur-Rahman Haqqani – fra loro, ci sarebbe stata una lite furibonda a palazzo presidenziale, dice la Bbc: oggetto del contendere, il merito della vittoria e la ripartizione del potere -. Intanto, la Cia avverte che il ritorno di al Qaida in Afghanistan potrebbe avvenire presto: una smentita della tesi secondo cui la guerra sarebbe stata un successo dal punto di vista della lotta al terrorismo.

Che la leadership talebana non fosse coesa era noto ed è stato confermato dalle lungaggini nella formazione del governo e dalle sorprese al suo annuncio. Baradar, che doveva esserne il premier, non compare in pubblico da sette giorni e avrebbe lasciato Kabul per Kandahar, dove sarebbe ricoverato in ospedale, forse ferito nella lite con Haqqani. Lo dice su Twitter The Pashtun Times: sarebbe “sotto la protezione del Pakistan e nessuno lo può vedere. Voci della sua morte vengono invece smentite.

I talebani chiedono agli americani e agli occidentali di essere generosi con gli aiuti, dicono di stare per formare un esercito regolare e annunciano d’avere trovato 12 milioni di dollari in contanti e in lingotti nelle case d’esponenti del governo deposto: un segno di corruzione. Dalla Valle del Panshir, a nord di Kabul, vengono ancora segnali di resistenza.

Del ritorno in forze di al Qaida “in soli 12-24 mesi” ponendo “una significativa minaccia agli Usa” ha parlato il generale Scott Berrier, che guida l’intelligence della Difesa Usa, intervenendo l summit Intelligence & National Security. Nello stesso evento, David Cohen, vice-direttore della Cia, ha detto che “stiamo già cominciando a vedere alcune indicazioni di potenziali movimenti di Al-Qaida in Afghanistan … Ma sono i primi giorni e ovviamente teniamo gli occhi molto aperti”.

Indicazioni che contrastano con le affermazioni del segretario di Stato Antony Blinken, che, parlando alla Camera, ha detto che Al-Qaida e’ stata “significativamente degradata” dalla guerra in Afghanistan e ha perso la capacità di pianificare e condurre azioni esterne.

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gphttps://www.giampierogramaglia.eu
Giampiero Gramaglia, nato a Saluzzo (Cn) nel 1950, è un noto giornalista italiano. Svolge questa professione dal 1972, ha lavorato all'ANSA per ben trent'anni e attualmente continua a scrivere articoli per diverse testate giornalistiche. Puoi rimanere connesso con Giampiero Gramaglia su Twitter

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