Quando il lupo si traveste da agnello. Il presidente turco Recep Tayyip Erdogan dice: “La Turchia vuole risolvere i conflitti nella sua area e farsi più amici”, facendo della Regione “un’isola di pace”. Propositi stridenti, da parte di un leader che da anni persegue una politica estera assertiva e spesso aggressiva.
Erdogan parlava al congresso del suo partito, l’Akp, che lo ha rieletto leader (era l’unico candidato). Il presidente si riferiva in particolare al Mediterraneo orientale, con la ripresa dopo quasi otto anni dei contatti diplomatici con l’Egitto e possibili distensioni dei rapporti con altri interlocutori, come l’Arabia Saudita e gli Emirati Arabi Uniti.
L’agnello del congresso di Ankara è il lupo che ha litigato – e litiga – con alleati e partner, gli Usa e l’Ue, che ha rapporti altalenanti con Vladimir Putin – alleati in Siria e avversari in Libia -, che invade la Siria per fare la guerra ai curdi, che ha le mani in pasta in tutti i conflitti medio-orientali degli ultimi dieci anni, che ha schierato in Libia uomini e mezzi con Tripoli contro Bengasi, che s’è appena messo in rotta con le organizzazioni internazionali di cui il suo Paese è membro, Onu e Consiglio d’Europa, uscendo dalla Convenzione per la protezione dei diritti delle donne.
Ma la coerenza non è mai stata una dote precipua dei leader, specie se venati d’autoritarismo. Parlando davanti a migliaia di sostenitori, Erdogan dice: “Continueremo a modellare le relazioni con ogni Paese, dagli Usa alla Russia, dall’Ue ai Paesi arabi, tenendo conto dei nostri interessi e delle aspirazioni del nostro popolo …. Siamo un Paese collocato tra Africa, Asia ed Europa e non possiamo voltare le spalle né all’Est né all’Ovest”.
La svolta ‘buonista’ del presidente turco viene accolta con qualche diffidenza a Washington e Bruxelles. “Nell’ultimo mese, abbiamo assistito a sviluppi positivi da parte della Turchia, ma – osserva Josep Borrell, il ‘ministro degli Esteri’ dell’Ue – la situazione resta delicata”. Borrell ha ieri presentato ai capi di Stato e/o di governo dei 27 un approccio euro-turco a doppio binario, carota e bastone: Bruxelles si fida, ma non troppo.
Nonostante la recrudescenza della pandemia in Turchia, migliaia di delegati dell’Akp erano presenti al Congresso. Erdogan attribuiva particolare importanza al suo discorso, che vuole tracciare la rotta del Paese per il futuro. In preparazione della svolta ‘buonista’, da mesi diplomatici turchi lavorano ad appianare gli attriti con gli interlocutori internazionali, citando spesso il desiderio “di voltare pagina”.
Oltre ad avere ripreso i contatti diplomatici con l’Egitto, la Turchia vuole ora cambiare tono, dopo anni di interventi militari in Siria, Libia e Iraq che hanno innescato irritazioni nei Paesi arabi, come l’Arabia saudita e gli Emirati.
La tensioni con l’Europa si sono, invece, un po’ dissipate dopo che la Turchia ha ritirato una nave per prospezioni petrolifere dal Mediterraneo orientale e ha riavviato, per la prima volta dal 2016, colloqui con la Grecia – anche se Atene ha di nuovo condannato “l’aggressione” di Ankara -.
Gesti e passi di distensione e conciliazione hanno pure un riflesso economico: si tratta di migliorare il clima degli investimenti in Turchia, fortemente deterioratosi, e di aiutare la lira turca che nel 2020 aveva perso quasi il 30% del suo valore. Questa settimana, la lira è di nuovo precipitata del 14%, dopo che Erdogan ha rimosso il governatore della Banca centrale turca Naci Agbal e l’ha sostituito con Sahap Kavcioglu, un professore dalle idee non convenzionali sulla politica monetaria. Sarebbe pure imminente un rimpasto nel governo.
Il presidente dice: “Le fluttuazioni nei mercati degli ultimi giorni non rispecchiano i fondamentali dell’economia turca, le reali dinamiche e il suo potenziale”; e lancia un appello ai turchi perché vendano eventuali riserve in oro e valuta straniera e investano piuttosto in “meccanismi finanziari che possano giovare alla nostra economia”.
Sul fronte interno, il congresso dell’Akp, fondato nel 2001 e al governo del Paese da oltre 18 anni, ha avallato la coalizione con i nazionalisti del Mhp nell’ambito della Alleanza del Popolo, in vista delle prossime elezioni presidenziali e parlamentari previste nel 2023, centenario della Repubblica. Erdogan ha pure confermato il suo progetto di una nuova Costituzione, su cui però non c’è per ora un consenso dell’opposizione, che chiede anzi l’abbandono del presidenzialismo e il ritorno al sistema parlamentare.
Erdogan tornò, anche formalmente, alla guida dell’Akp dopo che il referendum del 2017 eliminò l’incompatibilità tra capo dello Stato e capo del partito. Al congresso erano invitati altri 11 partiti, anche d’opposizione, ma non il filo-curdo Hdp, che la Cassazione di Ankara vuole metter al bando, in linea con gli appelli di Erdogan e del suo alleato nazionalista del Mhp Devlet Bahceli.