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Afghanistan: Biden volta pagina, “si apre una nuova era”

Scritto per Il Fatto Quotidiano dello 01/09/2021

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Per gli Stati Uniti, “si apre una nuova era”: per la prima volta da vent’anni, non sono in guerra. L’Afghanistan, invece, è risprofondato nell’era in cui viveva prima della a conti fatti inutile occupazione occidentale. Il presidente Usa Joe Biden ha parlato ieri sera al popolo americano, cercando di mettere in prospettiva gli eventi delle ultime tre settimane.

La buona notizia è che la più lunga guerra mai combattuta dagli Stati Uniti è finita: vent’anni meno un mese, centinaia di migliaia di afghani uccisi – insorti, ma pure molti civili, donne, bambini -, oltre tre mila americani e loro alleati caduti – più delle vittime dell’11 Settembre -, almeno 2.300 miliardi di dollari spesi (un migliaio solo in spese militari).

La cattiva notizia è che questo capitolo della storia militare Usa sarà probabilmente ricordato come “un colossale fallimento”, fatto di “promesse non mantenute” e chiuso in modo tragico, una rotta, non una ritirata: lo scrive l’Ap, la più grande agenzia di notizie al mondo, non un sito ‘trumpiano’ o ‘talebano’.

Completato il ritiro nel cuore della notte tra lunedì e martedì – ora afghana -, il presidente Biden, rivendica la decisione “di non estendere oltre il 31 agosto la nostra presenza in Afghanistan” e afferma che ora l’impegno Usa contro il terrorismo e per l’Afghanistan assumerà nuove forme.

Biden ha affermato: “Mettere fine alla missione di evacuazione come pianificato è stata raccomandazione unanime di tutti i comandanti dello Stato Maggiore e di quelli sul terreno”. L’obiettivo: “Proteggere le vite dei nostri soldati e garantire la prospettiva delle partenze dei civili che vogliano lasciare l’Afghanistan nelle prossime settimane e mesi”. Secondo alcuni stime, sarebbero almeno 100 mila gli afghani ‘lasciati indietro’ dalla caporetto occidentale.

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August 31, 2021 – Kabul, Afghanistan – Major General Chris Donahue, commander of the U.S. Army 82nd Airborne Division, XVIII Airborne Corps, boards an Air Force C-17 Globemaster III cargo plane as the last American soldier to leave Afghanistan at Hamid Karzai International Airport August 31, 2021 in Kabul, Afghanistan. Donahue is the final American service member to depart; his departure closes the U.S. mission to evacuate American citizens, Afghan Special Immigrant Visa applicants, and vulnerable Afghans. (Credit Image: © Msgt. Alex Burnett/U.S. Army via ZUMA Press Wire Service)

C’è chi vede il bicchiere mezzo pieno: sul Washington Post, Michael Leiter, già direttore dal 2007 al 2011 del centro nazionale Usa anti-terrorismo, sostiene, citando dati a suo dire “inconfutabili”, che il pericolo terroristico è stato ridimensionato dalla ‘lunga guerra’. Sarà vero. Ma non lascia tranquilli la ‘staffetta’ tra il generale Christopher Donahue, comandante la 82a Airborne Division, l’ultimo militare Usa a salire sull’ultimo C-17 al decollo da Kabul, e Amin-ul-Haq, ex responsabile della sicurezza di Osama bin Laden nel suo rifugio di Tora Bora, rientrato quasi contemporaneamente in Afghanistan.

Quanto alla presenza dell’Isis-K, la sequela di tragici eventi dell’ultima settimana ne è solida prova. Sul terreno ci sarebbero 2000 “irriducibili” miliziani del Califfato: una minaccia per l’Occidente, ma anche una spina nel fianco per i talebani, cui i terroristi rimproverano la trattativa con gli Usa.

Quando l’ultimo stormo di cargo ha superato le vette dell’Hindu Kush, Biden ha potuto affermare d’avere mantenuto la promessa di porre termine alla presenza in Afghanistan, una promessa tradita dai suoi predecessori. Ma la guerra non è stata vinta e le circostanze della fuga americana e occidentale stingono sul mandato del presidente, criticato da più parti.

210901 Afghanistan - talebani - aeroporto - Kabul
KABUL, Aug. 31, 2021 Taliban members are seen on a military vehicle at Kabul airport in Kabul, capital of Afghanistan, Aug. 31, 2021. The U.S. Central Command announced Monday that the withdrawal of U.S. troops from Afghanistan has completed. (Credit Image: © Saifurahman Safi/Xinhua via ZUMA Press)

In un editoriale, il Washington Post parla di “un disastro morale, attribuibile … agli errori, strategici e tattici, di Biden e della sua Amministrazione”. Fra le persone abbandonate, prosegue il quotidiano, “molti giornalisti locali che hanno lavorato per media sostenuti dagli Usa” e centinaia di docenti e studenti della American University of Afghanistan. Il giornale è scettico sulle promesse dei talebani di lasciar uscire tutte le persone che lo desiderano, ma chiede al presidente, se possiede le “leve significative” evocate dal segretario di Stato Antony Blinken, di “usarle inesorabilmente, finché ogni afghano che abbia una legittima rivendicazione non abbia trovato rifugio”.

Virulenti gli attacchi dei repubblicani, che ipotizzano iniziativa di impeachment contro il presidente o, in alternativa, contro Blinken e ignorano il fatto che la resa ai talebani sia stata firmata, a fine febbraio 2020, dall’allora presidente Donald Trump, senza coinvolgere nella decisione né il governo di Kabul né gli alleati della Nato.

Per il leader dei repubblicani alla Camera Kevin McCarthy, Biden “ha abbandonato degli americani alla merce’ dei terroristi”. Il senatore della Florida Rick Scott ha detto: “Non possiamo condurre guerre senza fine, ma l’ampiezza e le conseguenze del fallimento di Biden sono stupefacenti”.

Biden è criticato anche dalle organizzazioni umanitarie, come Amnesty International, che chiede conto dei dieci civili, fra cui dei bambini, uccisi domenica intercettando dei terroristi che volevano attaccare l’aeroporto, e di quelle animaliste – decine di cani militari sono stati lasciati a Kabul -.

Il presidente fa conto sulla risoluzione approvata dal Consiglio di Sicurezza dell’Onu, che chiede ai talebani di rispettare la libertà di movimento. La risoluzione è passata con Russia e Cina astenute.

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gphttps://www.giampierogramaglia.eu
Giampiero Gramaglia, nato a Saluzzo (Cn) nel 1950, è un noto giornalista italiano. Svolge questa professione dal 1972, ha lavorato all'ANSA per ben trent'anni e attualmente continua a scrivere articoli per diverse testate giornalistiche. Puoi rimanere connesso con Giampiero Gramaglia su Twitter

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