Risale la tensione tra Iran e Israele, dopo che la petroliera Mercer Street è stata attaccata – pare con un drone – nel Golfo di Oman. Israele attribuisce la responsabilità dell’azione all’Iran, che si prepara a un avvicendamento alla presidenza e sfodera toni aggressivi verso l’Occidente, mentre dall’interno del Paese vengono notizie di rivolte dell’acqua e voci non confermate di attacchi informatici al sistema ferroviario.
Due membri dell’equipaggio della Mercer Street, un britannico e un rumeno, sono rimasti uccisi nell’attacco, avvenuto nella notte tra giovedì e venerdì La petroliera navigava presso l’isola di Masirah, 300 chilometri a sud della capitale dell’Oman, Mascate. Il Golfo di Oman collega, attraverso lo stretto di Hormuz, l’Oceano Indiano al Golfo Persico: tratti di mare cruciali per gli approvvigionamenti energetici mondiali.
La società Zodiac Maritime, di proprietà dell’uomo d’affari israeliano Eyal Ofer, un magnate dei trasporti, gestisce la nave, che batte bandiera liberiana ed ha proprietari giapponesi. Israele non ha dubbi che l’attacco sia opera dell’Iran, mentre la società non avanza ipotesi.
La nave era partita vuota da Dar es-Salaam in Tanzania ed era diretta verso gli Emirati. Alla tv israeliana Canale 12, Ofer ha espresso “il sospetto che si sia trattato di un atto di pirateria”. Ma il gruppo marittimo britannico United Kingdom Maritime Trade Operations, legato alla Royal Navy, esclude – riferisce la Ap – l’azione di pirati.
Israele preme per un’iniziativa all’Onu contro “il terrorismo iraniano”. Il ministro degli Esteri Yair Lapid sollecita i diplomatici israeliani di agire in tal senso. In un post su Twitter, Lapid scrive: “Ho dato indicazioni alle ambasciate a Washington, Londra ed al Palazzo di Vetro di lavorare con i governi loro interlocutori e con le delegazioni che contano all’Onu”.
Nel Golfo di Oman vi sono stati, nel corso degli anni e negli ultimi mesi, altri atti ostili verso navi collegate a Israele. E Israele è a sua volta sospettato di una serie di attacchi contro siti del programma nucleare iraniano. Lapid ritiene necessaria una risposta dura: “L’Iran – dice – è un esportatore di terrorismo, distruzione e instabilità che danneggia tutti”.
Il ministro della Difesa israeliano Benny Gantz s’è consultato con il capo di Stato Maggiore Aviv Kochavi: si studia una reazione, “il problema non è se, ma come, dove e quando”, hanno sapere ai media locali fonti dell’intelligence, secondo le quali la tv iraniana in arabo al-Alam ha riferito che l’attacco alla petroliera è stato ordinato per ritorsione a un recente attacco israeliano in Siria.
In Israele s’è appena installato un nuovo fragile governo, che trova un punto di coesione nell’ostilità a Teheran. In Iran, sta per insediarsi un nuovo presidente, il conservatore Ebrahim Raisi, che la guida suprema Ali Khamenei ha esplicitamente invitato a non fidarsi dell’Occidente, come ha fatto “senza successo” il suo predecessore Hassan Rohani.
Il Governo Rohani aveva concluso con gli Stati Uniti di Barack Obama e con Cina, Russia, Gran Bretagna, Francia e Germania, un accordo sul nucleare: l’Iran rinunciava a dotarsi dell’atomica, in cambio della levata delle sanzioni Usa, Ue, Onu. Ma Donald Trump ha poi denunciato l’accordo e reintrodotto le sanzioni, che soffocano l’economia iraniana, provata pure dalla pandemia.
E l’avvento alla Casa Bianca di Joe Biden non ha – ancora? – modificato la situazione. Per Khamanei, nei colloqui in corso a Vienna gli Usa “non hanno fatto un passo avanti” e continuano ad agire in modo “codardo e crudele”: “A parole, assicurano che le sanzioni saranno revocate, ma nei fatti non mantengono le promesse”.
E così l’Iran ha spinto l’arricchimento dell’uranio al 20%: un gesto che Londra, Parigi e Berlino giudicano concordi “un passo verso l’arma nucleare”.
Sul fronte interno, l’Iran afferma di avere arrestato “elementi sionisti”, legati al Mossad, che sarebbero penetrati in territorio iraniano per fomentare le proteste per mancanza d’acqua in atto da quasi due settimane nella provincia sud-occidentale del Khuzestan.