Il principe ereditario saudita Mohammed bin Salman, alias Mbs, dovrà rispondere di crimini contro l’umanità davanti alla magistratura tedesca: Reporters sans frontières ha sporto una denuncia in tal senso presso la procura della Corte di Giustizia federale di Karlsruhe, che, in base alle leggi tedesche, ha giurisdizione “sui maggiori crimini internazionali”, anche se non sono coinvolti cittadini tedeschi.
L’iniziativa segue la pubblicazione di un rapporto dell’intelligence statunitense sulle responsabilità del principe nell’assassinio del giornalista dissidente Jamal Khashoggi, ucciso e smembrato il 2 ottobre 2018 nel consolato saudita a Istanbul. Reporters sans frontières denuncia, inoltre, l’incarcerazione di una trentina di giornalisti – 34, per l’esattezza – e la loro “diffusa e sistematica persecuzione” in Arabia saudita, dove i diritti fondamentali, fra cui la libertà d’espressione, sono costantemente violati.
L’organizzazione con sede a Parigi, che difende ovunque nel Mondo la libertà di stampa, s’è mossa dopo la pubblicazione del rapporto dell’intelligence secondo cui il principe ereditario, l’uomo forte del regime saudita, approvò l’operazione che condusse all’eliminazione di Khasoggi, un oppositore del regime esule negli Stati Uniti, dov’era editorialista del Washington Post.
Il passo di Reporters sans frontières e la possibilità che la magistratura tedesca chiami in giudizio Mbs e i suoi complici ravviva negli Stati Uniti le polemiche suscitate dalla decisione dell’Amministrazione Biden di non colpire il principe ereditario, nonostante le prove a suo carico raccolte dall’intelligence.
Per la portavoce della Casa Bianca Jen Psaki, il presidente Joe Biden “si riserva il diritto di prendere in futuro qualsiasi tipo di azione” contro Mbs. Ma “l’obiettivo essenziale è ricalibrare le relazioni con l’Arabia Saudita”, con cui l’Amministrazione Trump aveva stabilito un rapporto privilegiato, specie in funzione anti-Iran.
Gli Usa tradizionalmente non sanzionano leader di nazioni con cui hanno relazioni diplomatiche. E l’Amministrazione Biden ha del resto tenuto un atteggiamento analogo nella vicenda Navalny, dopo che un rapporto dell’intelligence ha concluso che il dissidente russo Aleksei Navalny fu avvelenato con il coinvolgimento delle autorità russe. Le sanzioni, decise a stretto contatto con Gran Bretagna e Ue, colpiscono sette figure di alto livello degli apparati russi, ma non leader politici e istituzionali.
A Riad, Washington chiede di smantellare la rete dietro l’omicidio Khashoggi, cioè l’élite militare e della sicurezza da cui provenivano i componenti della squadra della morte che uccise il giornalista nel consolato saudita di Istanbul. Ufficiali a genti molto vicini al principe ereditario. “Esortiamo l’Arabia saudita a smantellare la rete e ad attuare riforme istituzionali e dei meccanismi di controllo per fare completamente cessare le operazioni contro i dissidenti”, dice il portavoce del Dipartimento di Stato Ned Price.
La relatrice speciale dell’Onu per le esecuzioni extragiudiziali, Agnès Callamard, francese, ritiene “estremamente preoccupante” la mancanza di azioni da parte degli Usa nei confronti di Mbs: “E’ molto problematico, se non pericoloso, riconoscere la colpevolezza di qualcuno e poi dirgli che non faremo niente. Chiedo al governo degli Stati Uniti di agire sulla base dei suoi rilievi e di sanzionare il principie ereditario per ciò che ha fatto”. La fidanzata di Kahshoggi, Hatice Cengiz, che attese invano il giornalista fuori dal consolato, chiede che Mbs venga “punito immediatamente”.
Pare, invece, chiarito il giallo della sparizione di tre nomi dalla lista dei responsabili dell’omicidio del dissidente inizialmente pubblicata dall’intelligence statunitense: i 21 colpevoli sono rimasti 18 dopo che tre nomi “pubblicati per errore” – dice una fonte ufficiale – sono stati depennati, essendo “risultati estranei agli eventi”.