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Covid: quei laboratori di massima sicurezza ad altissimo rischio

Scritto per la Voce e il Tempo pubblicato lo 08/07/2021 in data 11/07/2021 e, in versione diversa, per il Corriere di Saluzzo dello 08/07/2021

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Laboratori di massima sicurezza ad altissimo rischio. L’Istituto di Virologia di Wuhan ha tenuto pipistrelli vivi in gabbia: l’affermazione, ufficialmente smentita dalle autorità cinesi, si basa su un video diffuso pochi giorni or sono da SkyNews Australia. La storia dei pipistrelli in gabbia è una di quelle che sta contribuendo a rilanciare la tesi d’una fuga del virus dal laboratorio cinese, oggetto fin dall’inizio della pandemia di sospetti più o meno malevoli, ma ‘scagionato’ da un rapporto, per altro molto contestato, di una commissione d’inchiesta dell’Organizzazione mondiale della sanità, l’Oms, l’Agenzia dell’Onu con sede a Ginevra.

Le misure di sicurezza proprie dei  centri di ricerca come quello di Wuhan – livello di biosicurezza 4, il massimo previsto – finiscono con il diventare esse stesse elementi dell’alone di mistero e diffidenza che circonda queste strutture, il cui accesso è ovviamente molto difficile e richiede precauzioni e autorizzazioni. Massima sicurezza vuol anche dire massimo rischio.

Un livello di biosicurezza è definito dall’insieme di misure di bio-contenimento necessarie a isolare agenti biologici pericolosi in un ambiente chiuso: dal 2006, i livelli vanno dal BSL-1, o P1, il più basso, al BSL-4, o P4, il più alto, con un livello intermedio, il BSL3-Ag (tarato sui rischi agricoli). Negli Usa,  i criteri di definizione dei livelli sono codificati dal Center for Desease Control and Prevention, il Cdc di Atlanta. Nell’Ue, i criteri sono stabiliti  da una direttiva del 2000.

I Laboratori P4 nel Mondo e le loro caratteristiche
Ai livelli di bio-contenimento più elevati, le misure di sicurezza per evitare, in particolare, la fuga e la diffusione di agenti patogeni prevedono l’isolamento degli agenti stessi, con camere e contenitori ‘sigillati’, tute particolari, procedure elaborate e autorizzazioni severe per entrare nei locali, oltre che per uscirne decontaminati.

Sono precauzioni necessarie per lavorare con agenti pericolosi ed esotici, che presentano un rischio di trasmissione di infezioni elevato, anche in laboratorio, per via aerea, oppure con agenti che causano malattie mortali negli esseri umani e per cui non sono ancora disponibili vaccini o terapie, come il virus Ebola o altri febbri e/o patologie emorragiche più localizzate. Il livello P4 è utilizzato anche per lavorare con agenti quali il vaiolo, per cui esiste un vaccino, ma che sono ugualmente ritenuti molto pericolosi.

In tutto il Mondo, vi sono poche decine di laboratori con livello di biosicurezza massimo P4, oltre un terzo dei quali sono Istituti di ricerca universitari. Gli Stati Uniti sono il Paese che ne di più: sono una decina di laboratori federali, alcuni dei quali militari, oltre a quelli universitari e industriali; ma ve ne sono anche in Argentina, Australia, Bielorussia, Canada, Corea del Sud, Francia, Gabon, Germania, Giappone, Gran Bretagna, India, Olanda, Repubblica Ceca, Romania, Russia, Sud Africa, Svezia, Svizzera, oltre che naturalmente in Cina – l’elenco dei Paesi potrebbe non essere esaustivo -.

In Italia, rispettano i criteri del livello di biosicurezza massimo P4 l’Ospedale Luigi Sacco a Milano – una struttura universitaria – e l’Istituto nazionale per le malattie infettive, all’Ospedale Spallanzani a Roma.

La storia dei pipistrelli in gabbia a Wuhan, il video e l’Oms
Il video mostrato dal SkyNews Australia sarebbe stato girato all’interno dell’Istituto di Wuhan e sarebbe datato 2017: le immagini smentirebbero la versione dell’Oms che aveva bollato l’ipotesi come “cospirazionismo”.

