Negli Stati Uniti, la polizia è sempre un morto avanti. Mentre a Minneapolis, nel tentativo di salvare la propria credibilità – e di sventare sommosse -, i capi ‘scaricano’ Derek Chauvin, l’agente che tenne il ginocchio premuto sul collo di George Floyd anche quando era già morto, il 25 maggio dello scorso anno, a Chicago un agente uccide con un colpo al petto un ragazzino di 13 anni ispanico, Adam Toledo, in quello che le forze dell’ordine definiscono “uno scontro armato”.
La comunità ispanica chiede giustizia; gli inquirenti intendono diffondere il video della sparatoria; il poliziotto responsabile è stato temporaneamente sospeso dal servizio. La madre di Adam, Elizabeth Toledo, dice di volere “solo sapere cosa è realmente successo al mio bambino” e invita alla calma. Alcune gang vorrebbero vendicare il ragazzino sparando alle auto della polizia.
In attesa di lumi sulla vicenda di Chicago, a Minneapolis, al processo Floyd, è già chiaro che i superiori di Chauvin non fanno sconti all’agente a giudizio per omicidio: il suo comportamento “era del tutto non necessario” e non corrispondeva all’addestramento ricevuto. Il capo della polizia Medaria Arradondo, un nero, riferisce che Chauvin non ha seguito le indicazioni sull’uso della forza e sull’obbligo di prestare aiuto a chi ne ha bisogno.
Richard Zimmerman, il tenente che comanda la sezione omicidi, riferisce: “Se premi un ginocchio sul collo di qualcuno, sai che puoi ucciderlo. Una volta che una persona è ammanettata, il livello della minaccia diminuisce drasticamente: tenere la persona prona premendole il ginocchio sul collo ne riduce drasticamente la capacità di respirare”.
Il supervisore di Chauvin il sergente David Pleoger, capì subito – racconta – che non c’era motivo per tenere il ginocchio sul collo di Floyd per tutti quegli interminabili minuti: “L’agente doveva cessare l’uso della forza non appena l’arrestato cessò di opporre resistenza”.
Segnali che qualcosa è cambiato nell’Unione, rispetto al processo ai poliziotti che pestarono Rodney King. Allora, nel 1992, i colleghi fecero quadrato intorno ai quattro agenti finiti a giudizio, che furono assolti da una giuria quasi esclusivamente bianca. Questa volta, invece, Chauvin viene ‘scaricato’ e la giuria rispecchia la composizione multi-etnica di Minneapolis.
Altri episodi provano che c’è un nuovo clima negli Stati Uniti, l’intolleranza verso i comportamenti discriminatori su base razziale delle forze dell’ordine e del potere politico. Sette agenti di custodia sono stati licenziati in Texas per la morte di un nero, Marvin Scott III, sottoposto a misure restrittive “in violazione di regole e procedure”, ha stabilito il loro sceriffo.
E la lega del baseball, forse la maggiore organizzazione sportiva Usa, ha deciso di non fare svolgere ad Atlanta in Georgia l’All-Star Game 2021, in segno di protesta contro la legge appena approvata da quello Stato che limita l’esercizio del diritto di voto, specialmente a danno dei neri.