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 per tassare grandi profitti e ridurre dumping fiscale

G20 Venezia: piano
 per tassare grandi profitti e ridurre dumping fiscale

Scritto per La Voce e il Tempo uscito il 15/07/2021 in data 19/07/2021 e, in versione diversa, per il Corriere di Saluzzo del 15/07/2021

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Il G20 dei ministri delle Finanze, riunito a Venezia, trova un accordo di principio per fare ‘saltare’ il dumping fiscale, ossia la corsa al ribasso sulla tassazione delle multinazionali: una prassi che va avanti da decenni e che ha creato situazioni di concorrenza sleale, riducendo drasticamente le tasse che aziende giganti e floride pagano negli Stati dove producono enormi profitti.

L’accordo del G20 di Venezia ha il potenziale per cambiare il sistema fiscale globale: se attuato, potrebbe consentire di ridisegnare il sistema economico, attenuando effetti negativi della globalizzazione – come la concentrazione della ricchezza in poche mani –, smantellando i paradisi fiscali e tassando equamente le multinazionali, anche i giganti del web.

Ci sono momenti che tutte le ciambelle paiono riuscire col buco. Questo, per l’Italia, è uno di quelli: l’Ue dà l’ok al Pnrr (Piano nazionale di ripresa e resilienza) e stacca il primo assegno da 20 miliardi, che arriverà tra fine luglio e inizio agosto; l’Italia vince gli Europei di calcio 53 anni dopo l’ultima e finora unica volta; le previsioni di crescita dell’Ue per il 2021 ci collocano davanti agli altri grandi Paesi europei, anche se recupereremo solo la metà di quanto perduto nel 2020; un italiano conquista la finale a Wimbledon per la prima volta nella storia del più vecchio torneo di tennis al Mondo; quattro ragazzi romani vincono l’Eurovision Song Contest, 31 anni dopo l’ultimo successo italiano di Toto Cotugno; e il G20 di Venezia restituisce alla città lagunare i fasti diplomatici che furono della Serenissima e, in tempi più recenti, dei Vertici dell’allora Cee e del G7 svoltisi nel 1980 sull’isola si San Giorgio.

Non ci fossero i dati della pandemia, tutto sembrerebbe girare per il verso giusto. Invece, a fronte dell’euforia per la ‘libertà’ ritrovata – come se la libertà dipendesse da una mascherina -, si segnala un aumento dei contagi che fa temere una ricaduta e, dopo l’estate, nuove chiusure.

Certo, i trionfalismi nazionalisti dei media italiani vengono mitigati dallo sguardo più distaccato della stampa internazionale. Avverte, ad esempio, il New York Times sull’accordo di Venezia: “Importanti dettagli devono essere ancora definiti prima della scadenza di ottobre che i ministri si sono dati per perfezionare l’intesa; e ci sono resistenze da superare da parte delle grandi industrie e di alcuni – pochi – Paesi”.

Ma è vero che l’approccio ora concordato rovescia l’idea per anni alla base di politiche economiche, che cioè una bassa tassazione fosse un modo di attirare investimenti e stimolare la crescita, a spese di una corretta retribuzione del lavoro e di una elusione del fisco da parte dei grandi profitti.

Alla riunione dei 20 – il G20 è il club dei Paesi che rappresentano il 90% del Pil mondiale -, l’Fmi, il Fondo monetario internazionale, ha anche annunciato la cfeazione di una riserva di 650 miliardi di dollari da destinare ai Paesi più poveri perché possano dotarsi di vaccini e irrobustire i sistemi sanitari nazionali, oltre che ridurre l’indebitamento.

Il Patto di Venezia sulla global tax
Dopo anni di lavori dell’Ocse e l’ok del G7 a giugno, è sotto la presidenza di turno italiana del G20 che la tassazione con un’aliquota minima del 15% e la tassazione dei profitti delle multinazionali là dove operano – per mettere fine alla pratica di andare a collocarsi in giurisdizioni di favore – arrivano a un punto di non ritorno.

Dopo due giorni di lavori di ministri delle Finanze e governatori delle Banche centrali all’Arsenale di Venezia, gli inviati dell’ANSA Domenico Conti e Andrea Buoso raccolgono commenti e reazioni dei protagonisti: “Per la prima volta fissiamo regole per la tassazione delle grandi multinazionali”, osserva il ministro dell’Economia italiano Daniele Franco; “Il Patto di Venezia lascerà il segno”, preconizza il commissario Ue agli Affari economici Paolo Gentiloni, lodando l’impegno dell’Italia alla presidenza e la spinta degli Usa; “Il Mondo è pronto a mettere fine alla corsa al ribasso” delle tasse sulle multinazionali, dice la segretaria al Tesoro dell’Amministrazione Biden Janet Yellen. E ancora il ministro delle Finanze tedesco Olaf Scholz è “fiducioso” che l’intesa sarà perfezionata e quello francese Bruno Le Maire auspica un risultato “ambizioso”.

Sono ancora sette i Paesi dubbiosi, di cui tre Ue, Irlanda, Ungheria ed Estonia. Ma sia Franco che Gentiloni sono fiduciosi che alla fine “saranno a bordo”: il commissario nota che il peso economico dei Paesi già convinti è tale da mettere “sotto pressione” i riluttanti. I negoziati sono già ripartiti all’Ecofin e all’Eurogruppo svoltisi a Bruxelles a inizio settimana.

Mancano ancora diversi dettagli che complicano i negoziati: come l’aliquota minima, che la Francia e altri vorrebbero superiore al 15%, e la definizione della quota degli utili da redistribuire (fra il 20 e il 30%). L’Ocse continuerà a limare le differenze: l’obiettivo è di ottenere un ulteriore via libera dal G20 delle Finanze di Washington, a margine delle riunioni d’autunno di Fmi e Banca Mondiale, e l’ok dei capi di Stato e di governo dei Paesi del G20 a Roma il 30 e 31 ottobre. L’entrata in vigore dell’intesa è ipotizzata nel 2023.

