“Vince per una proposta registica delicata, che ci mette di fronte a un’idea di teatro ancora da percorrere, alla scoperta di un linguaggio ancora da codificare”: queste le parole che ha usato Antonio Latella, al tempo direttore artistico della Biennale Teatro, per motivare la scelta di Paolo Costantini, vincitore tra i 10 finalisti della quarta edizione del bando Biennale College – Registi Under 30 (2020-2021).
Costantini, il giovane regista che presenterà il suo spettacolo all’interno della Biennale Teatro 2021 è un venticinquenne romano diplomato all’Accademia di Arte drammatica ‘Silvio D’Amico’. Nonostante sia giovanissimo è già attivo nel panorama teatrale italiano e tedesco. Per il bando ha presentato un frammento del suo progetto Uno sguardo estraneo ovvero come la felicità è diventata una pretesa assurda, lavoro che trova impulso nelle suggestioni di Oggi avrei preferito non incontrarmi di Herta Müller – premio Nobel per la letteratura – optando per una struttura performativa che si snoda tra associazioni e immagini.
Ho raggiunto telefonicamente Paolo Costantini per una conversazione sul suo percorso artistico, sul bando e sullo spettacolo che verrà presentato a luglio alla Biennale.
D – Costantini, qual è stato il percorso formativo che l’ha portata a partecipare e a vincere il bando?
Durante il periodo dell’Accademia mi sono appassionato allo studio di testi contemporanei, in particolare alla drammaturgia mitteleuropea. Quindi, dopo essermi diplomato, sono partito per Berlino e ho iniziato a lavorare con l’Interkulturelles Theater Zentrum, partner tedesco di Fabula Mundi, un progetto europeo per la nuova drammaturgia, e con la compagnia italo-tedesca Barletti/Waas. Quest’esperienza, ricca di incontri e novità, mi ha portato ad avere un approccio diverso nella realizzazione del progetto per la Biennale.
D – Cosa rappresenta il Bando Registi Under 30 nel panorama teatrale italiano?
Il Bando della Biennale College è stato un fortissimo elemento di innovazione all’interno del panorama italiano, nella scia del quale sono nati altri bandi per giovani registi. La vittoria dà la possibilità ai giovani talenti di debuttare all’interno del festival, con una produzione che permette la cura di tutti gli aspetti del progetto artistico. Il bando si pone nella prospettiva di aprire nuovi orizzonti ai ragazzi più giovani che difficilmente possono accedere a simili produzioni.
D – Come sta evolvendo il rapporto di collaborazione e tutoraggio con Biennale Teatro e con Latella?
In seguito alla vittoria, all’interno del primo nucleo di lavoro composto da me e da due attrici, si sono affiancate altre figure quali lo scenografo, il disegnatore delle luci, una costumista e una drammaturga. L’ex direttore artistico Antonio Latella ha supervisionato il processo creativo durante tutto l’anno. In questo momento, la Biennale ci ha permesso di provare all’interno dei suoi spazi per l’intero mese prima del debutto.
D – Lei ha vinto alla Biennale Teatro con “Uno sguardo estraneo ovvero come la felicità è diventata una pretesa assurda”, un progetto performativo. Cos’è per lei la felicità oggi e com’è nata l’idea di questo progetto?
Il tema del progetto è il rapporto tra la felicità e la percezione del tempo. Attraverso un percorso di immagini ho cercato di approfondire come oggi il nostro rapporto con il tempo sia sempre più frenetico e come la noia venga percepita come malessere e non ci sia più la capacità di essere in contatto con sé stessi, in quanto si rincorre sempre un qualcosa che bisogna nevroticamente fare. Questa frenesia, per me, impedisce la felicità.
D – Dopo un lungo periodo di chiusura dei teatri, cosa vuol dire per lei andare in scena e tornare ad avere un contatto con il pubblico?
Negli ultimi anni il rapporto tra il teatro e gli spettatori è drasticamente peggiorato. Oggi credo sia necessario un maggiore rispetto nei confronti del pubblico e una maggiore consapevolezza in quelle che sono le potenzialità del teatro, poiché lo scegliere di andare a vedere uno spettacolo dal vivo non deve essere dato per scontato e deve essere necessariamente pensato diversamente dall’intrattenimento.
Ilaria Marchetti