Gli attentati di Kabul, anticipati, ma non evitati, dall’intelligence statunitense, con i primi caduti Usa in Afghanistan dopo il ritorno al potere dei talebani, danno la stura a un’ondata di attacchi senza precedenti dei repubblicani contro il presidente Joe Biden, accusato di essere il responsabile, perché non avrebbe garantito la sicurezza dei militari e dei civili americani rimasti in Afghanistan. Anche i talebani scaricano la responsabilità dell’accaduto sugli Stati Uniti, pur essendo loro ora in controllo della città e del Paese.
Per seguire gli eventi, Biden si chiude nella ‘situation room’ col consiglio per la sicurezza nazionale, il segretario di Stato Antony Blinken e il segretario alla Difesa Lloyd Austin e cancella o fa slittare gli impegni di giornata, l’incontro coi governatori e la visita del premier israeliano Naftali Bennett. Partecipa al consulto il capo di Stato Maggiore della Difesa, generale Mark Milley.
Si valutano opzioni che vanno dalla conferma del completamento dell’evacuazione entro il 31 agosto a un’accelerazione dei tempi. Una reazione sul campo appare problematica: Kabul e l’Afghanistan sono ormai nelle mani dei talebani e individuare come obiettivi i militanti dell’Isis probabili autori della strage è estremamente difficile.
I repubblicani cavalcano lo scempio del ritiro dell’Afghanistan, tramutatosi in una rotta militare e politica, per chiedere le dimissioni di Biden e prospettare un procedimento di impeachment, ignorando che i presupposti di quanto sta accadendo li pose Donald Trump, negoziando una vera e propria resa con i talebani senza coinvolgere né il governo di Kabul né gli alleati.
Proprio Trump guida la carica anti-Biden: “Deve dimettersi”, dice. E chiosa: “Non dovrebbe essere un problema, visto che non è mai stato legittimamente eletto” – la sua fissa delle elezioni truccate -. Anche un deputato, Mike Garcia, chiede le dimissioni del presidente. Il senatore Lindsay Graham, un esperto di sicurezza, vorrebbe ripristinare il controllo della base di Bagram, tenuta dai talebani – sarebbe un bagno di sangue -.
Nikki Haley, ex rappresentante degli Usa di Trump all’Onu e una quotata potenziale candidata repubblicana a Usa 2024, è ironica: “Biden dovrebbe dimettersi, ma Kamala Harris – la sua vice, che diventerebbe presidente, ndr – è dieci volte peggio” (insomma, dalla padella nella brace).
Nelle ultime settimane, diversi esponenti del partito repubblicano hanno ipotizzato l’impeachment di Biden, soprattutto se i repubblicani riusciranno a riconquistare il controllo di una o di entrambi i rami del Congresso alle elezioni di midterm del novembre 2022, fra 15 mesi. Gli eventi dell’Afghanistan possono però indurli ad accelerare i tempi o, almeno, ad alzare i toni.
Secondo The Hill, il giornale degli insider della politica statunitense, in questi caotici giorni si stanno soppesando diverse opzioni: dall’ipotesi di una messa in stato di accusa del presidente, appunto l’impeachment, a quella della rimozione con il 25o emendamento della Costituzione, che stabilisce che il vice-presidente possa assumere i poteri in caso di incapacità del presidente in carica – se n’era parlato anche per Trump, nella fase finale del suo mandato, quando il magnate farneticava sulle elezioni truccate e sobillava i suoi sostenitori contro il Congresso e le istituzioni -.
“Penso che Biden dovrebbe essere messo sotto accusa e che questa sia la cosa più disonorevole che un ‘comandante in capo’ abbia fatto nei tempi moderni”, ha detto il senatore Graham a Newsmax.
Al di là delle chiacchiere strumentali dei repubblicani, destinate a rimanere tali, c’è la tragica gravità della situazione in Afghanistan. E un ex consigliere per la Sicurezza nazionale di Trump, il generale H.R.McMaster, che se ne andò in malo modo dalla Casa Bianca, non ha dubbi: l’attentato di Kabul “è solo l’inizio” ed è ciò che “succede quando ti arrendi a un’organizzazione terroristica”.
McMaster, che fu in carica fra il 20178 e il 2018, critica Biden per le modalità del ritiro, ma critica pure Trump che “si fece giocare dai talebani” con l’accordo di Doha del febbraio 2020 – proprio quella trattativa fu una delle ragioni della rottura tra il generale e il presidente, che in iun mandato cambiò ben quattro consiglieri per la sicurezza nazionale -.
Secondo McMaster, non ci sono sostanziali differenze fra i terroristi dell’Isis-K (branca afghana dello Stato Islamico), sospettati di essere all’origine delle esplosioni all’aeroporto, e i talebani: “E’ tempo di smettere d’illudersi che questi gruppi siano separati… Bisogna, invece, riconoscere che sono interconnessi”. Per McMaster, “stiamo assistendo alla creazione di uno Stato terrorista e jihadista in Afghanistan e tutti noi dovremop affrontare come conseguenza un rischio molto maggiore”.