HomeUsaUsa: Floyd, la polizia 'scarica' Chauvin per tutelare se stessa

Usa: Floyd, la polizia ‘scarica’ Chauvin per tutelare se stessa

Scritto per Il Fatto Quotidiano dello 04/04/2021

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Nel tentativo di salvare la propria credibilità – e di sventare sommosse -, la polizia di Minneapolis ‘scarica’ Derek Chauvin, l’agente che tenne il ginocchio premuto sul collo di George Floyd anche quando era già morto, il 25 maggio dello scorso anno. Al processo, i suoi superiori riferiscono che il suo comportamento “era totalmente non necessario” e non corrispondeva all’addestramento ricevuto.

E’ un segnale che qualcosa è cambiato nell’Unione, rispetto ai tempi del processo ai poliziotti che pestarono Rodney King. Allora, nel 1992, i colleghi fecero quadrato intorno ai quattro agenti finiti sotto processo, che furono assolti da una giuria quasi esclusivamente bianca. Questa volta, invece, Chauvin viene ‘scaricato’ e la giuria rispecchia la composizione multi-etnica di Minneapolis.

Nella settimana del processo, altri episodi provano il nuovo clima negli Stati Uniti, l’intolleranza verso i comportamenti discriminatori su base razziale delle forze dell’ordine e del potere politico. Sette agenti di custodia sono stati licenziati in Texas per la morte di un nero, Marvin Scott III, sottoposto a misure restrittive “in violazione di regole e procedure”, ha stabilito il loro sceriffo.

E la lega del baseball, forse la maggiore organizzazione sportiva Usa, ha deciso di non fare svolgere ad Atlanta in Georgia l’All-Star Game 2021, in segno di protesta contro la legge appena approvata da quello Stato che limita l’esercizio del diritto di voto, specialmente a danno dei neri.

Per tutta la settimana, il processo di Minneapolis ha visto sfilare testimoni oculari, operatori del 911 e funzionari di polizia. Richard Zimmerman, il tenente che comanda la sezione omicidi, riferisce: “Se premi un ginocchio sul collo di qualcuno, sai che puoi ucciderlo. Una volta che una persona è ammanettata, il livello della minaccia diminuisce drasticamente: tenere la persona prona premendole il ginocchio sul collo ne riduce drasticamente la capacità di respirare”.

Il tenente Zimmerman arrivò sul posto dopo che Floyd era stato portato via in ambulanza. L’uomo era già morto all’arrivo dei soccorritori, ha riferito uno di loro, Derek Smith: “Non riuscivo a sentire il polso”. Mentre Smith operava, Chauvin teneva ancora il ginocchio sul collo della vittima.

Prima di Zimmerman, aveva deposto il supervisore di Chauvin il sergente David Pleoger, anche lui accorso sulla scena del delitto: capì subito – racconta – che non c’era motivo per tenere il ginocchio sul collo di Floyd per tutti quegli interminabili minuti: “L’agente doveva cessare l’uso della forza non appena l’arrestato cessò di opporre resistenza”.

Ai giurati è stato pure mostrato un altro video: 3’47” di immagini dalla bodycam di Thomas Lane, uno degli altri agenti coinvolti nell’episodio – loro andranno a processo dopo Chauvin -. Vi si vede quel che raccontano i testimoni oculari, fra cui una bambina di 9 anni e un istruttore di arti marziali: l’arresto, il parapiglia, Floyd a terra e Chauvin con il ginocchio sul suo collo.

Floyd è nelle sua auto e i poliziotti gli bussano al finestrino con le pistole: gli agenti gli gridano ripetutamente di mettere le mani sul volante prima e sulla testa poi. Floyd dice “Non sparatemi”: viene rimosso dalla sua auto, ammanettato e portato verso l’auto della polizia, dove si rifiuta d’entrare dicendo di essere claustrofobico. Allora, è messo a terra, inchiodato dal ginocchio di Chauvin. Dice “I can’t breathe”, non posso respirare. Chauvin replica: “Serve un bel po’ d’ossigeno per dirlo”. Diversi stanti chiedono alla polizia di fermarsi, ma Chauvin non molla. “Mamma ti voglio bene. Dite ai miei figli che li amo. Sono morto”, sono con un filo di voce le ultime parole, prima che George smetta di respirare.

La fidanzata di Floyd, Courteney Ross, racconta che George era stato contagiato dal Covid a fine marzo. Piangendo, ammette che sia lei che George soffrivano di dipendenza da oppioidi a causa di dolori cronici. “Abbiamo tentato tante volte di smettere ma lui soffriva di forti dolori alla schiena”. La difesa di Chauvin tenta di attribuire la morte di Floyd all’uso di stupefacenti e a patologie pregresse. L’imputato, giacca, cravatta e mascherina sul viso, segue impassibile accanto al suo avvocato.

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Giampiero Gramaglia, nato a Saluzzo (Cn) nel 1950, è un noto giornalista italiano. Svolge questa professione dal 1972, ha lavorato all'ANSA per ben trent'anni e attualmente continua a scrivere articoli per diverse testate giornalistiche. Puoi rimanere connesso con Giampiero Gramaglia su Twitter

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