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Afghanistan: G7, Biden risponde picche ai leader, Cia negozia con talebani

Scritto per Il Fatto Quotidiano del 25/08/2021

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Al Vertice del G7, Joe Biden tira fuori le unghie e tiene duro: non con i talebani, ormai padroni dell’Afghanistan; ma con gli altri leader dei Sette Grandi, che gli chiedono di estendere oltre il 31 agosto il termine per completare il ritiro dall’Afghanistan degli stranieri che vogliono andarsene e dei collaboratori di vent’anni di presenza militare e umanitaria internazionale.

Il no di Biden alla proroga della scadenza, che andrebbe comunque negoziata con i talebani, non coglie di sorpresa i partner: “Già irritati dalle modalità del ritiro – osserva l’AP -, gli alleati Usa devono di nuovo adeguarsi a una linea che non condividono”. C’è l’ipotesi di anticipare a settembre il Vertice del G20 in programma a ottobre, sotto la presidenza di turno italiana.

Il G7 traccia una ‘road map’: “La condizione numero uno – dice Boris Johnson, presidente di turno del video Vertice – è che i talebani garantiscano un corridoio sicuro” a tutti coloro che vogliono lasciare il Paese anche dopo il 31 agosto. Johnson dice di capire il no di Biden: sui talebani bisogna essere “realisti”; e il G7 dispone di “enorme leve” per cercare di condizionarli dopo il ritiro, anche nella formazione di un governo “inclusivo”, con donne ed esponenti delle minoranze etniche.

Comunque Biden chiede al Pentagono di preparare “piani di emergenza” per prolungare la presenza a Kabul, se dovesse essere necessario. Bisogna però parlarne con i talebani: il discorso è già avviato. Lunedì, il direttore della Cia William Burns ha avuto un incontro segreto con il leader talebano Abdul Ghani Baradar: il faccia a faccia a più alto livello tra le due parti da quando gli ‘studenti’ hanno riconquistato il potere in Afghanistan.

Il colloquio tra Burns e Baradar s’è svolto sullo sfondo degli sforzi in atto per evacuare quante più persone possibile entro il 31 agosto, mentre la situazione all’aeroporto di Kabul e intorno allo scalo va deteriorandosi. Incontrando il direttore della Cia, il leader talebano ha chiuso l’insolito cerchio della sua vicenda: catturato dalla Cia nel 2011 in Pakistan e consegnato alle autorità di Islamabad perché marcisse in prigione; poi, scarcerato su richiesta di Washington per diventare protagonista dei negoziati di Doha sul ritiro degli Occidentali culminati negli accordi di fine febbraio 2020; e, ora, leader in pectore del nuovo regime.

Anche il Vertice di ieri del G7 aveva qualcosa di paradossale: poco più di due mesi or sono, i leader dei Grandi si erano ritrovati di persona in Cornovaglia e avevano dedicato a mala pena un paragrafo dei loro discorsi all’Afghanistan, mescolando la soddisfazione di portare a casa i ‘ragazzi’ stazionati lì da vent’anni con qualche timore. Ieri, il clima era d’emergenza, causa il precipitare degli eventi con una rapidità imprevista.

Johnson ha aperto e chiuso i brevi lavori, un’ora e mezza in tutto. A turno, tutti i leader – per l’Italia c’era Mario Draghi – sono intervenuti: Biden, in sette minuti, ha respinto l’ipotesi di proroga avanzata fra gli altri da Johnson, dal presidente francese Emmanuel Macron e dall’Unione europea.

La riunione voleva delineare una cornice internazionale di una risposta coordinata alla crisi afghana in tre dimensioni: umanitaria, di sicurezza e politica. Al centro della discussione, il coordinamento delle evacuazioni degli stranieri e degli afghani in pericolo (gli ex collaboratori della missione Nato in primis) entro il 31 agosto e le misure da prendere per favorire la tutela dei civili e dei loro diritti nel Paese e l’accesso agli aiuti umanitari, in continuità con la dichiarazione dell’Onu il 16 agosto.

Nelle conclusioni si legge che i talebani saranno ritenuti responsabili delle loro azioni sul terrorismo e sui diritti umani, “in particolare quelli delle donne”: l’Afghanistan “non deve mai più diventare rifugio sicuro per il terrorismo e fonte di attacchi terroristici contro altri Paesi”.

Nel suo discorso, Draghi ha detto che l’Italia dirotterà sugli aiuti umanitari le risorse già destinate all’Afghanistan e ha insistito sulla necessità di mantenere contatti in Afghanistan e con i talebani dopo il 31 agosto. Draghi ha poi sottolineato che il G20 può contribuire a coinvolgere altri Paesi nella soluzione della crisi afghana, tra cui Cina, Russia, Turchia, Arabia saudita e India.

Sul fronte dell’immigrazione, Draghi ha constatato che finora non c’è stato un approccio comune e coordinato: per riuscirci, “dobbiamo compiere sforzi enormi”. Ursula von der Leyen, presidente della Commissione europea, ha detto che “il riconoscimento dei talebani non è ora in discussione”. Il presidente del Consiglio europeo Charles Michel ha rilevato la necessità di “garantire la sicurezza dell’aeroporto” di Kabul “per tutto il tempo necessario”. “La Nato – ha detto il segretario generale Jens Stoltenberg – si coordina per garantire un’evacuazione efficace. Bisogna anche assicurare insieme che i gruppi terroristici non abbiano spazio per operare liberamente in Afghanistan”. L’Onu ha espresso preoccupazione per le notizie di violenze, abusi e violazioni dei diritti.

Un obiettivo stimato concreto dal Pentagono è portare via altre 20 mila persone in settimana, usando basi di accoglienza dei profughi in Germania, Italia, Spagna. Escluse, al momento, operazioni fuori dall’aeroporto di Kabul o fuori città.

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gphttps://giampierogramaglia.eu
Giampiero Gramaglia, nato a Saluzzo (Cn) nel 1950, è un noto giornalista italiano. Svolge questa professione dal 1972, ha lavorato all'ANSA per ben trent'anni e attualmente continua a scrivere articoli per diverse testate giornalistiche. Puoi rimanere connesso con Giampiero Gramaglia su Twitter

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