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Biden in Europa: G7, Nato, Ue, l’Occidente è tornato

Scritto per La Voce e il Tempo uscito il 17/06/2021 in data 20/06/2021 e anche, in versioni diverse e con articolazioni diverse, per AffarInternazionali - pubblicato il 16/06/2021 https://www.affarinternazionali.it/2021/06/biden-leuropeo-dalla-pace-ue-usa-alla-nato-risorta/ -, ToscanaOggi del 17/06/2021, il Corriere di Saluzzo del 17/06/2021 e il blog di Media Duemila https://www.media2000.it/biden-in-europa-pace-con-ue-nato-rinata/

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Una Ue in pace (con gli Usa) e una Nato che pareva da rottamare ‘rinata’: il bilancio dello ‘sbarco in Europa’ da presidente di Joe Biden è largamente positivo. Dopo 17 anni di contenziosi – c’era George W. Bush alla Casa Bianca quando il conflitto cominciò, tra dazi e compensazioni – è tregua nei cieli tra Unione europea e Stati Uniti: Bruxelles e Washington sospendono la guerra dei sussidi ad Airbus e Boeing. Ricevendo il presidente Biden, la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen si mostra fiduciosa che l’intesa appena raggiunta preluda all’archiviazione d’un altro annoso e ricorrente conflitto commerciale transatlantico, quello sull’acciaio.

Mettendo il conflitto in naftalina per cinque anni, Usa e Ue si prendono il tempo per negoziare: è quanto basta per accantonare il timore che, come già avvenuto in passato, Bruxelles e Washington continuino a penalizzarsi a vicenda, imponendo dazi e compensazioni su beni di ogni tipo, dal vino e dai prodotti agro-alimentari italiani e francesi alle moto Harley-Davidson. Nulla di essenziale: punture di spillo, ma fastidiose. Dandosi cinque anni, inoltre, l’Amministrazione Biden e l’attuale Commissione europea si mettono al riparo dal riacutizzarsi dei contenziosi: la tregua durerà fin oltre i loro confini temporali; se la pace non sarà stata suggellata prima, chi ci sarà vedrà.

I due messaggi di Biden l’europeo
Il senso è che Usa e Ue non hanno energie da perdere in beghe reciproche. Alla sua prima missione europea, il presidente Biden ha detto e ripetuto ai suoi interlocutori, partner e alleati, che i rivali sono altri e sono comuni: Russia e Cina, soprattutto la Cina, che s’accinge a diventare la prima potenza economica mondiale e che ha atteggiamenti espansionistici, non solo commerciali, ma anche diplomatici e militari. La posizione dei 27 verso Pechino è meno ostile di quella degli Usa, ma c’è intesa sul fatto che le differenze sui valori – libertà, democrazia, diritti umani – sono profonde, anche se può esserci spazio alla collaborazione, ad esempio sulle questioni commerciali e nella lotta contro il riscaldamento globale.

Dal G7 sulle spiagge della Cornovaglia ai Vertici della Nato e con l’Ue a Bruxelles, Biden dà due semplici messaggi: il primo è rassicurante, “l’America è tornata”, il clima è cambiato, non è più l’ora delle sfuriate di Donald Trump contro il multilateralismo e contro gli alleati, roba da ‘divide et impera’; il secondo è combattivo, “Abbiamo nuove sfide, la Russia e la Cina”, che poi sono – a ben vedere – le sfide di sempre.

Alla Russia di Vladimir Putin, Biden dedica l’ultima tappa del viaggio europeo, a Ginevra. La Cina di Xi Jinping, cerca di arginarla con un cordone di sicurezza.

L’Alleanza atlantica, un’araba fenice
L’hanno data per morta a più riprese, ma, 72 anni dopo, la Nato è sempre lì, la più lunga alleanza militare della storia – “e la più forte”, dice il presidente del Consiglio italiano Mario Draghi -. Firmato a Washington il 4 aprile 1949, il Trattato dell’Atlantico Nord unisce Stati Uniti e Canada con i loro alleati europei.

La geografia europea della Nato – 30 Paesi membri – non coincide con quella Ue, anche se in parte la ricalca: ci sono Gran Bretagna, Islanda, Norvegia, Macedonia. Montenegro, Albania e Turchia, mancano i Paesi neutrali, Irlanda, Svezia, Finlandia, Austria, oltre a Malta e Cipro.

Vinta la Guerra Fredda, metaforicamente ‘neutralizzati’ in rapida successione Unione Sovietica, Patto di Varsavia e Comecon, la Nato pareva avere esaurito i suoi compiti. Negli Anni Novanta, però, le guerre nei Balcani, le missioni umanitarie, le operazioni ‘fuori zona’ le hanno fornito ragioni per restare in vita; e, dopo l’11 settembre 2001, quando per la prima e finora unica volta scattò l’articolo 5 del Trattato, è cominciata la ‘guerra al terrorismo’. L’articolo 5 vincola gli alleati alla mutua difesa in caso di attacco a uno di loro.

