Chi l’avrebbe mai detto: l’Albania, sei premier in sette anni tra il 1997 e il 2005, uno dei Paesi in cui il post-comunismo è stato politicamente più tormentato, è ormai diventata un esempio di stabilità. Dopo gli otto anni di Sali Berisha, centrista, vincitore delle elezioni nel 2005 e nel 2009, ecco ora gli otto anni che stanno per diventare 12 di Edvin Rama, socialista, vincitore delle elezioni tre volte, nel 2013, nel 2017 e ora.
Sindaco di Tirana per tre mandati, dal 2000 fino a dopo le manifestazioni anti – Berisha, represse nel sangue nel 2011, ministro della cultura negli Anni Novanta, Rama s’avvia a divenire il premier più longevo del post-comunismo. Ma il suo successo non è ancora acquisito – l’opposizione, anzi, canta vittoria: accade sempre qui, l’esito del voto viene contestato – e la sua popolarità non è più solida come alcuni anni or sono – in Albania, il potere logora anche chi lo gestisce -.
Cestista, pittore, politico, Rama, 57 anni, un omone, ha saputo rappresentare, per qualche tempo, l’antitesi all’Albania corrotta del suo predecessore, pur essendo lui stesso sfiorato da numerosi scandali di varia natura, e s’è votato all’europeismo: l’obiettivo è condurre il suo Paese nell’Unione europea. Ce la potrebbe fare: la soglia per l’ingresso nell’Ue dei sei Paesi dei Balcani occidentali è fissata al 2025, cioè alla fine del suo nuovo mandato. Perché la missione vada in porto, bisogna ancora risolvere il nodo del Kosovo, la cui indipendenza non è riconosciuta da tutti i Paesi dell’Unione – e c’è l’idea che l’Albania e il Kosovo, con Serbia, Montenegro, Bosnia e Macedonia, debbano costituire un unico pacchetto di nuovi ingressi nell’Ue -.
In attesa dei risultati definitivi, Rama, che dovrebbe avere ottenuto 73/74 dei 140 seggi – uno in meno degli attuali – non ha rivendicato la vittoria ma ha pubblicato sui suoi social una foto dell’alba accompagnata dalla frase “Che alba a Tirana!”. Rama potrebbe contare anche sui seggi, forse tre, ottenuti dal Partito socialdemocratico (Psd), disponibile a collaborare con i socialisti.
Da parte loro, i democratici all’opposizione di Lulzim Basha sostengono di avere avuto più voti, salvo brogli – i loro seggi sarebbero 59 -, mentre il presidente Ilir Meta, un ex socialista che ha lanciato un movimento scissionista e non fa mistero del disprezzo per il premier, invita ad attendere i dati ufficiali: il Movimento socialista per l’Integrazione (Lsi) di Monika Kryemadhi, moglie di Meta, avrebbe avuto cinque seggi.
Rama chiedeva agli elettori fiducia per completare i progetti d’infrastrutture sospesi dalla pandemia e la ricostruzione post-terremoto del 2019. La campagna di vaccinazioni dovrebbe consentire d’immunizzare, entro la fine di maggio, 500 mila dei 2,8 milioni di albanesi e rilanciare l’industria del turismo, duramente colpita.
Il voto si è svolto senza incidenti, dopo una campagna segnata da insulti personali tra i candidati e che si è ulteriormente deteriorata nell’ultima settimana quando in uno scontro a fuoco tra sostenitori rivali c’è stato un morto.
Domenica sera, gli ambasciatori di Stati Uniti e Unione europea s’erano recati a un centro elettorale di Tirana e avevano chiesto “correttezza” nel conteggio. Bruxelles, che aveva concesso all’Albania lo statuto di candidata all’adesione nel 2014, ha già dato via libera all’avvio dei negoziati, sia pure senza fissare una data, e tutti nel Paese si sono impegnati a garantire le riforme necessarie, a partire da quella del sistema giudiziario, e a lottare contro la criminalità organizzata.