Pare una faida familiare o, al massimo, un intrigo di corte. E le mene di servizi esteri stranieri sembrano più un luogo comune dovuto, quando si denuncia un attentato alla sicurezza nazionale, che l’origine del trambusto delle ultime 48 ore alla corte hashemita. Dove, a conti fatti, non pare essere accaduto nulla, se la presidente della Commissione europea, Ursula Von der Leyen, conferma la visita di domani in Giordania.
Il re Abdallah II colleziona attestati di stima e d’amicizia, da Israele e dall’Iran, dal Mondo arabo e dai palestinesi ai suoi confini (e dentro i suoi confini, visto che quasi la metà della popolazione – dieci milioni di abitanti su un territorio un quarto dell’Italia – è composta da rifugiati palestinesi e loro discendenti). Ci sono pure 750 mila rifugiati siriani: la loro presenza è causa di difficoltà e tensioni nel Paese.
La monarchia hashemita è punto di riferimento dell’Occidente in Medio Oriente. Ma questa bega vede protagonisti il re, figlio della seconda moglie di re Hussein, una cittadina britannica, e il suo fratellastro, il principe Hamzah bin Hussein, figlio della quarta ed ultima moglie di re Hussein, la regina Noor, una cittadina statunitense, che interviene in difesa del figlio: le accuse mossegli sono “malvage calunnie”.
Abdallah, con la bella moglie Rania, è di casa a Washington: li si può incontrare a fare la spesa da Safeway. Il principe Hamzah era l’erede al trono designato fino al 2004, quando il ruolo passò al primogenito di Abdallah, Husayn, oggi 27 anni.
Il complotto, di cui si sa ben poco, avrebbe compromesso la sicurezza nazionale: diversi gli arresti, forse 16, fra cui quelli dei dignitari di corte Basem AwadAllah e Sharif Hassan bin Zaid; coinvolta anche la moglie del principe, che, però, non si fa tacitare. In un audio su Twitter, la registrazione d’una telefonata con il suo avvocato, Hamzah nega di volere innescare “una escalation”, ma dice: “Non obbedirò agli ordini del capo di stato maggiore – il generale Youssef Huneiti, ndr – secondo cui non sono autorizzato ad uscire, a twittare, a comunicare con le persone e che posso solo vedere la mia famiglia”.
Ma re Abdallah ha risposto di “voler affrontare la questione nell’ambito della famiglia”, affidando la vicenda al suo zio, Hassan bin Talal.
In precedenza, lo stesso Hamzah aveva detto alla Bbc di “essere stato posto agli arresti domiciliari”, negando di essere “responsabile del crollo della governance, della corruzione e dell’incompetenza nel governo che sta peggiorando”: in Giordania, “Nessuno può parlare o esprimere opinioni senza essere vittima di bullismo, arrestato, molestato e minacciato”.