Per SkyNews Australia, si tratta di un video ufficiale – vi si vedono addetti che nutrono pipistrelli – dell’Accademia delle Scienze cinese, girato in occasione del rinnovamento e dell’adeguamento del laboratorio di biosicurezza (maggio 2017).

In un dispaccio da Pechino, il corrispondente dell’ANSA Antonio Fatiguso scriveva a fine giugno che il filmato di 10 minuti, intitolato ‘Il team di costruzione e ricerca del laboratorio Wuhan P4 dell’Istituto di virologia di Wuhan, Accademia delle Scienze cinese’, mette in risalto il lavoro fatto per il completamento della struttura e presenta interviste con i principali scienziati del laboratorio, realizzato con il sostegno tecnologico francese.

Il rapporto dell’Oms sull’origine della pandemia non cita, invece, la presenza di pipistrelli all’Istituto della città dove venne registrato per la prima volta il Covid-19, mentre negli allegati è menzionata la possibilità di ospitarne. “La stanza nella struttura P4 può gestire una varietà  di specie, ivi incluso il lavoro sui primati con SARS-CoV-2”, si legge.

Lo zoologo Peter Daszak, che era a Wuhan con la missione dell’Oms, considera “una cospirazione” l’ipotesi che i pipistrelli fossero allevati nell’Istituto di Virologia. In un tweet del dicembre 2020, Daszak scrisse che “nessun pipistrello é stato inviato al laboratorio di Wuhan per l’analisi genetica dei virus raccolti sul campo: raccogliamo campioni di pipistrelli, li inviamo al laboratorio, rilasciamo i pipistrelli dove li catturiamo!”.

Questo mese, Daszak è però sembrato fare un passo indietro, ammettendo che l’Istituto potrebbe aver ospitato in passato pipistrelli. Daszak è oggetto di aspre critiche perché avrebbe stretti rapporti con Shi Zhengli, la ‘Bat Woman” dell’Istituto di Wuhan, una specialista nota per avere raccolto oltre 15.000 campioni di virus da pipistrelli.

Rimbalzo di accuse e di critiche fra Pechino e Washington
Il rialzo della tensione tra Usa e Cina sull’origine del virus data da maggio: il rimbalzo della storia dei pipistrelli potrebbe esserne un effetto, più che una causa. Il presidente Joe Biden ha chiesto all’intelligence Usa un nuovo rapporto entro fine agosto sulle origini del Covid. La Cina ha risposto piccata, evocando la “storia oscura” dei servizi segreti degli Stati Uniti, contrassegnata – ha detto – da manipolazioni clamorose, come quella sulle armi di distruzione di massa – inesistenti – che servirono a giustificare l’invasione dell’Iraq.

Di fronte all’offensiva di Biden, che è parte della strategia di isolamento e contenimento della Cina dell’Amministrazione democratica, il portavoce del ministero degli Esteri cinesi Zhao Lijian replica: “La commissione d’inchiesta dell’Oms ha giudicato ‘estremamente improbabile’ la teoria di una fuga del virus dal laboratorio; è una conclusione ufficiale, formale e scientifica … Ora, gli Usa vogliono usare i servizi di intelligence per condurre un’altra inchiesta, ma la loro storia oscura è da tempo nota al mondo intero”, l’accusa a Washington è di alimentare teorie cospirative.

In una corrispondenza da Washington, Claudio Salvalaggio, dell’ANSA, evoca le critiche degli Usa al rapporto dell’Oms, le cui conclusioni, pubblicate a fine marzo, furono subito criticate dal capo dell’Agenzia dell’Onu Tedros Adhanom Ghebreyesus, il quale ammise che il suo team non aveva sufficientemente indagato sull’ipotesi dell’incidente in laboratorio e sollecitò un’inchiesta più ampia.

Tra l’altro, l’Istituto di Wuhan non ha condiviso con gli esperti dell’Oms numerose informazioni, come dati grezzi, registri di sicurezza e altri documenti sulle ricerche sui coronavirus nei pipistrelli. Venne pure negato l’accesso alla banca del sangue di Wuhan per testare campioni prelevati prima del dicembre 2019, quando fu registrato il primo caso ufficiale di Covid.

