Il partito liberale del premier uscente Mark Rutte resta la prima forza politica olandese, mentre l’estrema destra xenofoba e anti-islam scivola al terzo posto. Chi avanza di più è il D66, un partito di centro-sinistra, che diventa la seconda forza della Camera Bassa. Dove entrano pure, come previsto, numerose altre sigle, i verdi, che non fanno i progressi pronosticati, i socialisti, i laburisti e varie ancora.
Secondo i primi exit polls, il Partito popolare per la libertà e la democrazia (Vvd) del premier Rutte dovrebbe ottenere intorno al 25% dei consensi e 35 seggi, tallonato dal D66, con 27 seggi: Il Partito della Libertà (Pvv) del leader nazionalista e sovranista Geert Wilders avrebbe 17 seggi.
Resta il rebus della futura coalizione governativa: in Olanda, la composizione della Camera Bassa è molto frammentata e mettere insieme una maggioranza non è mai semplice. In ogni caso, Vvd e D66 da soli non bastano: se si metteranno d’accordo per essere alleati al governo, dovranno trovare altri partner.
Il voto, spalmato su tre giorni, come misura anti-contagio al tempo della pandemia, ha visto un’affluenza ai seggi molto alta, intorno all’80% – confrontabile con quella del 2017, all’82%, la più alta dal 1986 -. Circa un quinto degli elettori hanno approfittato dei seggi aperti lunedì e martedì, ma il grosso s’è recato alle urne ieri.
I cittadini olandesi erano chiamati a eleggere i 150 deputati della Camera Bassa. Il premier uscente Mark Rutte, al potere ininterrottamente dal 2010 alla guida di coalizioni diverse, e le cui posizioni nell’Ue l’hanno talora fatto tacciare di ‘anti-italiano’, puntava a ottenere un quarto mandato e potrebbe averlo ottenuto, alla luce degli exit polls.
Il voto è stato un test sulle politiche governative per la gestione della pandemia: nei Paesi Bassi sta sempre più crescendo l’insofferenza per coprifuoco e lockdown. Un anno fa, a inizio emergenza, ci furono le dimissioni del ministro della Sanità Bruno Bruins, svenuto esausto in Parlamento, dov’era sotto accusa per le prime mosse anti-contagio.
In gennaio, a due mesi dal voto già fissato alla regolare scadenza della legislatura quadriennale, Rutte e il suo governo s’erano dimessi per lo scandalo dei sussidi all’infanzia, che risale ad anni fa, ma che ha scosso la credibilità di tutta la classe politica olandese: migliaia di famiglie, molte solo perché con cognome che suonava straniero, costrette a restituire aiuti per decine di migliaia di euro senza possibilità di fare ricorso.