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Usa – Arabia saudita: Khashoggi, è stato Mbs, ma Biden lo grazia

Scritto per Il Fatto Quotidiano del 27/02/2021

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Il principe ereditario saudita Mohammed bin Salman autorizzò l’operazione per catturare o uccidere il giornalista dissidente Jamal Khashoggi, nell’ottobre 2018. L’afferma un rapporto dell’intelligence degli Stati Uniti, diffuso ieri dall’Amministrazione Biden e pubblicato integrale dai media Usa dopo essere stato declassificato.

Il principe ereditario saudita, noto come Mbs, 35 anni, uomo forte del regime saudita, considerava Khashoggi una minaccia per il regno e propugnò il ricorso alla violenza per metterlo a tacere. Khashoggi, che viveva esule negli Stati Uniti, denunciava il consolidamento del potere autoritario di Mbs, che ora l’Amministrazione Biden vuole chiamare a rispondere delle sue azioni.

Il rapporto, di quattro pagine, la cui principale conclusione era già nota e che non rivela molti altri fatti inediti, cita 21 persone che gli 007 Usa ritengono con molta probabilità complici o responsabili della morte del giornalista dissidente. Il succo del documento era già noto all’Amministrazione, ma Donald Trump aveva scientemente deciso di ignorarlo.

Molti degli elementi su cui si basano le conclusioni del rapporto restano classificate: fra gli altri, dettagli – ottenuti dall’intelligence turca – delle registrazioni dell’assassinio e dello smembramento dell’esule, il 2 ottobre 2018, nel consolato saudita di Istanbul, dov’era stato attirato in una trappola.

Stilato dall’Ufficio del Direttore della National Intelligence, il documento, chiesto dal Congresso, potrebbe spingere le relazioni tra Stati Uniti ed Arabia saudita al punto più basso da molti anni. Se re Salman, 85 anni e mal in arnese, è il capo dello Stato, Mbs è l’uomo che di fatto governa il Paese e ne controlla l’apparato di sicurezza ed era l’interlocutore privilegiato del presidente Trump.

Non è chiaro quali passi Washington intenda ora prendere per rispettare l’impegno di Biden a fare pagare i responsabili del delitto Khashoggi. Parlamentari di entrambi i partiti hanno suggerito sanzioni che vanno da restrizioni economiche alla proibizione di fare affari con Riad. Il principe e gli esecutori dei suoi ordini potrebbero essere colpiti da sanzioni ed essere citati in giustizia – resta da vedere con che efficacia – .

Ci sono un gamma di opzioni in tavola”, dice Jen Psaki, portavoce della Casa Bianca. Ma Politico e altri media scrivono che le misure punitive non toccheranno Mbs, per evitare una crisi gravissima tra Washington e Riad, ma il generale Ahmed al-Asiri, ex numero due dell’intelligence saudita, e la Saudi Rapid Intervention Force.

La pubblicazione del rapporto segue di poche ore il primo colloquio tra Biden e il re Salman, atteso per cinque settimane dopo l’insediamento della nuova Amministrazione. Il colloquio è stato ben diverso da quelli cui americani e sauditi erano abituati nell’era Trump, ‘dalli all’Iran’ e tanti affari: Biden ha sollevato i temi del rispetto del diritti umani e della parità di genere – punti deboli del regime saudita – e ha messo sull’avviso re Salman sulle possibili conseguenze della pubblicazione del rapporto d’intelligence.

Bin Salman ha sempre negato ogni coinvolgimento nell’omicidio Khashoggi, ma ne ha tuttavia accettato la responsabilità come leader del Paese. Della sua fondazione, è membro del Consiglio d’Amministrazione Matteo Renzi – un incarico ben retribuito -.

Per Mbs, l’uscita di scena di Trump e del ‘primo genero’ Jared Kushner, l’uomo d’affari ebreo dietro le scelte Usa per il Medio Oriente, è stato un duro colpo. Tanto più che il magnate non ha potuto concedergli quello che lui gli aveva chiesto: una sorta di ‘salvacondotto‘ per i delitti di cui possa essersi reso responsabile perseguibili dagli Stati Uniti. Ora gli sarebbe davvero servito.

La telefonata a re Salman ed il rapporto contro Mbs sono un doppio segnale inconfutabile, da parte di Biden: la scelta d’avere come interlocutore il monarca e non il principe; e la volontà di ricalibrare la relazione con Riad, forse anche in vista di una ripresa del dialogo sul nucleare con Teheran.

Il cambio di passo di Washington verso Riad era già parso evidente: l’Amministrazione Biden ha infatti imposto uno stop, sia pure temporaneo – una prassi, all’avvicendarsi dei presidenti, è stato detto –, alle vendite di armi a Riad; e la levata dell’appoggio degli Usa alla guerra nello Yemen, dove i sauditi appoggiano il governo sunnita contro gli insorti Huthi sciiti sostenuti dall’Iran.

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gphttps://www.giampierogramaglia.eu
Giampiero Gramaglia, nato a Saluzzo (Cn) nel 1950, è un noto giornalista italiano. Svolge questa professione dal 1972, ha lavorato all'ANSA per ben trent'anni e attualmente continua a scrivere articoli per diverse testate giornalistiche. Puoi rimanere connesso con Giampiero Gramaglia su Twitter

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