La goccia che rischia di fare traboccare il vaso della pazienza degli ‘anti-armi’ è l’atto di clemenza del governatore del Missouri, il repubblicano Mike Parson, verso Mark McCloskey e sua moglie Patricia: la coppia era stata incriminata per avere ostentatamente puntato le loro armi – un mitra lui e una pistola lei – su un corteo di Black Lives Matter che sfilava davanti alla loro casa di St.Louis.
Il gesto, in piena campagna per le presidenziali 2020, valse ai McCloskey il biasimo dei progressisti e l’elogio dei ‘trumpiani’: il magnate presidente li invitò alla convention repubblicana; e Mark ora corre per il Senato degli Stati Uniti. In giugno, McCloskey s’erano riconosciuti colpevoli, patteggiando la rinuncia alle loro armi; ma mercoledì il governatore ha cancellato la loro condanna.
La vicenda, su cui il presidente Joe Biden è impotente a intervenire, irrita due componenti cruciali della coalizione progressista che gli ha dato la Casa Bianca: i neri, per la sfida al loro movimento, e i sostenitori di un giro di vite sul controllo delle armi, ulcerati dalla provocatoria esibizione. Familiari delle vittime e superstiti delle sparatorie che continuano a insanguinare gli Stati Uniti e attivisti ‘anti-armi’ portano allo scoperto – scrive, in un lungo e dettagliato servizio Politico.com – la loro frustrazione da tempo latente: il presidente – è la tesi – dovrebbe fare meglio, per mantenere le promesse elettorali.
D’altro canto, nello stesso campo democratico vi sono riserve sulle misure restrittive ipotizzate, tanto da mettere in forse la conferma di David Chipman, designato da Biden a guidare l’Ufficio dell’Alcol, del tabacco, delle armi da fuoco e degli esplosivi (Atf), che deve gestire il giro di vite.
Tutto s’è finora limitato a un gesto pressoché simbolico, quasi risibile: una stretta sulle ‘ghost guns’, cioè le pistole fatte in casa assemblando un kit fai da te, e sulle bretelle per fissare le armi al braccio e stabilizzarle. Nulla sui fucili d’assalto protagonisti delle stragi più gravi mai fatte in America.
Ogni anno, negli Usa, le armi da fuoco provocano la morte di almeno 40 mila persone. La nomina di Chipman, attivista del movimento che chiede maggiori controlli su pistole e fucili, vuole dare maggiore efficienza all’azione dell’Atf. Le statistiche 2020 indicano che la pandemia ha coinciso con un picco di omicidi in Usa – Filadelfia la città più colpita – e con il record di persone abbattute dalla polizia, ben 1021, più di quante mai registrate in un anno. Dal 2015 a oggi, le persone colpite a morte da agenti sono state 6.400.
Chi punta su Chipman perché le cose cambino contesta a Biden e al suo staff di non avere garantito il supporto dei senatori democratici alla sua conferma. Igor Volsky, direttore del gruppo ‘anti-armi’ Guns Down America, dice che Biden “deve pigiare sull’acceleratore”. Altre organizzazioni sono meno critiche e riconoscono che la Casa Bianca ha avuto priorità più cogenti, tipo la lotta al Covid e il rilancio dell’economia.
A mettere a repentaglio la conferma di Chipman, nel Senato spaccato a metà, 50 a 50, è il senatore del Maine Angus King, un indipendente che vota per lo più con i democratici: è contro Chipman, perché fette del suo elettorato glielo chiedono. Altri due senatori democratici esitano: Joe Manchin della West Virginia e Jon Tester del Montana. King può ancora cambiare parere e Biden ha forse strumenti per indurlo a farlo, ma la Casa Bianca accusa i repubblicani che, contro Chipman, alzano un muro di no senza crepe.