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Afghanistan: Panshir, i talebani lo danno per preso, i ribelli negano

Scritto per Il Fatto Quotidiano dello 04/09/2021

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Notizie drammatiche, frammentarie, contraddittorie dalla valle del Panshir, poco a nord di Kabul, ultima sacca di resistenza anti-talebana in Afghanistan. I talebani sostengono di esservi penetrati e che i leader degli insorti, Ahmed Massoud e l’ex vice-presidente Amrullah Saleh, sono fuggiti, forse in Tagikistan. Il Fronte nazionale della resistenza, citato da media locali, smentisce la resa. Saleh nega la fuga in un audio-messaggio alla Bbc.

Dopo il fallimento dei negoziati intavolati nei giorni scorsi, i combattimenti nel Panshir sono ripresi, facendo numerose vittime: le milizie sotto il comando di Massoud, il figlio del ‘Leone del Panshir’ Ahmad Shah Massoud, protagonista della resistenza contro i sovietici prima e i talebani poi, si battono, ma non è chiaro se controllano ancora gli ingressi nella valle.

Saleh, l’ex vice del presidente fuggitivo Ashraf Ghani, accusa i talebani di “crimini di guerra”: “Hanno bloccato l’accesso degli aiuti umanitari, tagliato i collegamenti telefonici e l’elettricità e non permettono neppure l’arrivo di medicine”. Uomini del Panshir in età adulta verrebbero utilizzati come cavie nei campi minati, mandandoli avanti per individuare le mine a rischio di saltare in aria. Saleh chiede “alle Nazioni Unite e ai leader mondiali di prendere atto di questo chiaro comportamento criminale e terroristico”. L’ex presidente Hamid Karzai lancia un appello al dialogo forse segno che gli eventi hanno preso una brutta piega per gli insorti.

In attesa che oggi venga annunciato – è possibile, non certo – il nuovo governo, s’intrecciano voci che lo danno meno inclusivo del previsto: ne sarebbero esclusi tutti coloro che hanno collaborato con le forze d’occupazione e pure le donne. Ieri gruppi di donne hanno manifestato a Kabul e altrove, reclamando l’esercizio dei loro diritti, scuola e lavoro in primo luogo: erano decine, senza burqa, ma vestite nel rispetto della sharia.

In Qatar, dove si sono trasferite da Kabul alcune missioni diplomatiche occidentali, si negozia l’allestimento di corridoi umanitari e si tratta per assicurare l’uscita dall’Afghanistan a stranieri e afghani rimastivi bloccati dopo la fine del ponte aereo il 31 agosto.

Cruciale a tal fine sarà il ritorno in funzione dello scalo di Kabul. Un aereo del Qatar, con un team di tecnici, è già sceso sull’aeroporto per discutere “la ripresa delle operazioni”. E la Turchia deve decidere se e in che misura accettare la richiesta dei talebani di contribuire alla sicurezza e all’operatività dello scalo. Ieri, sono ripresi i voli interni dell’Ariana Afghan Airline, la più grande compagnia aerea afghana.

S’è intanto appreso che il kamikaze dell’Isis-K fattosi esplodere il 26 agosto all’aeroporto di Kabul, provocando 170 vittime, tra cui 13 militari Usa, era fuggito da una prigione afgana dopo il crollo del regime di Ghani.

Una maggioranza schiacciante di americani condivide la decisione del presidente Joe Biden di porre fine alla guerra in Afghanistan, ma non approva come il ritiro è stato gestito. Secondo un sondaggio di Washington Post e Abc News, il 78% degli intervistati approva l’uscita dall’Afghanistan, ma solo il 26% promuove Biden, mentre il 52% lo boccia. Per la prima volta nella sua presidenza, il rating del presidente è nettamente negativo: il 44% approva il suo lavoro, il 51% lo disapprova – a fine giugno, il 50% lo sosteneva e il 42% no -.

Cina e Russia confermano attenzione e prudenza, Per la Cina, l’ambasciata in Afghanistan, “normalmente operativa”, è “un importante canale per gli scambi tra i due Paesi”: “Speriamo – dice Pechino – che i talebani formino un governo aperto e inclusivo, perseguano una politica interna ed estera moderata e stabile e creino una rottura netta con ogni gruppo terroristico”. Il presidente russo Vladimir Putin, parlano a Vladivostok, diche la “la Russia non è interessata alla disintegrazione dell’Afghanistan … Prima i talebani si uniranno alla famiglia delle nazioni civili, più facile sarà contattarli, comunicare con loro e in qualche modo influenzarli e sollevare la necessità di osservare certe regole”.

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gphttps://giampierogramaglia.eu
Giampiero Gramaglia, nato a Saluzzo (Cn) nel 1950, è un noto giornalista italiano. Svolge questa professione dal 1972, ha lavorato all'ANSA per ben trent'anni e attualmente continua a scrivere articoli per diverse testate giornalistiche. Puoi rimanere connesso con Giampiero Gramaglia su Twitter

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