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Usa: Floyd, il video dell’uccisione apre il processo in tv

Scritto per Il Fatto Quotidiano del 30/03/2021

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Proiettato ai giurati, il video dell’agonia di George Floyd ha aperto il processo al poliziotto che ne causò la morte, Derek Chauvin. Il video è stato visto in diretta tv da tutta l’America: il processo è trasmesso da Court Tv, una rete che diffonde processi a getto continuo e che ha installato tre camere nell’aula, con il vincolo di non inquadrare mai i giurati, ed era ieri sui siti di tutti i maggiori media Usa.

Il processo s’è aperto con le raccomandazioni del giudice distrettuale Peter A. Cahill ai 12 giurati, sette uomini e cinque donne, sei neri, quattro bianchi, due di etnia mista, con due bianchi di riserva. La selezione della giuria è stata laboriosa: è difficile trovare a Minneapolis qualcuno che non si sia già fatto un’idea su quanto accadde il 25 maggio 2020, quando l’agente Chauvin tenne il ginocchio per 8‘46” premuto sul collo di Floyd, anche quando era ormai esanime, anche quando il personale dell’ambulanza giunta sul posto cercava di soccorrerlo.

L’uccisione di Floyd, un padre di famiglia di 46 anni, arrestato perché cercava di spacciare 20 $ falsi, ha innescato una nuova fase del movimento Black Lives Matter.

I discorsi del pm, Keith Ellison, un nero, ex deputato, il cui figlio è un leader di Defund the Police, e dell’avvocato Eric J. Nelson hanno chiarito ai giurati gli obiettivi di accusa e difesa. “L’agente Chauvin – ha detto Ellison – ha fatto un uso eccessivo e irragionevole della forza contro un uomo che non era una minaccia … Non può essere considerato innocente”. Nelson ha invece sollevato dubbi sulle cause della morte di Floyd, dicendo che la vittima era sotto l’influenza di stupefacenti e che s’era rifiutato due volte di restituire le sigarette che aveva acquistato con la banconota falsa: evidente l’intenzione di mettere Floyd sul banco degli imputati, invece di chi l’ha ucciso.

Chauvin, 45 anni, poliziotto per 19 anni, segue il processo seduto accanto al suo legale: sul volto, tiene la mascherina, come tutti in aula.

“L’America chiede giustizia, il mondo intero ci sta guardando”, dice Benjamin Crump, un avvocato della famiglia Floyd: il processo è un test “sul sistema americano”, per vedere se sa garantire “giustizia e uguaglianza per tutti”; “Nessuno definirebbe questo un caso difficile se la vittima fosse stata bianca”.

Davanti al tribunale, i familiari di Floyd, i legali e decine astanti si sono inginocchiati per 8’46”. Minneapolis, bianca al 70%, con un 20% di neri, è blindata, per il timore di incidenti.

L’interesse sul caso è simile a quello suscitato dal processo ai poliziotti che picchiarono a sangue, negli Anni Novanta, in California, Rodney King. La loro assoluzione scatenò disordini razziali. Allora, gli agenti di polizia coinvolti erano tutti bianchi, mentre a Minneapolis la pattuglia era multietnica. I colleghi di Chauvin, pure rinviati a giudizio, saranno processati in un secondo tempo.

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Giampiero Gramaglia, nato a Saluzzo (Cn) nel 1950, è un noto giornalista italiano. Svolge questa professione dal 1972, ha lavorato all'ANSA per ben trent'anni e attualmente continua a scrivere articoli per diverse testate giornalistiche. Puoi rimanere connesso con Giampiero Gramaglia su Twitter

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