Una sposa in Duomo a Urbino. Una partita di calcetto. Amici al bar seduti ai tavolini. Scene di vita quotidiana, normali, routine. Che, per quasi 18 mesi, non lo sono state: la pandemia ha reso abitudine l’eccezione, ha portato sacrifici e sofferenze, ha spostato i confini tra la libertà dell’individuo e il bene della comunità.
A Urbino, come ovunque nelle Marche, in Italia, in Europa, nel Mondo. A Urbino più che altrove, perché, specialmente nella Fase 1, il virus nel nord della regione, nella nostra provincia, è stato molto aggressivo, ha provocato dolori e lutti in misura inferiore solo alle ‘aree martiri’ di Bergamo e Brescia.
Adesso, però, che i vaccini fanno sentire il loro effetto, che i contagi diminuiscono, che gli effetti del morbo s’attenuano, è ora di ripartire, affidando le speranze di ripresa alla cultura e alla bellezza, che sono le armi vincenti del rilancio urbinate. Anche se, come avverte il sindaco Gambini, bisogna ancora “tenere alta la guardia”, le attività riprendono e tornano i turisti e gli studenti, che quando ci sono fanno magari chiasso la sera, ma quando mancano rendono la città vuota.
Con la zona bianca, da lunedì, ritroveremo vecchie abitudini e piccoli piaceri. Comune e Università, commercianti ed esercenti, pure noi del Ducato tutti viviamo questo momento come una ripartenza, anzi ‘la ripartenza’, con la speranza, che è fondata sulla fiducia nell’efficacia dei vaccini, che, dopo l’estate, la pandemia comincerà a divenire un ricordo.
E quando ci potremo levare le mascherine, torneremo a riconoscerci per strada. Ma già adesso sorridiamo sotto le mascherine: lo dicono gli occhi.