Dopo che Biden è sceso in campo, tornando a cavalcare, pur senza citarla, la formuletta ‘trumpiana’ del ‘virus cinese’, si sono moltiplicati i dubbi e le richieste di una nuova indagine internazionale indipendente, sostenuta da Usa, Ue e da almeno altri 13 Paesi. La comunità  scientifica s’è mossa con una lettera pubblicata il 14 maggio sulla rivista Science: una ventina di esperti di centri studi internazionali di alto livello hanno criticato il rapporto dell’Oms, rilevando che “su 313 pagine solo quattro sono dedicate all’ipotesi di un incidente in laboratorio, mentre tutto il resto esplora la teoria di una trasmissione tra animali e uomini”. Gli autori sollecitano, quindi, “un’indagine adeguata” e “un dibattito scientifico spassionato”.

Tra fine giugno e inizio luglio, l’ipotesi di un incidente di laboratorio è andata prendendo quota, non solo tra gli specialisti di biosicurezza, ma anche tra responsabili della sanità  pubblica, osservatori, media. Il Wall Street Journal ha messo le mani su un rapporto riservato dell’intelligence secondo cui tre ricercatori del laboratorio di Wuhan si ammalarono di una patologia imprecisata nel novembre del 2019 a tal punto da farsi ricoverare in ospedale.

Biden ha ammesso che un primo rapporto degli 007 Usa non ha prodotto elementi tali da consentire conclusioni univoche e vuole ora arrivare “più vicino a un risultato definitivo”, facendo pressione, insieme alla comunità internazionale, perché  la Cina “partecipi a un’indagine completa, trasparente e basata su dati e prove” e perché “fornisca accesso a tutti i dati rilevanti”.

La Casa Bianca non ha però indicato quali misure pensa di adottare se Pechino non collaborerà. E, anche negli Usa, c’è chi resta scettico sulla possibilità di raggiungere certezze. The Atlantic si chiede se non ci si debba piuttosto concentrare sulla sicurezza dei biolaboratori e valutare confini e rischi della ricerca scientifica, a prescindere dall’accertamento delle origini del Covid.

L’impegno dell’Italia contro le varianti
Mentre la minaccia rappresentata dalle varianti del virus SarsCov2 spaventa il mondo, l’Italia pare pronta ad affrontare la sfida mettendo in campo oltre 50 ‘super’ laboratori con un livello di sicurezza 3, che si occuperanno proprio di isolare le varianti con procedure ad hoc. Lo scrive sull’ANSA Manuela Correra, parlando della “prima linea” italiana “nella lotta al virus ‘cangiante”, per individuare tempestivamente, tracciare e arginare le varianti.

“Il Paese – spiega all’ANSA Andrea Lenzi, presidente del Comitato nazionale di Biosicurezza, Biotecnologie e Scienze della Vita della Presidenza del Consiglio dei Ministri – dispone certamente delle dotazioni strumentali e delle risorse umane altamente qualificate necessarie per monitorare l’evoluzione del virus e rispondere alla sfida delle varianti emergenti”.

Lenzi avverte: “Mutare è il mestiere del virus. E come ogni anno ci si vaccina contro l’influenza, con un vaccino che è  ‘tarato’ annualmente sui nuovi virus influenzali che emergono, così penso che si arriverà a una vaccinazione annuale anche contro SarsCov2 con un vaccino ‘tarato’ sulle varianti nel frattempo comparse”.

Intanto, però, la priorità è essere celeri nell’individuare le nuove varianti al loro apparire. Per questo scendono in campo i laboratori BSL3, “presenti nelle grandi facoltà mediche dei principali Atenei, in numerosi centri pubblici di ricerca virologica come l’Istituto superiore di Sanità o lo Spallanzani di Roma e l’ospedale Sacco di Milano, in alcuni centri di ricerca privati. In termini numerici sono oltre una cinquantina”.

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gphttps://www.giampierogramaglia.eu
Giampiero Gramaglia, nato a Saluzzo (Cn) nel 1950, è un noto giornalista italiano. Svolge questa professione dal 1972, ha lavorato all'ANSA per ben trent'anni e attualmente continua a scrivere articoli per diverse testate giornalistiche. Puoi rimanere connesso con Giampiero Gramaglia su Twitter

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