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Usa: Floyd; Chauvin, il killer, isolato in una cella tre metri per tre

Scritto per Il Fatto Quotidiano del 27/06/2021

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Chiuso da solo in una cella di meno di nove metri quadrati, la prigionia di Derek Chauvin sarà una lotta per la sopravvivenza: in carcere, molti detenuti non avranno alcuna simpatia per quell’ex poliziotto che ha ucciso un nero inerme. Chauvin è stato condannto a 22 anni e mezzo di detenzione per l’uccisione, il 25 maggio 2020, a Minneapolis, di George Floyd, un buttafuori nero che l’agente di polizia bianco bloccò a terra per 8’46”, con il ginocchio sul collo, fino a soffocarlo.

La sentenza, pronunciata venerdì dal giudice Peter Cahill, è stata giudicata “appropriata” dal presidente Joe Biden. La famiglia Floyd se n’è detta delusa: voleva la pena massima per i reati di cui Chauvin è stato riconosciuto colpevole, 30 anni. Il verdetto non ha però suscitato moti di protesta nell’Unione, che ci sarebbero stati se la pena fosse stata ritenuta inadeguata dagli afro-americani e dal movimento Black Lives Matter. I neri d’America ora s’aspettano che Biden mantenga gli impegni assunti in campagna elettorale, a cominciare dalla riforma dei metodi della polizia – osteggiata in Congresso dai repubblicani -.

Nell’udienza di venerdì, Chauvin, autorizzato a comparire in abiti borghesi, ha parlato per la prima volta in tutto il procedimento: ha fatto le proprie condoglianze alla famiglia Floyd, ma non ha avuto espressioni di pentimento. La madre, Carolyn Pawlenty, l’ha difeso: per lei, è innocente, “un bravo ragazzo” su cui sono state dette “un mucchio di falsità”.

Dopo il verdetto di colpevolezza, il 21 aprile, Chauvin è stato detenuto nell’unica prigione di massima sicurezza del Minnesota, a Oak Park Heights. Non è la prassi: di solito chi attende di conoscere la pena non viene ancora rinchiuso in un penitenziario. Chauvin vi è finito per ragioni di sicurezza: è un ex poliziotto che ha ammazzato un nero, in un ambiente costituito in larga parte da neri che detestano gli agenti.

Molte prigioni hanno unità speciali per tenere un individuo separato dagli altri carcerati, per ragioni di sicurezza o disciplinari. A Oak Park Heights, c’è “la più sicura unità” di questo tipo, secondo il Dipartimento carcerario del Minnesota.

210627 Usa - Minneapolis - Floyd - Chauvin - cella tipo
This undated photo provided by the Minnesota Department of Corrections shows a cell in the Administrative Control Unit at the Oak Park Heights, Minn., facility. This cell is similar to the cell that former Minneapolis police officer Derek Chauvin has been in since he was found guilty in April 2021, for the May 25, 2020, death of George Floyd. Chauvin will be sentenced Friday, June 25. (Minnesota Department of Corrections via AP)

Foto fornite dalle autorità statali alla Ap mostrano la cella tipo dell’unità che ha finora accolto Chauvin: un po’ meno di tre metri per tre – nove metri quadrati è il minimo, secondo le norme europee sui diritti umani -, muri fatti di blocchi di cemento bianchi, piccole finestre rettangolari, un lavello e un wc in metallo e un materassino sopra un letto alla parete. Nulla a che vedere con la cella da Grand Hotel riservata in Norvegia a templare bianco Andrea Breivik, responsabile dei massacri di Oslo e di Utoja nel 2011.

Per due mesi, Chauvin è rimasto da solo nella sua cella, costantemente monitorato via telecamere e sottoposto a controlli. I pasti gli vengono serviti in cella. L’ora d’aria, anche quella solitaria, è di circa un’ora al giorno. Il detenuto ha diritto a dieci foto, una radio e una riserva di cibo; può abbonarsi a media e ricevere un massimo di tre visite la settimana senza contatto fisico. La prigione dispone di un servizio di mail a pagamento.

Dopo la sentenza di venerdì, Chauvin è tornato a Oak Park Heights, ma la sua destinazione finale non è stata ancora decisa: “La sua sicurezza – dice il Dipartimento – resta la nostra principale preoccupazione”. L’ex poliziotto potrebbe rimanere in carcere meno dei 22 anni e mezzo comminatigli: per buona condotta, potrebbe ottenere la libertà vigilata una volta scontati i due terzi della pena, circa 15 anni.

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Giampiero Gramaglia, nato a Saluzzo (Cn) nel 1950, è un noto giornalista italiano. Svolge questa professione dal 1972, ha lavorato all'ANSA per ben trent'anni e attualmente continua a scrivere articoli per diverse testate giornalistiche. Puoi rimanere connesso con Giampiero Gramaglia su Twitter

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