Clima e pandemia, le grandi piaghe
Il fisco era il ‘piatto forte’ del meeting veneziano. Ma sull’agenda c’erano pure le due grandi piaghe, sia pure su scale temporali e dimensionali ben diverse, dei tempi nostri: il cambiamento climatico e la pandemia. Il governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco commenta con ottimismo: “Abbiamo una ‘road map’ pluriennale per affrontare il cambiamento climatico, avendo a cura la sostenibilità delle nostre economie”; e Visco sottolinea il ritorno della cooperazione globale, frutto soprattutto del diverso atteggiamento degli Stati Uniti.

Sul fronte del clima, uno dei passaggi più rilevanti delle conclusioni di Venezia è che ministri e governatori si sono accordati per “il ricorso, laddove appropriato, a un meccanismo di definizione del prezzo delle emissioni di Co2 e di incentivi”. Da tempo l’Fmi sottolinea che, se si vuole incentivare il ricorso a fonti energetiche alternative, il Co2 dovrebbe costare 75 dollari a tonnellata contro i tre di oggi.

E’ un punto a favore dell’Ue: il suo piano ‘Fit for 55’, portato avanti proprio questa settimana, punta a più che dimezzare le emissioni al 2030 e solleva il nodo critico del ‘carbon border adjustment mechanism’, prevedendo di agire sul prezzo del Co2 importato.

Sul fronte della pandemia, il G20 delle Finanze scrive nelle conclusioni – un testo di otto pagine – : “Daremo priorità all’accelerazione della consegna di vaccini, diagnosi e terapie” specie nei Paesi meno avanzati; e daremo “risposte per reagire rapidamente alle nuove varianti”. Affermazioni forti ma vaghe: la task force per i vaccini, le cure e diagnosi nei Paesi in via di sviluppo – ne fanno parte la Banca mondiale, l’Fmi e le organizzazione mondiali della sanità e del commercio – dovrà dare concretezza al “bisogno urgente di essere più preparati” alle pandemie e alle loro varianti.

Quella Delta del Covid-19 minaccia uno scenario di ripresa positivo dell’economia internazionale. E’ anche per questo che il G20 esprime l’impegno a mantenere le misure di sostegno monetario e fiscale “per tutto il tempo necessario”, avendo un duplice obiettivo: “sostenere la ripresa” ed “evitare un ritiro prematuro” delle misure anti-pandemia. Discorsi che, in ambito G20, troveranno eco e sviluppo in una riunione a ottobre dei ministri della Sanità, insieme a quelli delle Finanze, nell’immediata prossimità del Vertice a Roma.

Torna la protesta ‘no global’, ma forse nel momento meno appropriato
A vent’anni quasi esatti, giorno per giorno, dal G7 di Genova, l’evento di Venezia ha riproposto manifestazioni ‘no global’, forse proprio nell’occasione in cui la governance internazionale abbozzava decisioni che potrebbero mitigare gli effetti della globalizzazione. Ma Venezia calamita molti elementi di preoccupazione e di insoddisfazione, economici e ambientali, con questioni non definitivamente risolte, come quelle dell’acqua alta e del passaggio in laguna delle grandi navi.

Così, ci sono stati scontri e cariche: la protesta contro il G20 si è fermata e infranta davanti al ‘muro’ delle forze dell’ordine in tenuta antisommossa che hanno disperso i manifestanti e risposto al lancio di bottiglie, fumogeni e fuochi artificiali. Quasi mille persone si erano radunate sabato pomeriggio alle Zattere per dare vita all’azione dimostrativa che nelle intenzioni degli organizzatori avrebbe dovuto raggiungere anche l’Arsenale, dove i ministri erano riuniti, per dire una serie di no: tra l’altro alle grandi navi, allo sfruttamento turistico della città lagunare, allo strapotere della finanza fossile.

Per quasi due ore la folla di contestatori, non particolarmente numerosa, è rimasta ferma in attesa sotto un sole cocente, sorvegliata da agenti a piedi e dagli equipaggi di imbarcazioni delle forze dell’ordine che dovevano evitare che qualche natante aggirasse il blocco via acqua.

Quando la piccola marea umana si è mossa, ci sono stati i primi tafferugli. Mentre ristoratori e commercianti abbassavano precipitosamente le loro saracinesche, il gruppo di testa del corteo cercava di sfondare lo schieramento di poliziotti ai piedi del Ponte dell’Accademia. Sono volate bottiglie e oggetti; la polizia ha risposto con cariche, riuscendo a far indietreggiare i manifestanti.

“Abbiamo retto una carica lunga e pesante – diceva uno dei leader dei giovani, Tommaso Cacciari – . La Polizia non ha fatto finta, ma il corteo ha retto benissimo. Speravamo di fare un po’ di strada in più, ma l’obiettivo di questa mobilitazione è stato centrato”. Più dei contestatori, però, l’obiettivo, quyesta volta, sembra essere stato centrato dai ministri; anche se solo i prossimi appuntamenti diranno se le speranze di Venezia saranno state, per l’ennesima volta, scritte sull’acqua.

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gphttps://www.giampierogramaglia.eu
Giampiero Gramaglia, nato a Saluzzo (Cn) nel 1950, è un noto giornalista italiano. Svolge questa professione dal 1972, ha lavorato all'ANSA per ben trent'anni e attualmente continua a scrivere articoli per diverse testate giornalistiche. Puoi rimanere connesso con Giampiero Gramaglia su Twitter

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