Con l’avvento di Trump alla presidenza, la rottamazione dell’Alleanza apparve, però, un’ipotesi non remota: il magnate, intollerante del multilateralismo, martellava gli alleati perché spendessero di più per la difesa e male sopportava i vincoli dell’articolo 5, che, invece, Biden dichiara ora “solidissimo e incrollabile”.

Forse, la Nato non avrebbe resistito ad altri quattro anni del magnate presidente. Biden, invece, le ridà vitalità e fiducia e, soprattutto, quello di cui un’alleanza militare ha bisogno: un nemico, anzi due, la Russia e la Cina. “La Nato è importantissima: se non ci fosse, la si dovrebbe inventare”, dice il presidente americano al segretario generale Jens Stoltenberg.

Una Ue complementare alla Nato con leader a termine
Al tavolo della Nato, lunedì, s’è parlato di Russia, Cina, cyber-sicurezza, cambiamento climatico. Temi analoghi, più le questioni commerciali, martedì, al tavolo dell’Ue. Biden scopre le carte: “Penso che abbiamo grandi opportunità di lavorare strettamente sia con l’Ue che con la Nato …. C’è un predominante interesse degli Usa ad avere ottimi rapporti con l’Ue e con la Nato…”.

Funzionari e diplomatici gongolano. I progetti di ‘Europa della Difesa’, cui le mattane di Trump davano concretezza, sono già tornati nei cassetti: c’è il virus da debellare, l’economia da rilanciare, il Next Generation Eu da realizzare; difesa e sicurezza non sono questioni prioritarie, se l’alleato è questo qui.

Gioca a favore di Biden anche il fatto di essere l’unico, fra i Grandi dell’Ue, a essere certo del posto fra un anno: Angela Merkel è al passo dell’addio, Emmanuel Macron è atteso dalle presidenziali della primavera 2022, Draghi ha le incognite delle scadenze della politica italiana. ‘Uncle Joe’ e UvdL sono i perni della nuova alleanza tra Usa e Ue.

Intervenendo alla Nato, proprio Draghi rileva il ruolo centrale dell’Alleanza atlantica nella difesa e nella sicurezza europea, prospettandone “un rapporto complementare” con l’Unione europea: Nato e Ue – afferma Draghi – si rafforzano a vicenda, la coesione della Nato è una garanzia collettiva, lo spettro d’azione dell’Alleanza deve essere ampio e uno dei focus deve esserne il Mediterraneo.

Biden incassa gli attestati d’atlantismo di Draghi e di molti altri leader. E cerca di arginare la fretta di Polonia e Paesi baltici per l’adesione alla Nato dell’Ucraina – il presidente Volodymyr Zelensky assicura che “Kiev dimostra ogni giorno di essere pronta” -: un’accelerazione in tal senso sarebbe pessimo viatico agli sviluppi delle relazioni con Mosca. Solo quel guastafeste del presidente turco Recep Tayyip Erdogan, che si lamenta di non avere ricevuto appoggio nella lotta ai terroristi, come lui chiama i suoi oppositori, rovina un po’ il clima.

G7: cambio di clima, bilaterali, risultati
Al Vertice del G7, Biden ha però fatto vedere di non essere soltanto un anti-Trump. La riunione s’è chiusa con l’impegno di fornire un miliardo di dosi di vaccino anti-Covid ai Paesi del Terzo Mondo e di rafforzare e coordinare la lotta contro l’evasione fiscale delle grandi multinazionali. C’è pure stata una dichiarazione d’unità d’intenti contro le violazioni dei diritti dell’uomo in Cina.

Tutti sanno che la controprova del successo di un G7 si ha quando i leader, tornati a casa, devono rispettare gli impegni presi; e – osserva la Cnn – “la promessa sui vaccini è poco più d’una goccia nel mare di quanto è necessario”. Ma il Mondo democratico è parso galvanizzato, o quanto meno rasserenato, dalla prospettiva di lavorare di nuovo in sintonia con un presidente americano e condividerne le aspirazioni.

Tutti i partner sono trattati con cortesia e attenzione: il padrone di casa Boris Johnson – nonostante molti intorno a Biden lo giudichino un clone di Trump – ha avuto il privilegio d’una visita bilaterale prima del Vertice; Macron, la Merkel e Draghi hanno avuto colloqui separati con Biden, a margine dei lavori del Vertice.

