Su un campione di 11 studenti, il 45,5% dichiara di non conoscere in modo approfondito il Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr)[1] in relazione alla propria categoria e il 50% considera esigui i fondi destinati ai giovani. Nel Pnrr leggiamo che in Italia “i giovani sono tra le categorie più colpite dalle ricadute sociali ed economiche dell’epidemia”. Viene da chiedersi quindi come la gestione dei 191,5 miliardi di euro, la cifra richiesta all’UE dal governo italiano per la ripresa, coinvolga quei pochi giovani che rimangono a vivere in un paese di vecchi, come lo ha definito l’Istat nel 2020[2].
Il Pnrr individua sei Missioni, in linea con i sei Pilastri menzionati dal Regolamento RRF (il regolamento europeo che stabilisce le regole di accesso ai finanziamenti), e i giovani vengono inseriti tra le priorità trasversali dell’intero Piano. Le missioni a loro direttamente rivolte sono ‘Istruzione e Ricerca’ e ‘Inclusione e Coesione’, per cui sono stati previsti rispettivamente 30,88 e 19,81 miliardi di euro, da impiegare per ridurre il tasso di abbandono scolastico, facilitare l’accesso all’università e incrementare le opportunità di ricerca e di lavoro per i giovani. Più di 50 miliardi di euro a garanzia di un futuro prospero: la richiesta iniziale di 20 miliardi della campagna #unononbasta[3] è stata ampiamente soddisfatta.
All’interno della missione di Istruzione e Ricerca, gli obiettivi sono stati individuati proprio per compensare carenze da sempre radicate nel sistema italiano. Il governo ha elaborato due snodi principali di intervento: “dagli asili nido alle università” e “dalla ricerca all’impresa”. Si parte dal miglioramento di servizi di istruzione, di formazione degli insegnanti, di infrastrutture (bisogni scontati, verrebbe da dire, per la formazione) e dal potenziamento dei dottorati; si conclude con il rafforzamento della sinergia tra università e impresa per garantire l’innovazione, ma con particolare attenzione agli investimenti sui giovani ricercatori e alla loro assunzione.
La missione di Inclusione e Coesione considera i suoi effetti come fondamentali per la categoria giovani (insieme a quelli su divario generazionale e divario territoriale). In particolare si interviene per migliorare l’occupabilità dei lavoratori attraverso la formazione di giovani e disoccupati, ma anche attraverso un percorso di apprendimento non formale tramite il Servizio civile universale, che permetterebbe ai giovani di orientarsi al meglio nel mondo professionale.
Un Piano da elogio nella definizione dei miglioramenti in ambito formativo e professionale dei giovani italiani sempre più disoccupati[4]. Ma è ancora da vedere quanto e quando si assisterà al cambiamento previsto dal Pnrr, dopo anni di condizioni precarie, peggiorate dall’emergenza Covid. Secondo il campione citato all’inizio, emerge una buona dose di fiducia nel governo italiano: ma è davvero fiducia o si tratta soltanto di speranza?
La terza voce, Francesca Battisti, Giorgio Di Maio, Teresa Iodice, Francesco Carlo Sabatino, Viviana Tomasello
[1] https://assets.innovazione.gov.it/1620284306-pnrr.pdf
[2] https://www.ansa.it/ansa2030/notizie/data_news/2019/12/30/istat-litalia-un-paese-di-vecchi-famiglie-in-calo-e-sempre-piu-single_953b87d8-e195-420b-8435-1297c9e404ed.html
[4] https://www.ansa.it/sito/notizie/economia/2021/05/10/ocse-disoccupazione-giovani-italia-al-top-dopo-la-spagna_6679391e-0453-4ef6-9a69-a3c80da2f010.html