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Medio Oriente: Amr in loco, accordi Trump sepolti da bombe

Scritto per Il Fatto Quotidiano del 16/05/2021

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Salutato da una gragnola di razzi palestinesi su Tel Aviv e da attacchi aerei israeliani sulla Striscia di Gaza, l’inviato degli Usa per il Medio Oriente Hady Amr è giunto a Gerusalemme nel momento in cui i peggiori scontri degli ultimi sette anni tra israeliani e palestinesi toccavano il loro culmine, aggravando un bilancio già di centinaia di vittime.

La distruzione dell’edificio della stampa a Gaza, dove c’erano gli uffici di corrispondenza della Ap e di al Jazeera, ha provocato una reazione critica della Casa Bianca: “La sicurezza dei media – afferma una nota – è una responsabilità essenziale”.

La missione di Amr è di cercare di mediare un cessate-il-fuoco fra le due parti, con incontri separati con responsabili israeliani e palestinesi a Gerusalemme e in Cisgiordania: evitare ulteriori escalation e congelare la fase di conflitto. L’ambasciata degli Usa a Gerusalemme indica che il vice-assistente segretario di Stato per gli affari israeliani e palestinesi intende “fare leva sulla necessità di lavorare per una calma sostenibile, partendo dal riconoscimento del diritto di Israele all’autodifesa. Israeliani e palestinesi – si aggiunge in un tweet – meritano eguale libertà, sicurezza, dignità e benessere”.

I contatti di Amr coincidono con l’ammorbidimento della posizione degli Usa all’Onu: il Consiglio di Sicurezza si riunisce oggi – le 10 locali, le 16 italiane -, col segretario generale Antonio Guterres e il coordinatore speciale dell’Onu per il processo di pace in Medio Oriente, Tor Wennesland. Washington aveva finora bloccato una richiesta in tal senso della Cina e di altri Paesi, con la scusa di non compromettere gli sforzi diplomatici.

Pure l’Europa, appelli alla fine delle violenze a parte, è finora rimasta a guardare, anche se ora, su iniziativa dell’Italia, si prepara una riunione dei ministri degli Esteri dei 27.

E’ difficile che il Consiglio di Sicurezza inneschi una svolta nel conflitto, anche se il presidente Usa Joe Biden starebbe vagliando verso Israele una svolta analoga a quella fatta con l’Arabia saudita – sempre alleati, ma in modo meno incondizionato -. I sussulti di guerra tra israeliani e palestinesi testimoniano, del resto, la fragilità dell’Accordo del Secolo per la pace in Medio Oriente lanciato e propagandato dall’Amministrazione Trump senza un coinvolgimento dei palestinesi.

Ne erano scaturiti, l’anno scorso, i cosiddetti ‘accordi di Abramo’ tra Israele ed Emirati Arabi Uniti e poi con Bahrein, Oman, Sudan e Marocco: intese tutte diverse l’una dall’altra, che, ora, l’Amministrazione Biden preferisce chiamare, meno enfaticamente, “accordi di normalizzazione” delle relazioni tra Israele e alcuni Paesi arabi. Donald Trump credeva di avere aperto la via alla pace tra Arabia saudita e Israele, ma violenze e vittime di queste ore riavvicinano alla causa palestinese anche alleati degli Usa nella Regione, come la Giordania.

Gli accordi prendono il nome dal patriarca Abramo, venerato come profeta da ebrei e musulmani, tradizionalmente un patriarca condiviso. Le normalizzazioni delle relazioni del 2020 tra Israele e Paesi arabi sono state le prime dopo quelle con l’Egitto nel 1979 e con la Giordania nel 1994.

 

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Giampiero Gramaglia, nato a Saluzzo (Cn) nel 1950, è un noto giornalista italiano. Svolge questa professione dal 1972, ha lavorato all'ANSA per ben trent'anni e attualmente continua a scrivere articoli per diverse testate giornalistiche. Puoi rimanere connesso con Giampiero Gramaglia su Twitter

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