Conversazioni, magari, di cortesia: occasioni per conoscersi nei nuovi ruoli, per rinsaldare rapporti e, magari, per prendere appuntamenti più strutturati. La scena, una sorta di gazebo sulla spiaggia, che la bassa marea rendeva più ampia e suggestiva. La Merkel, che era al passo dell’addio – con 16 presenze, è la decana di questi appuntamenti -, sarà ospite alla Casa Bianca il 15 luglio.

La stampa Usa commenta in modo positivo l’esordio europeo del presidente Biden. L’obiettivo, facile da centrare, era dimostrare che gli Stati Uniti hanno voltato la pagina Trump e che i Vertici non sono più vetrina dell’imprevedibilità e dell’egocentrismo del magnate presidente, ma palcoscenico di diplomazia e cooperazione.

Per la Cnn, gesti di cortesia banali, come gli incontri di Bruxelles lunedì e martedì e il clima disteso al G7 sotto presidenza di turno britannica la scorsa settimana, servono a ripristinare intensità e qualità delle relazioni tra Stati Uniti e alleati europei “dopo anni di comportamenti corrosivi”. Trump rendeva palese la sua scarsa considerazione per gli appuntamenti multilaterali, strigliava gli alleati e, nel 2017, all’esordio atlantico, spintonò malamente il premier del Montenegro Dusko Markovic per piazzarsi in prima fila nella foto ricordo.

Il ritorno dell’Occidente e il baedeker di Biden
La percezione – rassicurante – è quella di un ‘ritorno dell’Occidente’ sulla scena politica mondiale. Il baedeker che Biden portava con sé in viaggio per l’Europa era un rapporto redatto dal Consiglio per la sicurezza nazionale: una guida che serviva a non perdere la bussola dell’interesse nazionale degli Stati Uniti nelle diverse riunioni, ma anche a navigare senza incagli di incontro in incontro.

Nella dichiarazione che fa da preambolo al testo del Consiglio di sicurezza nazionale, intitolato ‘Renewing America’s advantages’, Biden assicura: “L’America è tornata. La diplomazia è tornata. Le alleanze sono tornate. Ma non stiamo a guardare indietro. Guardiamo con decisione al futuro ed a ciò che possiamo fare, insieme, per gli americani”.

Per negare le tentazioni di un neo-isolazionismo americano, il documento si apre con l’affermazione che, “oggi più che mai, il destino dell’Unione è inestricabilmente connesso con eventi al di là dei nostri confini”, la pandemia, la crisi economica, l’emergenza climatica, le ingiustizie razziali.

In 23 pagine, il testo ripercorre i temi della sicurezza globale e le priorità della sicurezza nazionale. “Siamo a un punto di svolta – recitano le conclusioni del documento, sul sito della Casa Bianca -. Siamo nella nebbia di un dibattito fondamentale sul futuro del nostro Mondo. Per spuntarla, dobbiamo dimostrare che le democrazie possono ancora rispondere alle necessità dei nostri popoli”, mentre, in tempi recenti, le tentazioni delle ‘democrature’ si sono fatte sentire, negli Usa di Trump, ma anche in Europa; e gli ‘uomini forti’ alla al Sisi, alla Erdogan o persino alla Putin, hanno saputo fare da magnete in contesti internazionali confusi, come la recente crisi medio-orientale.

Per riuscirci, bisogna “ricostruire meglio le fondamenta delle nostre economia – Biden ci sta provando con il suo programma di rilancio basato sugli investimenti pubblici, ndr -, riappropriarci del nostro posto nelle Istituzioni internazionali – nessuno glielo insidiava, ma loro con Trump si sono tirati indietro a più riprese -. Mettere in risalto i nostri valori in patria e parlare per difenderli nel Mondo. Ammodernare il nostro arsenale militare, ponendoci però alla guida della diplomazia. Rivitalizzare l’intreccio delle alleanze dell’America e delle partnership che hanno fatto del Mondo un posto più sicuro per i nostri popoli”.

Al fondo, c’è la certezza che “nessun Paese è meglio piazzato dell’America per navigare il futuro”, che va affrontato “da una posizione di fiducia e di forza. Lavorando con i nostri partner democratici, affronteremo ogni sfida e avremo la meglio su ogni contendente. Insieme, possiamo fare e faremo meglio”.

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gphttps://www.giampierogramaglia.eu
Giampiero Gramaglia, nato a Saluzzo (Cn) nel 1950, è un noto giornalista italiano. Svolge questa professione dal 1972, ha lavorato all'ANSA per ben trent'anni e attualmente continua a scrivere articoli per diverse testate giornalistiche. Puoi rimanere connesso con Giampiero Gramaglia su Twitter

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