Con un provvedimento bipartisan, eccezionale nell’attuale contesto politico Usa, il Senato dota d’un bazooka anti-Cina il presidente Joe Biden, che sbarca al Vertice del G7 in Cornovaglia determinato a far sì che i leader dei Grandi mostrino a Pechino – e alla Russia di Putin – “un fronte unito”.
Il Senato di Washington ha stanziato circa 250 miliardi di dollari da investire in ricerca e sviluppo per circoscrivere e contenere le ambizioni cinesi economiche e commerciali, in un momento in cui crescono i timori per l’impatto sull’Occidente della concorrenza della seconda economia mondiale. Il sì bipartisan del Senato rende quasi scontata l’approvazione del provvedimento alla Camera.
Il bazooka, cioè il pacchetto di provvedimenti, prevede, fra l’altro, un nuovo studio sulle origini del coronavirus e l’accantonamento di 50 miliardi di dollari per aiutare l’industria dei semi-conduttori americana. New York Times e Washington Post definiscono l’Innovation and Competition Act 2021 l’insieme di misure di politica industriale più corposo da decenni in qua, al fine di rilanciare la competitività delle imprese Usa rispetto a quelle cinesi in una gamma di settori tecnologici e manifatturieri.
Dal punto di vista della politica interna, il risultato è ancora più significativo perché i repubblicani in Congresso continuano ad avere atteggiamenti ostruzionistici sui piani di rilancio dell’economia presentati dal presidente, oltre che sulle misure per ridurre le disuguaglianze nell’Unione.
Il varo dell’Innovation and Competition Act 2021 coincide con passi Usa verso Taiwan conflittuali con Pechino, mentre, quasi ad offrire uno zuccherino tra tante bastonate, Biden ha revocato i divieti di Donald Trump per le app cinesi TikTok e WeChat – ci sarà una revisione delle app software controllate da rivali stranieri per valutare i rischi in termini “di sicurezza nazionale degli Stati Uniti e degli americani”.
Il fronte formalmente unito verso la Cina si profila come una conclusione acquisita del G7. Ma Pechino non incassa senza reagire e, dopo il voto del Senato, accusa gli Usa di “illusione paranoica” e di “ambizioni d’egemonia”. La commissione Esteri del Congresso nazionale del popolo definisce il provvedimento un tentativo di interferire negli affari interni cinesi, “con il pretesto della religione e dei diritti umani”: una legge “fatta di pregiudizi ideologici”, “piena di mentalità da Guerra Fredda e pregiudizi ideologici”. La pratica di trattare Pechino come “nemico immaginario è … impopolare e destinata al fallimento”.