“Il calcio per i giovani di oggi è completamente cambiato. Sono tanti i motivi: dalla tv all’evoluzione dei ragazzi”. Lo dice Francesco Antonioli, ex calciatore, oggi preparatore dei portieri – ruolo che ha ricoperto per 32 anni – del Cesena F.C. L’ambiente calcistico sta cambiando senza evolversi. I giocatori d’oggi non sono più brillanti come alcuni del passato – non smettono di ricordarcelo nemmeno le rievocazioni cinematografiche come i film su Totti e Baggio -. “Ci sono giocatori meno bravi d’un tempo: si guarda tanto all’estetica e ci si preoccupa dei social. Così si riduce la sostanza”.
Una volta i ragazzini giocavano a calcio in cortile: è così che anche Antonioli ha iniziato. Racconta di essere stato notato da un osservatore del San Rocco (Monza) all’età di dieci anni; e da lì è iniziato tutto. “Non bastava fare un buon campionato per bussare alla porta delle big, ma bisognava farsi spazio”.
Il ruolo del portiere non è semplice, e neanche la carriera di Antonioli lo è stata: un tourbillon di squadre, dopo l’esordio a 17 anni nel Monza in Coppa Italia contro la Juventus quasi per caso, poiché gli altri due portieri erano infortunati. E tanti sono stati anche i suoi infortuni. Negli anni ha collezionato diversi trofei: indimenticabili per lui i tre scudetti – due con il Milan, uno con la Roma -, le due Supercoppe di Lega e la Coppa Intertoto, le due Coppe dei Campioni, la Supercoppa Uefa e la Coppa Intercontinentale; senza dimenticare la presenza in Nazionale Under-21. Al suo attivo anche un campionato di Serie B e una Coppa Italia di Serie C.
A vent’anni dai derby della Capitale, Antonioli racconta con entusiasmo il rapporto con i tifosi romanisti, che forse non sempre lo hanno apprezzato: “Capello era riuscito a creare una bolla a Trigoria e abbiamo lavorato bene. Non sentivo Roma come i romanisti, ma è inevitabile che tu venga travolto da quel sistema ed è bello farsi coinvolgere così. Sono stato più apprezzato da avversario che da giocatore, quando hanno capito chi ero e cosa avevo dato in quegli anni”.
Ricorda ancora l’emozione dell’ultima giornata a Roma, quando ci fu l’invasione di campo da parte dei tifosi alla certezza dello scudetto: “Il problema è stato nei dieci minuti finali, con l’invasione del pubblico. Quel giorno non c’erano più posti: la gente stava anche sui gradini. Quando c’è stata l’invasione – per cui si rischiò la sconfitta a tavolino –, siamo stati tutti spogliati dai tifosi impazziti. Ora è anche bello raccontarlo visto che andò tutto bene”.
Oggi sono cambiate tante cose: situazioni del genere potevano destare spavento, ma si sentiva il calore del pubblico. Nell’ultimo anno e mezzo, con la pandemia, si è perso anche quello: “Giocare senza il pubblico è stato devastante. Ho visto giocatori commettere errori madornali, errori che davanti al pubblico non faresti perché l’emozione ti fa essere teso e di conseguenza anche più concentrato e rendi di più. E i tuoi obiettivi cambiano e diventano più concreti, perché devi dimostrare qualcosa a qualcuno. Nella mia carriera comunque ho anche imparato che non bisogna mai mettersi contro i tifosi: sono la linfa del calcio e giocare davanti al pubblico è davvero un valore aggiunto”.
NewsHunters, Giulia Ascione, Chiara Gisoldi, Flavia Marcotulli, Merylaura Mondello, Lisa Ridolfi